1 – FRANCESCO NON RISPONDE A VIGANÒ, CI PENSA BENEDETTO (Maurizio Belpietro per “la Verità”)
Papa Francesco ha scelto di non dire una sola parola sulle accuse contenute nel dossier dell’ ex nunzio apostolico negli Stati Uniti. Papa Benedetto XVI, invece, ha voluto dirne tante. Joseph Ratzinger, pontefice emerito che nel 2013 lasciò il soglio di Pietro con una decisione sorprendente, ha scritto un lungo articolo per il mensile tedesco Klerusblatt. Tema dell’intervento: gli abusi sessuali all’ interno della Chiesa cattolica.
Benedetto XVI ovviamente non cita mai monsignor Carlo Maria Viganò, autore di un documento pubblicato nell’agosto scorso dalla Verità, in cui si accusavano le alte gerarchie vaticane di aver coperto gli abusi sessuali e di aver consentito alla lobby gay di condizionare la vita dei seminari. Ma nonostante non ne faccia menzione, l’ argomento è esattamente quello sollevato nella lettera dell’ arcivescovo.
L’ intervento del Papa emerito, che ieri è stato anticipato dal Corriere della Sera, non soltanto giunge a un mese dalla conferenza episcopale in cui si è discusso di pedofilia e della rete che perfino all’ interno del Vaticano ha consentito la copertura e la prosecuzione degli abusi, ma è un’ analisi del degrado morale che sta distruggendo la Chiesa.
Benedetto XVI parte dalla rivoluzione del 1968, una rivolta che cambiò la percezione del pudore per scegliere la completa libertà sessuale. Un fenomeno che, secondo il Pontefice emerito, è la premessa di ciò che è venuto dopo, anche nel mondo cattolico. È da lì, secondo Ratzinger, che inizia il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale, un processo che parte negli anni Sessanta, ma ha ripercussioni anche nei diversi spazi di vita della Chiesa, con la distruzione dell’ autorità morale esercitata dagli uomini di fede.
Il Papa emerito ripercorre il percorso che ha portato a ciò che abbiamo davanti agli occhi, soprattutto per quanto riguarda l’ impatto sulla vita sacerdotale e su quella all’ interno dei seminari, definendo quanto è avvenuto un vero e proprio collasso. Scrive Benedetto XVI: «In diversi seminari si formarono club omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari. In un seminario nella Germania meridionale i candidati al sacerdozio e i candidati all’ ufficio laicale di referente pastorale vivevano insieme». E ne conclude che il clima del seminario non poteva aiutare la formazione sacerdotale.
Bisognava aprirsi al mondo, essere moderni, abbracciare la nuova morale importata dal Sessantotto. Risultato: «Un vescovo, che in precedenza era stato rettore, aveva mostrato ai seminaristi film pornografici, presumibilmente con l’intento di renderli in tal modo capaci di resistere contro un comportamento contrario alla fede». Vescovi che rifiutarono la tradizione cattolica nel suo complesso, per sviluppare nelle loro diocesi una specie di nuova e moderna cattolicità.
Il Santo padre che ha scelto di dimettersi, a un certo punto ricorda che perfino la lettura dei suoi libri veniva considerata sbagliata, al punto che gli studenti sorpresi in seminario con in mano uno dei suoi testi erano ritenuti non idonei al sacerdozio. «I miei libri venivano nascosti come letteratura dannosa e venivano per così dire letti sottobanco». Già. Le tesi di Joseph Ratzinger erano messe all’ indice, mentre i film pornografici potevano tranquillamente circolare. La Santa sede sapeva di questi problemi, ma senza essere informata nel dettaglio. E così, dopo aver parlato del clima di collasso morale, il Pontefice emerito arriva alla pedofilia a lungo sottovalutata e trascurata, addirittura «diagnosticata come permessa e conveniente».
Con una grave sottovalutazione della Chiesa, anche a causa del Nuovo codice del diritto canonico. Di fronte al diffondersi della pedofilia, i vescovi non sapevano come comportarsi e ancora meno lo sapeva la Curia di Roma, così alle denunce si rispose che per la purificazione e il chiarimento sarebbe bastata la sospensione temporanea del ministero sacerdotale. Insomma, il pedofilo in tonaca, invece di essere denunciato e perseguito, era lasciato libero di agire, con il solo condizionamento di non poter svolgere per un certo periodo la propria funzione. Secondo Benedetto XVI, il problema di fondo riguardava la concezione del diritto penale, che imponeva il «garantismo».
«Significava che dovevano essere garantiti soprattutto i diritti degli accusati e questo fino al punto da escludere di fatto una condanna». Le vittime chiedevano giustizia, la Chiesa tutelava i colpevoli. Ratzinger ricorda addirittura le parole di un prete che, mentre abusava di una chierichetta, ripeteva le parole dell’ Eucarestia: «Questo è il mio corpo, che è dato per te».
