In “Come nasce un leader”, Sofia Ventura riflette sulla figura politica del presidente ucraino. Oltre alla bravura nel coinvolgere e mediare con altri Stati, la severità mostrata verso chi tarda a mandare aiuti mette in luce la caparbietà di un chi è deciso a lottare per la libertà
Ci si potrebbe chiedere cosa sarebbe stato della leadership di Zelensky se la Russia il 24 febbraio non avesse invaso l’Ucraina. La sera del 25 febbraio il giovane leader esce dalla sede della presidenza e scende in strada con alcuni membri del governo. In modalità selfie, con le luci della sera, annuncia attraverso Instagram e le tante piattaforme attraverso le quali quel video verrà trasmesso, che il presidente, il primo ministro e i ministri sono «qui», «tut», non sono fuggiti, come affermano i russi.
Secondo la teoria della contingenza della leadership, una leadership può risultare più efficace quando un certo individuo, ovvero un leader con certe caratteristiche, incontra certe situazioni. In particolare, poi, situazioni estreme, molto favorevoli o molto sfavorevoli (le crisi), sarebbero meglio affrontate da leader orientati all’obiettivo (H. Suharyanto e R. D. Lestari, The Fall and Rise of The Contingency Theory of Leadership, IAPA Annual Conference, Proceedings 2019).
Volodymyr Zelensky ha rivelato questo “orientamento” attraverso il coniugarsi, nella sua postura e nella sua azione, dell’obiettivo di dirigere il proprio paese verso Occidente, con il “coraggio” di realizzarlo. Il “coraggio” è una qualità fondamentale per un leader. Dal 24 febbraio Zelensky ha mostrato di essere dotato di coraggio sia fisico sia morale (Volodymyr Zelensky – Dans la tête d’un héros, cit.), sino alla sfrontatezza, se si pensa a come spesso si è rivolto ai governanti occidentali per mostrare la sua impazienza o la sua delusione.
Ma il leader ha incontrato la situazione, o viceversa, anche in altri modi. Come ha sostenuto in un’intervista al New Yorker (11 marzo 2022) lo storico della Russia Stephen Kotkin con un paradosso, «avere una compagnia televisiva alla guida del Paese in tempi normali non è una buona cosa, ma in tempi di guerra, quando l’informazione di guerra è uno dei nostri obiettivi, allora è una cosa fantastica». Ricordiamo, a questo proposito, che collaboratori di Kvartal-95 sono stati portati da Zelensky al governo e alla presidenza.
A sua volta, Stephen Langton, della University of the West of Scotland, ha osservato su The Conversation (16/5/22) come le diverse abilità performative di Zelensky siano oggi cruciali nella propaganda di guerra. Più specificamente Langton ha poi sottolineato come la capacità di trasmettere gravitas, sincerità e autenticità si siano rivelate fondamentali, ad esempio nel coinvolgere i leader del mondo.
Infine, quanto sopra osservato circa la mappa valoriale di Zelensky orientata verso occidente, da un lato, e la sua appartenenza culturale a un mondo russofono però “libero” da Mosca, dall’altro, ci consente di formulare l’ipotesi che tale complessità possa essere stata funzionale a un ampio consenso, almeno rispetto alla credibilità del leader come guida del Paese aggredito, del quale unisce le diverse sensibilità di cui si compone, anche geograficamente radicate.
L’efficacia della leadership di Zelensky, in patria e fuori, non solo dunque appare legata alla finestra di opportunità della guerra, ma sembra risultare da una sintonia tra le caratteristiche e lo stile del leader e la situazione. Cosa sarà di questa leadership dopo la guerra non è dato sapere. Churchill fu graziosamente licenziato dagli elettori britannici dopo aver salvato il suo paese e l’Europa. Ma l’interrogativo è ozioso. Il senso di questa “nuova” leadership sta nella riconquista della libertà e dell’indipendenza del popolo ucraino.