È con Rossellini e il suo Roma città aperta che si apre il saggio cinematografico di Damiano Garofalo, edito Rubbettino, che affronta la storia del cinema italiano negli Stati Uniti a partire dal 1946.
Il Neorealismo sbarca in America, precisamente a New York, e con Rossellini rappresenta un punto di partenza dell’invasione del cinema italiano negli Stati Uniti.
Rossellini è il neorealismo. In lui la << riscoperta >> della realtà – nella fattispecie dell’Italia quotidiana, abolita dalla retorica di allora – è stato un atto insieme intuitivo e strettamente legato alla circostanza. Egli era lì, fisicamente presente, quando la maschera cretina è caduta. Ed è stato uno dei primi a vedere la povera faccia della vera Italia.
L’avvento del Neorealismo negli Stati Uniti
Roma città aperta giunse in America con il titolo Open city e superò il milione di dollari d’incassi.
Un vero e proprio successo determinato dal sentimento comune del post guerra e da una nuova identità del tutto estranea al pubblico americano. Questa consisteva nell’uso di attori poco famosi, addirittura presi dalla strada. Tuttavia, quella del Neorealismo si manifesta per gli americani come una necessità di modernizzazione della cinematografia nazionale. Roberto Rossellini viene consacrato dal New Yorker il migliore regista del nostro tempo. In questo contesto entra in gioco il lavoro industriale di distribuzione sul mercato e di “propaganda” attraverso le immagini perturbanti delle locandine che inducono il pubblico ad andare al cinema.
Dopo Roma città aperta è il turno di Paisà, proseguendo con le pellicole di Vittorio de Sica dal carattere transnazionale come Ladri di biciclette; Riso amaro di Giuseppe de Santis, che consacra Silvana Mangano tra le attrici più famose e richieste; Stromboli ancora di Rossellini, che consacra al mondo del cinema Ingrid Bergman.
Le Arthouse e l’ultimo Neorealismo
I film stranieri aumentarono la loro capacità di distribuzione attraverso le arthouse, cioè delle sale cinematografiche indipendenti che programmavano i cosiddetti film d’essai, film non mainstream ma definiti di nicchia.
Con la diffusione capillare delle arthouse e la conseguente distribuzione di molti film neorealisti, venne introdotta negli Academy Awards la categoria di Miglior film straniero e per la prima volta furono premiati Vittorio de Sica con Sciuscià e Federico Fellini con La strada. La partecipazione di film stranieri agli Academy costituisce una maggiore circolazione e distribuzione sul mercato americano, legittimando il cinema d’autore di un proprio spazio.
Ma la fine dell’esperienza neorealista avviene con Viaggio in Italia di Roberto Rossellini con una sceneggiatura scritta da Vitaliano Brancati e Antonio Pietrangeli. Il film riceve pochissime critiche positive. Dunque, era terminato il regno di Roberto Rossellini a lungo osannato e iniziava ad affermarsi il cinema di Federico Fellini. Il suo è un tipo diverso di Neorealismo, caratterizzato da una dimensione onirica e introspettiva che proietta la sua personale visione di cinema. Si ricordano le pellicole che consacrarono Marcello Mastroianni come 8 e mezzo e La dolce vita. Il cinema Neorealista fu di un’importanza fondamentale per il cinema contemporaneo e per grandi registi del calibro di Scorsese e Coppola.
Il secondo Rinascimento italiano
Con i film di Michelangelo Antonioni, di Luchino Visconti e di Federico Fellini, negli anni ’60, si parla di secondo Rinascimento italiano. E per prima, con La dolce vita si ebbe la distribuzione del film con i sottotitoli anche nelle sale non appartenenti ai circuiti delle arthouse.