Credo che mai si siano sentite parole del genere uscire dalla bocca di un Papa, anche se dimessosi. Mai il degrado morale è stato affrontato con tale nettezza. Altro che religioso silenzio. Benedetto XVI si interroga anche su che cosa si debba fare, se addirittura creare un’ altra Chiesa. Ma la risposta è secondo lui tornare alle origini. La Chiesa muore nelle anime, perché oggi è vista in gran parte come un apparato politico, in quanto si parla della Chiesa quasi esclusivamente in termini politici. «La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti», scrive Ratzinger, «spinge a considerare la Chiesa addirittura come qualcosa di mal riuscito».
Per il Papa emerito non serve un altro apparato, serve la fede. Non so se Benedetto XVI abbia ragione. Ma dire delle parole su quello che è successo e sugli errori fatti per porvi rimedio è già un passo avanti. Non dire una sola parola, come fece papa Francesco, forse non aiuta la Chiesa ad apparire qualche cosa di diverso da un apparato politico che difende i suoi membri.
2 – SVIDERCOSCHI, DAVVERO RATZINGER AUTORE SAGGIO?
(ANSA) – “Sgorga una prima domanda, obbligata, dopo aver letto le diciotto pagine e mezzo che il Papa emerito ha scritto per un mensile tedesco sulla ‘Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali’. E la domanda è ovviamente legata alle precarie condizioni di salute, salute non solo fisica, di Joseph Ratzinger: Ma è stato davvero Benedetto XVI l’autore materiale del lunghissimo testo?”. E’ il commento di Gian Franco Svidercoschi, decano dei vaticanisti, ex vice direttore dell’Osservatore Romano e recente autore per Rubbettino del pamphlet “Chiesa, liberati dal male. Lo scandalo di un credente di fronte alla pedofilia”.
“E, se qualcuno potrà rispondere credibilmente di sì – prosegue -, allora bisognerà porsi una seconda domanda: Ma perché lo ha fatto? Perché non si è limitato a trasmettere questi ‘appunti’ a papa Francesco?”. “Il fatto che ne siano stati informati – così è stato detto – sia il segretario di Stato, Parolin, sia lo stesso Francesco, non attenua in nulla la gravità di un gesto che, venuto dopo il summit sulla pedofilia, sarà inevitabilmente interpretato come una critica alle conclusioni del vertice vaticano, se non come un attacco a Francesco”, sottolinea Svidercoschi.
“Oltretutto, a scorrere lo scritto ratzingeriano, non c’è dentro una sola idea nuova, non una sola proposta, sulla tragedia che sta scuotendo la comunità cattolica”, aggiunge. “L’analisi, ad esempio. Le origini della pedofilia nella Chiesa vengono fatte risalire alla rivoluzione del 68, alla ‘cultura della trasgressione’, così come al ‘collasso della teologia morale cattolica’. E non una parola, invece, sull’esistenza secolare di questa piaga nel corpo ecclesiale – osserva -. Non una sola parola su quel clericalismo, che, in quanto degenerazione di una autorità, di un potere, è stato ed è tuttora la causa primaria del nascere dei preti pedofili”.
“Si elogia Giovanni Paolo II, in particolare la sua enciclica sui temi morali ‘Veritatis splendor’ (alla cui stesura, guarda un po’, aveva collaborato il cardinale Ratzinger) – commenta ancora -; ma poi si critica duramente il ‘garantismo’ (inteso come garanzia dei soli diritti degli accusati) che, secondo l’autore dello scritto, dominava negli anni Ottanta (cioè al tempo del Papa polacco). C’è un ringraziamento finale a Francesco, ‘per tutto quello che fa’; ma poi, di fatto, l’intero testo sembra voler rivedere le ‘bucce’ al recente summit convocato da papa Francesco”.
“Quindi, qua e là, qualche spruzzatina polemica, qualche particolare ai limiti della decenza – rileva -. I ‘club omosessuali’ che si erano formati in molti seminari. Il racconto di una chierichetta, che il vicario parrocchiale violava dicendole: ‘Questo è il mio corpo dato per te’. Oppure, l’affermazione di come, ‘non molto tempo fa’, la pedofilia fosse ‘teorizzata come del tutto giusta’. Ma quando? Da chi?”.
E infine, conclude Svidercoschi, “i soliti rimpianti ratzingeriani, conditi da un forte pessimismo: il fallimento della società occidentale; le Messe ridotte a “gesti cerimoniali”; la Chiesa percepita come ‘apparato politico’; la perdita progressiva della identità cattolica… Ma, e si ritorna all’interrogativo iniziale, sarà stato proprio lui, Joseph Ratzinger, a pensare e a scrivere integralmente questo testo? Non c’è già abbastanza confusione nella Chiesa di oggi, per creare altro sconcerto, altri motivi di disorientamento?”
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