Da Baggio a Zigoni, da Totti a George Best, una raccolta di frasi celebri di calciatori (e non solo) degli ultimi cinquant’anni. E poi la carriera (e la vita) troppo breve di Ignazio Giunti, campione di automobilismo morto nel 1971 sul circuito di Buenos Aires
C’è Cantona che prova a metterla sul filosofico (“Io non gioco contro una squadra in particolare. Io gioco per battermi contro l’idea di perdere”), Rivera che fa il nostalgico (“Ai nostri tempi, noi andavamo al ristorante dagli amici per avere lo sconto. Oggi, i calciatori sono pagati per andare al ristorante”), Montero che fa il duro (“O passa la palla o la gamba: entrambe no!), Fontolan che ci prova, senza grandi risultati (“Ma di cosa è fatto Gullit, che ci siamo fatti male noi a forza di picchiarlo?”), Ibrahimovic che fa lo sbruffone (“Non mi serve il Pallone d’Oro per sapere che sono il più forte del mondo”), George Best che fa… insomma, fa il George Best (“Qualche anno fa dissi che se mi avessero dato la possibilità di scegliere, tra segnare un gol al Liverpool da ventisette metri dopo aver saltato quattro uomini, e andare a letto con Miss Mondo, sarebbe stata una scelta difficile. Per fortuna, ho fatto entrambe le cose, e una di queste cose l’ho ottenuta davanti a cinquantamila persone». Ignazio Senatore, docente di psichiatria presso l’università di Napoli Federico II e grande appassionato del calcio e del suo Napoli (cominciato a seguire ai tempi di Altafini e Sivori) ci ha regalato una divertentissima carrellata di frasi, tutte rigorosamente autentiche (la frase del titolo è opera di Gianfranco Zigoni, attaccante genio e sregolatezza del nostro calcio degli Anni Settanta) pronunciate da personaggi che un tempo, prima del calcio spezzatino dei nostri giorni, erano chiamati gli Eroi della domenica. Si ride, tra esagerazioni e strafalcioni, si riflette (vengono affrontati temi scomodi come la depressione, il doping, il calcio scommesse) ci si specchia in cinquant’anni di calcio italiano e internazionale. A chiudere in grande stile, anche gli interventi di scrittori o attori, da Soriano a Pasolini, da Paolo Rossi con il suo racconto su Beccalossi ad Albert Camus: «Ho capito subito che la palla non arriva mai dove te l’aspetti. Mi è servito più tardi nella vita, dove non ci si può fidare di nessuno».
POTEVO ESSERE PELE’, HO SCELTO LA LIBERTA’; da Adriano a Zigoni, Baggio, Maradona… Battute, assurdità e intriganti pensieri sul mondo del calcio; di Ignazio Senatore, Absolutely Free Editore, 233 pagine, 18 euro.
Non sapremo mai se Ignazio Giunti sarebbe diventato “il nuovo campione del mondo italiano”, come gli aveva predetto Mauro Forghieri, uno che di piloti – e di auto da corsa – ha sempre capito tanto. Il pilota romano ci ha lasciati il 10 gennaio del 1971, a nemmeno trent’anni, dopo un assurdo incidente di corsa sul circuito di Buenos Aires, nel Mondiale Sport prototipi, quando la sua Ferrari 312B, che era saldamente al comando, finì dopo una curva per infrangersi contro la Matra che il francese Beltoise, rimasto senza benzina, stava cercando di spingere (!) verso i box. Della brevissima esistenza di Giunti, ragazzo e poi uomo di rare gentilezza e allegria, capace di essere a proprio agio anche di fronte a personaggi dello spessore di Enzo Ferrari o Gianni Agnelli, ci racconta in questo splendido libro di grande formato – arricchito da tantissime fotografie – il nipote, Vittorio Tusini Cottafavi, non a caso anche lui grande appassionato e studioso di automobilismo. L’infanzia del giovane Ignazio, di famiglia nobile calabrese, classico esponente della “Roma bene”, poi le prime corse – a vent’anni – di nascosto dai suoi, utilizzando una Alfa Romeo Giulietta presa a prestito. I primi piazzamenti, le tante vittorie a Vallelunga, la Formula 3 e l’approdo nella scuderia ufficiale Alfa Romeo, protagonista nell’euro turismo. A fine Anni Sessanta, i suoi risultati gli aprirono le porte della Ferrari, prima nelle gare di durata quindi in Formula 1, dove debuttò al Gran Premio di Spa, nel 1970, con un eloquente quarto posto, piazzamento che gli valse per l’anno successivo la conferma, negatagli poi dal destino. Sullo sfondo, un altro automobilismo, epico e romantico, e un’altra Formula 1, “meravigliosa e terribile”, come conferma Cristiano Rattazzi – collega e amico di Giunti – nella sua affettuosa prefazione, un mondo popolato da autentici sportmen nobili e scanzonati, i veri Cavalieri del rischio.
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