da Il Quotidiano della Calabria del 19 Novembre
Il 21 novembre del 1964 il Concilio Vaticano II promulgava la costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, forse il più importante (insieme alla “Sacrosantum Concilium”) tra i documenti prodotti dall’assise conciliare. All’interno del documento per la prima volta veniva esplicitato chiaramente il ruolo dei laici all’interno della vita del Popolo di Dio: non più cristiani “minori” rispetto ai chierici ma ugualmente chiamati, ognuno nella propria condizione, a cooperare per la costruzione del Regno di Dio.
“Non c’è quindi che un popolo di Dio scelto da lui: « un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo » (Ef 4,5); comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia di adozione filiale, comune la vocazione alla perfezione; non c’è che una sola salvezza, una sola speranza e una carità senza divisioni. Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa” (LG 32).
Parole che appaiono quasi rivoluzionarie dopo secoli di separazione durante i quali persino la santità era stata interpretata come esclusivo appannaggio di chierici e religiosi.
Eppure “l’invenzione” dei laici come elemento separato dalla Chiesa, subordinato ai chierici non è connaturato, come si crede banalmente alla Chiesa stessa ma è piuttosto tardiva, essendo stata introdotto solo in epoca altomedioevale. A raccontare “l’invenzione” dei laici come “genus” a se stante e, soprattutto, una storia della Chiesa affascinante e ai più sconosciuta è Ubaldo Cortoni, giovane monaco bibliotecario dello storico monastero di Camaldoli in Toscana, in un libro breve ma denso appena lanciato da Rubbettino in libreria e intitolato “Sono Chiesa anch’io. Il ruolo dei laici e il rinnovamento”.
Il titolo del libro non può non richiamare alla mente dei lettori il movimento internazionale, nato in Austria nel 1996 e oggi diffuso in tutto il mondo con il nome “Noi siamo Chiesa”. Gli obiettivi che il movimento (la cui esistenza è stata più o meno ignorata dai media italiani e da buona parte della gerarchia cattolica) si è posto sono diversi. In particolar modo sono stati proposti ai vertici della Chiesa sei punti di riforma che, secondo il movimento, seguono la linea tracciata dal Concilio: dialogo e pluralismo nella Chiesa, ruolo della donna, eucaristia comunitaria ed ammissione ad essa dei divorziati risposati, celibato facoltativo del clero, riammissione dei preti sposati al servizio della comunità, superamento delle discriminazioni verso gli omosessuali, libertà di coscienza per quanto riguarda la regolazione delle nascite, impegno per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato.
Come si può ben vedere, salvo alcuni principi etici di interesse universale (come l’impegno per la pace) gli altri punti vanno a centrare alcuni dei problemi fondamentali che riguardano proprio il rapporto dei laici con la Gerarchia e il loro ruolo all’interno della Chiesa.
Proprio su questo tema, il libro di dom Cortoni si rivela sorprendente.
Nella Chiesa degli anni tumultuosi che precedettero e accompagnarono la riforma di Gregorio VII si assiste a una presa di coscienza molto netta da parte dei laici che tentarono non solo di rivendicare la loro partecipazione diretta alla vita della Chiesa mediante l’insegnamento e la predicazione del Vangelo ma anche un ritorno alla povertà della Chiesa delle origini e alla vita delle prime comunità cristiane. In questi anni si assiste a fenomeni di grande interesse come quello di un gruppo di donne di Metz che predicavano in lingua volgare e ascoltavano le confessioni dei fratelli e delle sorelle, assolvendole dai peccati. O il movimento dei Fratelli del Libero Spirito all’interno del quale la donna svolgeva i medesimi uffici degli uomini e che metteva in dubbio il ruolo e la natura del ministero istituito.
Lo stesso francescanesimo è per molti versi ascrivibile a questo grande movimento di riforma dal basso della Chiesa. Ricordiamo a tal riguardo come Francesco d’Assisi abbia rifiutato l’Ordinazione Sacerdotale e come fosse sua consuetudine pregare in volgare e tradurre nella stessa lingua per i suoi frati il Salterio e i passi più significativi della Bibbia.
La risposta della Chiesa gerarchica a questi movimenti fu tuttavia delle più dure ed ebbe il volto feroce dell’inquisizione e della repressione. Gli stessi fraticelli d’Assisi furono più volte sospettati di eresia e la fraternità continuò in quegli anni a muoversi al margine di quella che era l’ortodossia ufficiale.
Da quel momento la storia è nota. Quella dei laici finì per essere sempre più una presenza marginale e la loro partecipazione alla vita della Chiesa fu intesa sempre più in modo passivo. Le celebrazioni vedevano i laici come meri spettatori: la messa si “ascoltava” (anche se spesso non si capiva) e non vi era altro spazio per la spiritualità dei laici che quello di una pietà popolare, spesso condannata dalle gerarchie come distorta e paganeggiante.
Il Concilio pose le basi per ricucire uno strappo che i secoli avevano irrimediabilmente allargato e che oggi, la crisi del cattolicesimo in Europa, con i seminari vuoti e le comunità sempre meno giovani, rende sempre più difficile da sanare.
di Antonio Cavallaro
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