Da Linkiesta.it, 17 dicembre
(Ri) Scoprire la Calabria, svelare la sua inquieta bellezza e tracciare nuovi sentieri da percorrere a piedi, è un tentativo nobilissimo compiuto e raccontato da Giuliano Santoro in “Su due piedi. Camminando per un mese attraverso la Calabria” edito da Rubbettino. Si tratta di una lettura molto utile se non indispensabile per avere una conoscenza approfondita riguardo una regione, complessa e straordinaria, dove il viaggio diviene occasione e pretesto per presentarla senza cadere nella retorica o nella banalità dei soliti clichè.
Santoro scardina concetti stereotipati avviando il lettore ad una visione scevra da ogni pregiudizio e il lento camminare come scrive Wu Ming 2 nell’introduzione è “l’essenza stessa del viaggio e del raccontare” perché lo scrittore-viaggiatore si rivela in grado di acquisire punti di vista dimenticati e una prospettiva inversa a quella tradizionale.
L’esplorazione diviene quindi il modo stesso di narrare, vivere il passato, la storia, i miti, le leggende che hanno attraversato luoghi e dimore, viandando dal mare ai monti e viceversa. Paesi fantasma, paesi doppi, periferie, centri, miseria e ribellione, rassegnazione e fatalismo, diffidenza e ospitalità, arretratezza e progresso, mobilità e immobilità, l’emigrazione e l’immigrazione sono alcune delle tematiche affrontate nel testo.
Lontano dalla sua terra d’origine, l’autore ha avvertito la necessità di ritornarci superando le geografie tradizionali e delineando insoliti percorsi compiuti nell’arco di trenta giorni e rigorosamente a piedi come faceva con il padre quando era bambino e insieme si addentravano in luoghi poco conosciuti, splendidi nella loro purezza. Il tragitto che ha avuto inizio nel paese franato di Cavallerizzo, continuando fino allo Stretto per proseguire verso Montalto d’Aspromonte, regolato da un lento camminare non si presenta come un semplice reportage, né come un classico diario di bordo ma appare come una riflessione intima, sociale e quanto mai attuale della Calabria di oggi seppur sono continui i richiami al passato. Molteplici sono le citazioni di coloro che hanno contribuito a stilare la storia della regione, artisti o letterati che siano fra i tanti menzioniamo Corrado Alvaro e Vito Teti che Santoro incontra in una delle sue tappe.
Inevitabile è la questione ‘ndrangheta percepita attraverso le brutture paesaggistiche, le macerie, gli scempi edilizi, il disboscamento, il dissesto idrogeologico che Santoro nota nel suo viaggio, ma se questo cancro sociale si annida nella regione è pur vero che le nuove generazioni stanno emergendo da quella sospensione tra passato e futuro costruendo in maniera virtuosa il presente. Pensiamo a quanti sono stati capaci di reinventarsi mettendo in atto una sfida economica, sociale e culturale, sono giovani imprenditori o personaggi politici che hanno saputo avviare processi di integrazione in grado di ravvivare centri storici un tempo abbandonati e facendo della multiculturalità, un’opportunità di crescita.
L’intento di Giuliano Santoro non è quello di svelare verità, ma compiere un atto di giustizia nei confronti della sua terra rompendo finti equilibri e camminando lungo i margini “tra apocalisse e liberazione”.
di Paola Bisconti
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