Vincenzo Tassinari, Dario Guidi
Noi, le Coop rosse, tra supermercati e riforme mancateE della distribuzione moderna in un paese senza riforme
Da DM Magazine di gennaio
Vincenzo Tassinari, ex presidente di Coop Italia, ora scrittore di libri?
Intanto sono sempre un cooperatore. Quarant’anni di carriera cooperativa rimangono indelebili. Da alcuni anni non presiedo più Coop Italia, dopo un quarto di secolo passato alla sua guida. Ma il cuore batte sempre a favore della cooperazione. Ho scritto questo libro insieme al giornalista Dario Guidi perché l’ho ritenuto un atto di giustizia.
Un atto di giustizia nei confronti di chi?
Da un lato nei confronti delle migliaia di cooperatori che si sono impegnati in tutti questi anni per lo sviluppo dell’economia del nostro paese: le cosiddette “coop rosse”, una definizione usata in modo dispregiativo. Certo, anche questo mondo non è stato immune da qualche atto criminoso, ma molto limitato rispetto alle numerosissime imprese che sono cresciute e che hanno creato occupazione. Dall’altro nei confronti di un settore, quello della distribuzione moderna, che io ritengo uno dei più bistrattati dell’economia italiana. Bistrattato dalla politica economica, dalla politica legislativa. Un settore che poteva essere il traino dell’intero paese e invece ne è diventato la cenerentola. Ho cercato nel libro di individuare le cause e le responsabilità di questa situazione. Quando sento dire che i problemi dell’economia italiana dipendono dal fatto che non c’è una grande distribuzione nazionale come quella francese ricordo che il presidente Francois Mitterand aveva ben altra considerazione della distribuzione moderna: diceva che era la portaerei dell’economia e ha fatto leggi per favorire questo sviluppo. In Italia è successo esattamente il contrario.
Quindi la responsabilità è della politica?
Non solo. Essendo un uomo di impresa, che ha sempre lavorato sul campo, identifico nomi e cognomi, cosicché ognuno, dal punto di vista dei fatti concreti, e non di semplici opinioni, possa farsi un’idea del perché l’economia italiana continui ad avere, soprattutto nel settore dei servizi, a cominciare dalla distribuzione moderna, un freno allo sviluppo del nostro paese. Siamo al 143° posto nel mondo per competitività e una delle cause fondamentali di questa non brillante posizione è che siamo rimasti indietro proprio nel mondo dei servizi.
La scelta di sottolineare nel titolo l’orientamento del cooperativismo di cui si è occupato per lungo tempo sembra avere qualche intenzione polemica, o quanto meno provocatoria…
Sì, polemico contro chi usa questo aggettivo in termini dispregiativi. Io racconto una storia che nasce da Gesù Cristo e che arriva alla prima cooperativa in Italia nel 1854, guidata da un liberale nominato da Camillo Benson Conte di Cavour. Einaudi, il grande presidente della Repubblica, sosteneva che l’economia che ha un settore cooperativo è un’economia più pluralista e più democratica. Allora perché disprezzare l’impegno che abbiamo profuso in 150 anni di storia economica del nostro paese?
Il libro che ha scritto vuole essere in qualche modo una risposta a quello pubblicato qualche anno fa dal patron di Esselunga Bernardo Caprotti, “Falce e carrello”?
No, assolutamente. Chi leggerà il libro si renderà conto che io narro una storia della Coop, ma anche una storia della distribuzione moderna italiana. Dedico indubbiamente alcune pagine a questo scontro, ma con dispiacere. E questo perché ritengo che tra imprese, anche concorrenti e in un settore così bistrattato come quello della distribuzione, la collaborazione avrebbe dovuto essere ed è l’elemento trainante, non lo scontro, peggio quello nei tribunali. Anche in questo caso traccio in poche pagine un racconto della storia personalmente vissuta di questo contrasto.
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