Da Il Giornale dell’8 gennaio
Non c’erano rapporti tra loro, Verdini il numero di Renzi l’ha chiesto a me. Certo, il fatto di essere fiorentini ha aiutato, perché i fiorentini sono pratici, vanno presto al dunque. Il patto del Nazareno si rompe con l’elezione di Mattarella, il 31 gennaio 2015. Verdini lascia Forza Italia a fine luglio 2015. In quei mesi ci sono stati numerosi colloqui tra Verdini e Berlusconi per evitare questa rottura». Massimo Parisi, giornalista, deputato di Forza Italia ora nel gruppo Ala, pubblica un libro – Il Patto del Nazareno, Edizioni Rubbettino – che rappresenta una sorta di «Verdini’s version» degli ultimi due anni di storia repubblicana, libro di cui spiega le intenzioni intervenendo a Radio Cusano. Una ricostruzione che attinge liberamente alle migliaia di report scritti a mano dall’ex coordinatore di Forza Italia e girati quotidianamente al «presidente» Berlusconi. Una selezione di parte, in cui ovviamente non mancano omissioni, ma che vuole spiegare le ragioni politiche dell’addio.Il libro descrive il mutare del giudizio di Verdini sull’ex sindaco di Firenze. Prima bollato come un «perfetto trasformista», circondato non da un «mirabile cenacolo di Pico della Mirandola, ma da un gruppo di segretari e segretarie». C’è il «boy scout» Luca Lotti il cui profilo appare «modesto», la Serracchiani «che studia faziosità da Rosy Bindi», la Madia che «così giovane ha già girato tutte le correnti del Pd», la Mogherini con la «solita solfa gnè-gnè-pacifismo-femminismo-europeismo» e la Boschi «che bella è certamente bella a dire poco. Più adatta però al tema forme che al tema riforme». E Lorenzo Guerini «forse l’unico davvero bravo».Nel tempo, però, i rapporti Verdini-Renzi si sviluppano per affinità politica e simpatia umana. «Somiglia a quel genio che nel 2001 propose un patto con gli italiani», azzarda. Verdini diventa un pretoriano del Patto del Nazareno, pronto a difenderlo da quei dirigenti di Forza Italia che a suo dire, mal digeriscono il suo rapporto preferenziale con Renzi. «Da falco sono diventato colomba, ma solo perché per essere falchi bisogna avere becco adunco e artigli possenti. Quando avevamo le pistole cariche non le abbiamo usate, ora che, come si dice in Toscana, abbiamo una pistola schizza piscio, vorremmo far paura a chi ha il cannone!».I rapporti tra Berlusconi e Renzi si vanno via via deteriorando. E così nel gennaio 2015 Verdini annuncia a Berlusconi l’intenzione di abbandonare l’incarico di ambasciatore presso il premier. «Lascerò le consegne alla persona che stimo di più nel tuo entourage, Gianni Letta, dal quale ho imparato moltissimo. Gianni assomiglia moltissimo al grande e inimitabile Gianni Rivera, al quale però era indispensabile l’oscuro lavoro da mediano di Lodetti». Verdini-Lodetti dunque alla vigilia della partita decisiva sul Quirinale. La rottura definitiva, secondo la ricostruzione, avviene dopo un attacco subito da Vittorio Sgarbi in una puntata di Otto e mezzo. Un attacco per il quale il critico d’arte avrebbe ricevuto i complimenti di Berlusconi. «Sgarbi afferma che tu l’hai chiamato, dopo un paio di anni in cui non vi sentivate, per fargli i complimenti. Nella telefonata con me hai invece sostenuto di avergli telefonato per ringraziarlo perché ti aveva difeso. Sgarbi non ha affatto parlato bene di te, ma ha solamente offeso me con acrimonia. Caro presidente il nostro rapporto da tempo non c’è più». È l’ultimo atto di un lunga storia politica che si conclude con il divorzio e con il definitivo passaggio di Verdini sotto il campo di influenza renziano.
di Fabrizio De Feo
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