Traduzione
“Non preoccuparti, fai un bagno!”
Letteratura – L’autore svizzero Fabio Andina, nel suo romanzo “Tage mit Felice” [traduzione in tedesco di “La pozza del Felice”], racconta della quotidianità monotona di uno stravagante novantenne. Che piacere! Una visita ai luoghi del racconto.
Nel cimitero lo scrittore parla solo sussurrando. Eppure, in lungo e in largo non si vedono possibili ascoltatori sul pendio su cui gli abitanti del villaggio di Leontica seppelliscono i loro defunti. Accanto alla chiesa del paese, dedicata a Giovanni Battista, le lapidi poggiano su terrazzamenti di ghiaia. Dal cimitero si gode di una vista ininterrotta fino al monte Adula, alto 3402 metri, e fino al ghiacciaio di sotto. «La maggior parte delle donne e degli uomini di cui parlo nel mio libro si trova qui ormai», afferma l’autore Fabio Andina indicando le tombe. Dall’espressione che assume mentre lo dice sembra che la cosa sia inquietante per lui. «Spero che siano contenti del mio lavoro.»
Andina ha scritto un romanzo su un’intera schiera di ottantenni e novantenni che, simili a come li ha descritti, esistono o sono esistiti davvero. Per esempio su Emilio, 88 anni, che alla sua prima apparizione nel libro ingoia una lumaca viva avvolta in una foglia d’insalata – a quanto pare il consumo di lumache lo aiuta contro i suoi problemi di stomaco. Su Vittorina, diventata vedova quando il marito, durante la raccolta delle noci, è caduto da un albero rompendosi il collo. Sulla vecchissima Viola, conosciuta in tutta la valle d’alta montagna per le sue doti di massaggiatrice, perché è capace di curare qualsiasi spalla rigida e qualsiasi collo piegato. E sul novantenne Felice, che quasi ogni mattina (in inverno addirittura al buio) si arrampica per centinaia di metri per fare il bagno, nudo, in un gelido torrente di montagna prima del canto del gallo.
Il luogo del bagno nel torrente Gurundin ha dato il nome al romanzo; “La pozza del Felice” è il titolo originale italiano. “Tage mit Felice” [“Giornate con Felice”] è il titolo del libro tradotto in tedesco. È il ritratto di un uomo all’apparenza semplice e abbastanza sorprendente. Un anonimo Io narrante prega il protagonista del titolo di permettergli di accompagnarlo per qualche settimana nei suoi spostamenti nella Valle di Blenio. Quindi il narratore descrive il lavoro di Felice in casa e nel giardino, lo segue in visita dai vicini e dagli amici e annota le conversazioni. Su molti lettori questo rapporto sulla coltivazione della verdura, sui pettegolezzi da villaggio e su un mulo testardo ha un effetto stupefacente. Si sentono rinfrescati come se essi stessi si fossero tuffati in una nicchia rocciosa piena di acqua gelida. Lo scrittore Andina, che finora non aveva fatto molto scalpore, è riuscito a scrivere un romanzo meraviglioso. In Svizzera è già celebrato come sorprendente successo letterario dell’anno, la “Neue Zürcher Zeitung” lo elogia come libro del momento, «liberatorio come poco altro ai nostri giorni». Andina ha 48 anni; “Tage mit Felice” è la sua seconda opera e nelle scorse settimane è stato addirittura temporaneamente esaurito nelle librerie tedesche.
Il libro descrive la condizione di una società fragile che si sfalda in modo impercettibile. Il narratore osserva con trasporto amorevole i rituali con cui l’anziano e tenace Felice fa funzionare la vita di paese di Leontica e con cui, viceversa, la vita di paese tiene in moto lui. Dopo aver terminato il suo bagno mattutino nella pozza d’acqua, per prima cosa Felice scalda la sua casa con la stufa, si prepara un tè d’erbe e passa dalla vicina, Vittorina, per controllare che vada tutto bene. Il vecchio raccoglie cipolle, spinaci o bietole dal suo giardino e scambia il tutto con uova e latte dai contadini del paese. Taglia legna per il fuoco e cuoce la pasta per le due figlie della maestra, che a volte mangiano con lui nella sua cucina. E in molti giorni il novantenne Felice sale nella sua auto ammaccata, un’utilitaria Suzuki, e attraversa scoppiettando Leontica o i paesi dei dintorni, dove effettua qualche piccolo acquisto o, in un bar, chiede a una giovane cameriera la sua opinione sul mondo. A volte il protagonista pronuncia anche massime esistenziali. «Finché si fatica, si va avanti», dice all’incirca. «Quando non si fatica più, amen.» Pur nella sua sensazionale carenza di eventi, tutto ciò si legge come una meditazione serena.
Nel libro di Andina il villaggio di Leontica è un microcosmo vivace e chiassoso in cui vecchi e giovani trafficano nella stalla con le attrezzature per la mungitura e uomini sbevazzanti gridano nel bar del paese. I bambini del paese sembrano attendere il parto della contadina Paolina, ormai visibilmente incinta, mentre ogni tanto dei turisti attraversano il paesaggio per un’escursione o per andare a pesca. Il vero paese di Leontica, al contrario, in un giorno di giugno del 2020 assomiglia a un paese fantasma. Il piccolo alimentari ha chiuso, il punto di raccolta del latte di fianco al municipio è sbarrato, il bar al centro del paese ha un nuovo proprietario da due settimane, ma nessun avventore.
