Da It.Paperblog.Com
Le storie che il collettivo Lou Palanca raccontano non sono solo narrativa, le storie che raccontano sono il nostro passato; il passato di noi uomini e donne del sud. Storie dimenticate perché non hanno raggiunto il mainstream e perché non c’è più u vrasceri intorno al quale si raccoglieva la famiglia e il più anziano raccontava fin quando la brace non diventava cenere. I Lou Palanca sono i cantastorie del XXI secolo e il sottofondo musicale di questa nuova storia è quella degli Statuto, di Ugo Novo e Fabrizio De Andrè.
Così come in Blocco 52, pubblicato nel 2012 sempre da Rubbettino, i Lou Palanca partono sempre da Catanzaro, dalla Calabria e da Luigi. Alla fine tutto torna, erano partiti da Luigi, i Lou Palanca, e a Luigi sono ritornati, (e mi fermo qui per non spoilerare).
In Blocco 52 Luigi era un dirigente del PCI e sindacalista, Luigi, in Ti ho visto che ridevi, è un giornalista alla ricerca del suo passato. La lotta dei contadini calabresi contro i latifondisti è lo sfondo del primo libro, la terra delle Langhe, che le nostre contadine (le calabrotte) hanno contribuito a far diventare quello che oggi è, lo sfondo del nuovo libro. Siamo tutti stranieri, siamo tutti in cerca di salvezza, siamo tutti sulla terra di qualcun altro, scrive Carlo Petrini nella prefazione.
Siamo di passaggio e calpestiamo le orme di chi ci ha preceduto, poggiamo i piedi su quella terra che riteniamo nostra e che domani sarà di qualcun altro. Eppure sfruttiamo per pochi euro i raccoglitori dei prodotti della terra, eppure respingiamo chi sbarca sulle nostre coste, eppure prendiamo a manganellate chi quella terra vuole lasciare agli altri, quelli che verranno, così come l’ha trovata. La terra è il tema, il cuore del libro, in tutte le sue declinazioni: madre, amara, vergine, povera, sfruttata, di nessuno, della salvezza.Ti ho visto che ridevi di Lou Palanca.
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