Come Luigi Einaudi ha progettato l'Europa di oggi, come il suo lascito può disegnare quella di domani
Dal Giornale di Brescia del 29 gennaio
Appare ancora pieno di insidie, ma resta essenziale in prospettiva futura. Il percorso che, dall’appartenenza all’Unione Europea, e dalla cittadinanza comunitaria, porta, o dovrebbe portare, alla piena affermazione di un’identità e «coscienza» europee. E anche al riconoscimento del valore di una «cittadinanza umanitaria europea».
Valori e ideali che sono quanto mai d’attualità in tempi in cui il trattato di Schengen, la linea politica e gli equilibri dell’Europa unita traballano. Sotto i colpi di un flusso di profughi senza precedenti, e di politiche e interessi nazionali spesso contrastanti.
Capisaldi e principi, come la «cittadinanza europea» e un «confine doganale unico», che trovano origine nel pensiero e nelle intuizioni di Luigi Einaudi, e che Angelo Santagostino ha raccolto e analizzato nel volume «L’Unione europea. Una visione liberale» (Rubbettino Editore, 296 pagine, 19 euro).
«Einaudi è stato uno dei veri padri spirituali dell’Europa unita, un ruolo che a volte non gli viene ancora adeguatamente riconosciuto» ha sottolineato l’autore presentando l’opera a Milano, nel corso di un convegno organizzato da Casa d’Europa coni Lions Club Navigli e Montenapoleone Centro.
«Doppia» cittadinanza. Santagostino, docente universitario e titolare dell’Associazione Jean Monnet per l’integrazione economica europea nella facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Ankara, ruolo che in precedenza ha ricoperto anche all’Università di Brescia, evidenzia l’importanza del contributo di Einaudi nello sviluppo, ad esempio, del concetto di cittadinanza europea, introdotta nel 1992 con il Trattato di Maastricht. E formulata sulla base dei principi indicati una cinquantina di anni prima dallo statista piemontese. Sosteneva Einaudi che «l’acquisizione della cittadinanza comune sarà un processo graduale» e che ogni individuo acquisirebbe «a poco a poco una coscienza della cittadinanza comune, perfettamente compatibile, dati i fini diversi, con la conservazione gelosa della cittadinanza nazionale».
In questo quadro, oggi Angelo Santagostino si chiede se, passati oltre vent’anni dal Trattato di Maastricht, «si è creata questa “coscienza” europea e della cittadinanza europea». E la sua risposta è «in maniera assolutamente insufficiente», innanzitutto «per colpa della politica, per colpa delle varie politiche nazionali, che troppo spesso criticano e attaccano l’Europa, e ne fanno il bersaglio privilegiato per le proprie campagne interne». Un’Europa unita che si è sviluppata lentamente nel corso di decenni, cementata in parte attraverso la creazione dell’euro, e che si è poi allargata velocemente, fino a comprendere i 28 Paesi attuali.
Ma in questo percorso, e in questa costruzione, «manca ancora l’affermazione di un’identità comune» rileva Santagostino, che dall’importanza del valore di cittadinanza europea allarga lo scenario anche al principio di «cittadinanza umanitaria europea».
La Carta dei Lions. Un ideale «sostenuto e promosso, nell’ultimo decennio, e a tutti i livelli politici, proprio dall’Associazione internazionale dei Lions Club», attraverso la «Carta della cittadinanza umanitaria europea», che prevede che «ogni cittadino d’Europa ha doveri sociali umanitari verso la comunità europea nella quale vive e lavora», e che «la cittadinanza umanitaria europea è espressione dei principi del pluralismo, della sussidiarietà sociale e della solidarietà umanitaria e si esercita a tutela dei diritti umanitari fondamentali». Ma «senza ricerca e affermazione di un’identità comune – rileva il docente e scrittore – non può esserci neanche una cittadinanza umanitaria».
di Stafano Casini
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