Da Studi Cattolici
La politica, la fede, gli affetti famigliari. Così recita il sottotitolo. In effetti De Gasperi uno studio presenta un profilo completo del grande statista, ben contestualizzato, anche minuzioso (ma impreziosito di particolari che talvolta sfuggono allo storico).
Giuseppe Sangiorgi è osservatore attento: giornalista (direttore de «Il Popolo»), realizzatore con Castronovo De Felice e Scoppola de La Storia d’Italia nel XX secolo, segretario generale dell’Istituto Sturzo. Racconta la storia come può raccontarla uno scrittore. Meglio, racconta la storia con lo stile del giornalista immerso nell’attualità. Chi prende in mano questa biografia non se ne distacca più. Narratore, dunque, Sangiorgi, e biografo; biografo e storico. Rende un servizio alla verità, viene incontro al lettore desideroso di corretta informazione, rende testimonianza ai valori di libertà e di solidarietà, che sono valori cristiani, che sono sostanza della democrazia.
Ma perché una vita di Alcide De Gasperi, tenuto conto che la letteratura su De Gasperi (come indicano le Note) non è certamente scarsa? Sangiorgi risponde: «A sessanta anni dalla morte, quando se ne parla con i più giovani, ma non soltanto con loro, la figura di Alcide De Gasperi appare spesso quella di uno sconosciuto. In altri casi, spesso non si va oltre un ricordo generico e impreciso di questo statista che ha sollevato l’Italia dalle rovine della Seconda guerra mondiale e del fascismo, e molto ha da dire riguardo alle vicende di oggi» (p.11). Un discorso suscitato dalla convinzione che conservare la memoria significa preparare il futuro, difendere un’identità: «Simone Weil afferma che la rinascita può avvenire solo dal passato, se sapremo amarlo» (Ibidem).
L’autore procede per ampie sezioni, che si richiamano in modo organico, riflette e invita a riflettere: la dimensione spirituale, la famiglia, la milizia e la lotta politica, il governo, i rapporti con gli uomini della Dc e con i partiti. La biografia diventa storia: si pensi al capitolo su «Le vite parallele»: De Gasperi e Togliatti, De Gasperi e Pio XII, De Gasperi e Giuseppe Donati, De Gasperi e Giuseppe Dossetti. Sangiorgi traccia ritratti vivi. Il discorso si amplia: e si va ai Costituenti, al caso Guareschi, a Fanfani. L’antifascismo di De Gasperi non si tinge di colori cupi e non si nutre di rancori, è tutt’uno con il senso della responsabilità. Sa e afferma che la democrazia è ascolto del popolo (si pensi al referendum del 2 giugno 1946). Sempre proteso alla ricerca paziente e costante di equilibri e di strade percorribili. Saldo nella fede, si muove con limpido realismo nell’affrontare situazioni politiche e sociali difficili. C’è nelle pagine di Sangiorgi l’italiano, l’uomo che ama la pace, che mira a liberare i poveri dalla miseria, che lotta per ricostruire il Paese, dopo le lacerazioni della guerra, e lo vuole ricostruire non solo materialmente, ma spiritualmente, restituendo dignità a tutti, risvegliando in tutti la speranza, invocando rispetto per le istituzioni. «Sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me…». Il celebre discorso pronunziato a Parigi nell’agosto del 1946, all’assemblea dei Paesi vincitori, è espressione di una personalità spiritualmente fervida e protesa al bene e alla pace, alla libertà e alla democrazia, alla solidarietà e all’ordine. Quel discorso non va dimenticato da chi vuole costruire la storia dell’Italia uscita dalla guerra e dal fascismo. L’impegno politico, inteso come servizio alla comunità, diventa fecondo se si nutre di valori spirituali forti. L’uomo di governo, il costituente, il tessitore di rapporti internazionali, il politico che sa che la democrazia è pazienza… non si lascia travolgere dall’immediato, ma pensa al futuro e ne traccia la via. «De Gasperi inseguiva l’obiettivo della stabilità dei governi e per questo aveva concepito il premio di maggioranza per chi avesse superato il 50 per cento dei voti» (p. 185). Si badi: il 50 per cento, non il 25 per cento! Un messaggio non accolto in un contesto lacerato da pregiudizi e ideologie.
Nutrito di pensiero sociale cristiano, attento ai problemi del lavoro e dell’economia, rigoroso ma ricco di umanità, vive tra difficoltà immense: ma non viene mai meno al dovere di difendere le proprie idee e di dialogare con tutti anche con Togliatti, il suo grande antagonista; ricorda la figlia Cecilia: «Quando Togliatti attaccava papà io ne soffrivo molto, ma lui diceva: “No, la politica è così, bisogna lavorare con tutti”. Ci faceva vedere sempre questo impegno di non guardare gli uomini ma di guardare le idee, non c’era mai acrimonia verso le persone» (p. 79). Cecilia parla pure del De Gasperi rappresentato dal cinema e osservando che non era solo e che era anche incisivo e forte come «non viene quasi mai fatto conoscere» (p. 78). L’Italia esce da un provincialismo improduttivo, entra in relazione con tanti Paesi, in particolare con gli Stati Uniti, si fa portatrice di pace e di dialogo. La politica estera di De Gasperi è un «riflesso della sua fede religiosa e dell’universalismo che essa contiene» (p. 158). Ed è frutto dello stesso orientamento il suo sofferto europeismo: il dibattito sulla CED lo tiene in incessante tensione sino agli ultimi giorni della sua vita. La lezione di Alcide De Gasperi è valida per sempre. La politica è impegno nobilissimo, è servizio ai fratelli, è stimolo alla solidarietà. Il politico che non ha una dimensione morale e una visione del mondo ispirata a spirito di giustizia e di pace non può dare un contributo allo sviluppo e al progresso. La democrazia non può non costruirsi che su basi etiche. È un bene immenso: ma un bene che costa sacrifici.
di Francesco Pistoia
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