Luciano Violante, Mario De Pizzo
Il primato della politicaDialogo sul potere, la fiducia, il rispetto
da Il Sole 24 Ore del 25 Maggio
Appellarsi oggi al “primato della politica” significa porsi interrogativi di fondo che toccano la crisi della rappresentanza nelle moderne società. Quel primato si è sbriciolato negli anni per cause complesse, ma il declino non riguarda certo solo il nostro Paese: è un tema che dovrebbe imporre una riflessione generale almeno in Europa, alla vigilia di elezioni che segneranno comùnque un’affermazione poderosa delle forze che incarnano la protesta ed esprimono disillusione e fastidio verso l’orizzonte dell’integrazione sovranazionale. Luciano Violante da tempo studia le modalità attraverso cui restaurare la dignità della politica e restituire al quadro istituzionale un’organizzazione adeguata alle nuove istanze sociali che hanno preso forma al di fuori dei “palazzi”. Ora, in un veloce saggio che in realtà è un dialogo con Mario De Pizzo, giovane giornalista della Rai, il presidente emerito della Camera tocca alcuni punti essenziali per capire il presente: una valutazione dei primi mesi di Renzi e delle prospettive del Pd, un giudizio articolato sui Cinque Stelle di Grillo, le discriminanti fra destra e sinistra. Sullo sfondo c’è il confronto fra le generazioni, visto come la via per rinnovare la classe dirigente (quando esiste) senza lacerazioni traumatiche. Verso il premier si coglie un’attitudine positiva e incoraggiante, ma con l’avvertenza che Renzi tende talvolta a essere «il nemico di se stesso». Comunque il Pd è il partito più accreditato a guidare il cambiamento purché riesca prima a modificare il suo modo di essere: «Deve smettere di sentirsi come una somma di subpartiti e deve riallacciare un rapporto con la società italiana, con le persone. È essenziale la ripresa di un rapporto della politica con la cultura». Quanto a Grillo, l’idea di Violante è che il consenso elettorale al M5S «rappresenta la fase conclusiva del conflitto della società contro la politica aperto da Berlusconi nel 1994, quando si fece alfiere dei ceti produttivi contro il parassitismo». Ma senza poi riuscire «a dare un senso costruttivo a quella polemica». Il Grillo di oggi è dunque l’erede di quella pulsione irrisolta ed egli la alimenta con un’attenzione non episodica a temi di rilevanza pubblica. Tuttavia confonde sdegno con indignazione: modi diversi di definire l’approccio alla dimensione politica. Per cui alla fine quel “primato” può riaffermarlo Renzi e non altri. Purché sappia essere all’altezza della sfida.
di Stefano Folli
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di Stefano Folli