Da La Gazzetta del Mezzogiorno del 2 giugno
S’intitola «Il meglio Sud. Attraversare il deserto, superare il divario» (edito da Rubbettino, pagg. 304. 15 euro) il nuovo libro di Lino Patruno sulla questione del Mezzogiorno. Ne anticipiamo uno stralcio.
Proviamoci insieme. Proviamo a vedere il Sud dimenticando il Divario col Nord. Allora scopriremo un Sud con tanti segni «più» invece dei soliti tanti segni «meno». Un Sud senza il quale l’Italia non potrebbe andare avanti. Un Sud con inaspettati primati produttivi nazionali. Un Sud le cui aziende sono più robuste di quelle di interi Stati europei. Un Sud che va su Marte a caccia dei marziani. Un Sud in cui nascono i locomotori per l’alta velocità ferroviaria (pur essendo stato escluso dall’alta velocità). Un Sud con la maggiore inventrice italiana. Un Sud che costruisce l’aereo superleggero più veloce del mondo. Dove ideano la stoffa alla vitamina e i più avanzati droni tuttofare. E gli abiti da vip e il gessetto scolastico intelligente. E il bracciale magico e il robot maggiordomo.
E ancora. Un Sud che ha la più grande fabbrica d’Italia. Un Sud con più operai del Nord. E con la terza città d’Italia. Un Sud che esporta nel 91 per cento dei Paesi del mondo. Un Sud capace di vendere granite e ghiaccioli agli eschimesi e di sfornare un panettone più buono di quello milanese. Di vincere il Nobel dell’informatica e di diagnosticare molto prima alcune malattie. Un Sud con tanti giovani che restano invece di partire. E con tanti giovani che tornano per restarci. Scopriremo un meglio Sud.
Questo non vuol dire che il Divario non esista. Né vuol dire dimenticare il “dalli al Sud” come sport nazionale. Visiteremo insieme il Museo degli orrori contro il Sud. E percorreremo le mille occasioni quotidiane per capire cosa vuol dire essere trattati da Sud. Ma non nasconderemo i mille fatti della cronaca per capire quando e quanto il Sud dà il peggio di se stesso. Così come denunceremo i mille motivi per cui non si vuole un meglio Sud che va avanti nonostante tutto.
Il Sud è anzitutto sparito dall’interesse collettivo, se mai ce ne è stato uno. Sacrificato non solo alla lunga crisi di questi anni. Ma sacrificato ancora una volta all’esclusiva attenzione verso le aree più forti del Paese. E a un pregiudizio che impedisce di capire quanto non solo la logica ma fior di premi Nobel predicano: l’uscita dalle diseguaglianze è il principale motore di sviluppo. L’opposto della convinzione secondo cui puntare sempre sui territori ricchi fa stare meglio anche quelli meno ricchi. Quindi uscita dalla crisi che può avvenire solo al Sud. Quindi Italia che deve ricominciare da Sud. Quindi futuro a Sud dove c’è lo squilibrio da colmare. Quindi Sud il cui Divario non significa morte annunciata ma margine di miglioramento e opportunità non solo per il Sud ma per tutti, unica salvezza anche per i suoi detrattori.
Il fatto è che tutto il meglio Sud non è sufficiente perché la Svimez (Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno), non sentenzi sinistramente di un Sud avviato sulla strada di un immenso Deserto, se continuerà a essere rimosso dall’autocoscienza collettiva, a essere abbandonato nel suo Divario come se fosse irreversibile: non c’è più niente da fare, tanto vale non fare. Deserto umano e industriale se continueranno a morire le aziende e a partire i giovani. E ora anche a non nascere più figli.
Ne vedremo le cifre non meno impressionanti di quelle del meglio Sud. Vedremo le responsabilità delle politiche contro il Sud e delle politiche del Sud, tanto quanto vedremo perché nonostante tutto il Deserto può attendere. Perché non è detto che il Sud non sia capace di farla, questa traversata del Deserto. Non è detto che non abbia i Mosè per guidarlo dall’altra parte.
C’è un meglio Sud non solo della Resistenza economica. Ma anche un meglio Sud della Resistenza sociale. Il Sud dei Ribelli positivi. Il Sud che con le librerie e le palestre, con la lotta alla mafia e le meraviglie dei suoi campanili combatte la sua battaglia contro il Divario e contro il Deserto. Il Sud di Matera capitale europea della cultura dopo essere stata fatta passare per capitale della Via Crucis del Sud.
Ma la parola d’ordine è: alla larga, col Sud è tutto perduto. Tempo scaduto da tempo. E’ così che non si riesce a capire che eppur si muove. Ci sono voluti 500 anni a Galileo per avere giustizia per la sua Terra che gira attorno al sole e scuse per la persecuzione. Ci dovrebbe volere molto meno perché i distratti sismografi nazionali colgano la irrequieta faglia sotterranea che agita il Sud, il ribollire tellurico laddove il Gattopardo vorrebbe che tutto cambi perché tutto resti come prima.
Tanta meglio gioventù meridionale troveremo nella nostra traversata del deserto. La troveremo in tutti i sottoscala del futuro. Storie di chi non sapendo che la cosa era impossibile, la fece. Storie di inventiva e di coraggio, di avveniristiche start up, di decolli tecnologici. Ma troveremo questi giovani ovunque il Sud sia stufo di condizioni sociali spesso da Terzo Mondo, ovunque frema una rivolta civile, ovunque si accenda la luce di un volontario.
Soprattutto, vedremo assieme ai Mosè del Sud quanto il Deserto possa attendere. E quanto il Divario non sia un destino. Premettendo subito che questo meglio Sud col vestito nuovo non si opporrebbe se il buon Dio terrone dovesse replicare il Mar Rosso dandogli una mano con un po’ di rane, zanzare, mosconi e cavallette contro chi gli si mettesse ancora una volta di traverso.
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Altre Rassegne
- Le Monde Diplomatique (Il Manifesto) 2015.12.15
Il meglio Sud
di Enzo Di Brango - La Gazzetta del Mezzogiorno 2015.06.04
Togli il deserto alla parola Sud