Il cinema di Luchino Visconti è caratterizzato da una forte drammaticità, a tal proposito il New Yorker paragona il regista a Fellini e anche ad Antonioni, notando però che << il punto di vista di Visconti, il suo ampio spettro di personaggi, l’ambiente in cui questi vivono spaziano entro limiti più angusti possibili >>. Ed è un esempio lampante la pellicola molto apprezzata in America, Rocco e i suoi fratelli, che vede tra i protagonisti Alain Delon.
Con Il Gattopardo, emerge nella regia di Visconti l’eleganza della messa in scena e l’accuratezza della ricostruzione storica. Tuttavia, se dal punto di vista commerciale Visconti non riscuote molto successo, gli viene riconosciuto il fatto che la sua regia è caratterizzata da una messa in scena realista, ma al contempo barocca, che getta le prime basi per il cinema d’autore degli anni ’60.
Il cinema di Antonioni viene definito dalla critica eccessivamente audace e avanguardista, ma L’Avventura diventerà un film cult per i cinefili newyorkesi e per gli intellettuali nordamericani.
Conferma il suo successo anche Blow-Up, interamente girato a Londra, divenendo il Miglior film del 1966.
Non c’è differenza tra la realtà e finzione perché il cinema è la realtà che si esprime attraverso se stessa. Nella realtà, posso fotografare un uomo che cammina per strada. Non si accorge di essere ripreso, e questa è la realtà. Se scelgo un attore per interpretare quell’uomo, allora c’è un’altra realtà, quella dell’attore. Ma è sempre realtà, non è mai finzione. Prendo sempre un attore per quello che è, non mi piace che reciti.
Pier Paolo Pasolini e il realismo marxista
Il realismo di Pasolini è intriso di una concezione marxista che si manifesta nel simpatizzare per gli umili. Ne Il Vangelo secondo Matteo, Pasolini attualizza il racconto all’interno di un contesto sociale contemporaneo, ovvero il contesto sociale del meridione, un meridione arcaico dei contadini.
Il suo realismo marxista consiste nell’identificare in questo contesto sociale quella che è l’italianità.
La parabola di Cristo è la parabola dell’operaio che lotta per gli ideali. Con Pier Paolo Pasolini si inaugura il Secondo Realismo. Il suo rapporto con gli Stati Uniti è di amore immediato, di interesse culturale, di ricerca, tanto da frequentare gli ambienti warholiani e lo scrittore Allen Ginsberg. Pasolini è affascinato da ciò che gli americani riescono a cogliere dei suoi film, in particolare le ambivalenze e le contraddizioni che il film lancia in un messaggio.
La commedia all’italiana, i mondo movie, il cinema militante, gli spaghetti western
Dal Neorealismo si passa al genere della commedia all’italiana, cioè un cinema leggero e disimpegnato che si afferma negli anni del Boom economico. Molte di queste commedie che giungono negli Stati Uniti sono Pane, amore e … di Dino Risi, La bella mugnaia di Mario Camerini con la coppia Sophia Loren e Marcello Mastroianni, I soliti ignoti di Mario Monicelli, Divorzio all’italiana di Pietro Germi e Il Sorpasso di Dino Risi. L’obiettivo è coinvolgere il ceto medio nella visione di un cinema che intrattiene. In America giungono anche i film sulla falsa scia del documentario, i cosiddetti mondo movie.
Un esempio famosissimo è Mondo cane, che mostra elementi di cinema impegnato ed elementi di cinema d’evasione.
Registi di quel genere di cinema definito impegnato o militante sono Gillo Pontecorvo, di cui si ricorda il famosissimo La battaglia di Algeri; Elio Petri e Francesco Rosi, autori di film che saranno fondamentali per registi contemporanei come Quentin Tarantino, che fu anche influenzato dal genere degli spaghetti western.
E a proposito di spaghetti western, Sergio Leone fu il fondatore di una vera e propria mitologia d’autore e di stabilire un canone estetico e poetico come con il film Il buono, il brutto e il cattivo che consacrò Clint Eastwood nel mondo del cinema e Per un pugno di dollari. Sergio Leone non riscuoterà lo stesso successo negli Stati Uniti con C’era una volta in America. Il film non riuscì a conquistare il pubblico americano per la durata eccessiva e la visione personale di Sergio Leone di un’America ammantata di tenebre. Violenta e caratterizzata da una criminalità che arriva ad insinuarsi persino nel ramo della politica, ma al contempo poetica.
Afferma Pauline Kael:
Il film può sembrare un compendio kitsch – e in un certo senso lo è. Ma è un kitsch estetizzato da qualcuno che sembra amarlo, e che lo vede come poesia di massa. Non sono solo i momenti di risonanza a tenerci incollati allo schermo. Sono le ambientazioni da sogno che riverberano il senso di maestosità e il movimento fluttuante del film di Leone; le immagini sembrano arrivare a ondate di sentimenti. […] Leone sostiene gli stati d’animo per tre ore e quarantasette minuti quasi incredibili. La maggior parte dei quali insolitamente tranquilli. Il film ha un battito, è vivo. Ma non ora. E’ vivo nel passato dorato dell’immaginazione
I pepla, gli horror, i gialli all’italiana e l’estetica camp
Nel saggio Damiano Garofalo elenca anche altri generi di film che furono distribuiti in America.
Ad esempio i pepla, e negli anni ’70 gli horror firmati Mario Bava e Lucio Fulci, i gialli all’italiana firmati Dario Argento. Dalla fine degli anni ’70, il cinema inizia ad assumere caratteri prettamente americani e vanno a formarsi anche sottogeneri ascrivibili all’estetica camp. Quell’estetica che secondo Susan Sontag esalta ciò che è fuori dalle righe e che è reattiva al doppio senso. Esempio eclatante è il film Il portiere di notte di Liliana Cavani. Il film suscitò moltissime critiche negative perché tratta di rapporti di potere e di dominazione sadomasochistica tra un comandante nazista e una deportata, quindi ascrivibile al genere Holocaust camp.
In questo genere appartiene anche Pasqualino Settebellezze di Lina Wertmüller, che fu la prima regista donna ad avere una nomination agli Oscar.
Il film fu accolto positivamente perché la visione della regista era quella di mantenere un equilibrio serio – comico, ma comunicando allo spettatore che il lager è una metafora e che l’uomo è l’artefice della società crudele in cui vive.
Gli anni ’80 e ’90
Tra gli anni ’80 e ’90, il cinema americano è in piena crisi ma Weinstein ne risolleverà le sorti distribuendo un film italiano in centinaia di sale degli USA. Si tratta di Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Investendo in una nuova idea di foreign film e cioè un prodotto sia culturale sia commerciale. Nel 1990 Nuovo cinema Paradiso vince l’Oscar come Miglior film in lingua straniera. In questi anni si assiste ad un cinema molto diverso, segnato dal cambio generazionale dei grandi registi.
Si assiste alle ultime produzioni di Bertolucci come L’ultimo imperatore; o all’esordio di nuovi registi come Benigni che vinse l’Oscar per La vita è bella. Quest’ultimo si ascrive nel genere dell’Holocaust movie, ma tocca corde drammatiche e al contempo la recitazione di Benigni desta un sorriso di ironia.
Gli anni 2000 e la contemporaneità
Gli anni 2000 sono riservati ad una sorta di connivenza tra il cinema del passato e le forme audiovisive contemporanee. Questi anni vedono la nascita di serie tv come The young Pope e L’amica geniale che fanno da ponte tra queste due istanze. Tipiche sono le influenze neorealiste che possiedono un indice di contemporaneità che risulta coinvolgere le nuove generazioni.
Damiano Garofalo non nasconde di nutrire la speranza che le vestigia del cinema del passato sopravvivano nonostante le contaminazioni e il ricambio generazionale. Nonostante le periodiche e funeree campane a morte ed è lo stesso pensiero che nutre chiunque sia un profondo conoscitore ed appassionato di cinema.