Lo scrittore Andina afferma: «Per paura del coronavirus quest’anno i turisti estivi arriveranno più tardi, ammesso che arrivino.» Le imposte di legno di molte case in paese sono chiuse, ad alcuni balconi sono inchiodati cartelli “vendesi”. Al margine settentrionale del paese si trova una struttura di metallo che brilla d’argento e rosso, la stazione di partenza di una seggiovia, ma questa funziona quasi solo in inverno. Andina stima che quasi due terzi di tutte le case di Leontica siano ormai disabitate, «molti giovani, in particolare quelli con figli, si sono trasferiti nella valle.» Numerose case sono offerte in affitto come case di vacanza.
A casa sua il salotto è privo di mobili e spoglio. Lo scrittore racconta che il figlio di 17 anni, all’ultima visita, è ripartito dopo un paio d’ore, perché trovava il paese troppo deserto, «Io non ho bisogno di molto spazio». Lo studio di Andina è al primo piano, al muro è appeso un poster in bianco e nero del cantante Fabrizio De André, morto nel 1999, nella libreria ci sono libri di Allen Ginsberg, Gregory Corso, Jack Kerouac.
Fabio Andina è cresciuto nei dintorni di Lugano, in una famiglia di ceto medio. La casa a Leontica, in cui oggi vive pressappoco per metà dell’anno, è la casa di vacanza della famiglia da mezzo secolo. Dalla metà degli anni Novanta Andina ha vissuto per un po’ in California. Prima ha studiato l’inglese a San Diego e successivamente sceneggiatura alla Scuola di cinema di San Francisco. Un docente statunitense ha risvegliato il suo interesse per gli scrittori della Beat Generation, tra i quali Kerouac (“Sulla Strada”) è diventato il suo esempio più importante. A un certo punto, a San Francisco Andina ha incontrato anche uno dei sopravvissuti di quel movimento, il poeta beat Lawrence Ferlinghetti.
Ebbe modo di sottoporgli alcune delle sue poesie perché le valutasse. Lo svizzero racconta di aver quasi perso i sensi per il profondo rispetto che provava per quell’uomo che lui definisce un «gigante sacro della letteratura mondiale». Come si suppone che facessero alcuni dei poeti beat, ancora oggi Andina spesso scrive i suoi testi in sessioni infinite e quasi maniacali e senza una rilettura immediata, come se gli fossero dettati da una voce interiore. Questo metodo di scrittura, molto di moda tanto tempo fa, porta il bel nome di “écriture automatique” [scrittura automatica]. «Soltanto dopo, limo il testo per ridurlo all’essenziale», osserva l’autore. Spiega che si impegna sempre a guardare con un occhio da giornalista alle cose e alle persone di cui scrive. «Il mio narratore funziona come una videocamera. Se ha un’opinione la tiene nascosta. Il suo nome e i suoi pensieri non sono importanti.» La vita di paese di cui racconta “Tage mit Felice” non è affatto idilliaca. Come molte persone nel Ticino rurale, anche a Leontica ci sono donne e uomini senza lavoro. Nei salotti e nel bar del paese si consuma alcol in modo esagerato. Il matrimonio della maestra è a pezzi. La crisi climatica minaccia il turismo degli sciatori e, con le frane, addirittura la vita dei paesani. Da sopra il ghiacciaio sull’Adula, il narratore afferma che il riscaldamento globale lo ha condannato «a gettare nel torrente ogni giorno un pezzo di storia, della nostra storia».
Ciononostante, il romanzo di Andina narra di un uomo anziano che fa pace col mondo in montagna – e in ciò somiglia al famoso libro di Max Frisch, anch’esso ambientato nel Ticino, “L’uomo nell’Olocene”, del 1979.
Felice, che ogni mattina fa un bagno gelato in una pozza racchiusa tra le rocce, non si interessa molto di chiesa o religione. «Non conta chi sia malato e chi sano, chi sia bello e chi brutto», dice. «Quando creperemo diventeremo tutti concime.» Non beve alcol e non mangia carne. In tutto il libro diventa di cattivo umore soltanto un’unica volta, quando viene a sapere che uno dei contadini del paese ha ucciso una volpe sparandole. Nei confronti del prossimo, Felice ha una dolcezza e una premura quasi monacali. Allo stesso tempo, egli è un santo abbastanza comico, che a proposito della politica dice che il mondo è governato da «mascalzoni», ma che non lo si può dire perché altrimenti «ci chiamano comunisti».
Che cosa devono imparare gli abitanti di un mondo contemporaneo, tecnologico, complesso e offuscato da minacce, da un novantenne stravagante che alimenta la sua stufa con sterco di mucca secco e che in ogni erba al lato della strada vede un ingrediente per il suo minestrone? Il ticinese artista del vivere, Felice, non ha la presunzione di essere un profeta. Tuttavia, egli stupisce e ammalia le persone con la sua autosufficienza e un fascino nodoso.
Lo scrittore Andina dice di non aver voluto scrivere una parabola, bensì un ritratto di questo (del suo) paese, Leontica. L’omaggio a un uomo che ha conosciuto fin dalla prima infanzia. Nella realtà Felice aveva un altro nome di battesimo e adesso riposa nel cimitero del paese. La fotografia sulla lapide mostra un anziano robusto col sorriso gentile e in camicia azzurra. «Mi ero ripromesso di scrivere un romanzo duro ed estremamente asciutto sulla condizione del mondo», dice Andina. «Ma il calore e la delicatezza di Felice hanno fatto in modo che alla fine sia stato pubblicato un libro del tutto diverso e più dolce.»
Articolo di Wolfgang Höbel / Credits fotografici: NICOLE MASKUS-TRIPPEL/ DER SPIEGEL
Didascalie:
foto 1 – Casa di vacanza della famiglia Andina a Leontica
foto 2 – Lo scrittore Andina nella Valle di Blenio, Svizzera: «Quando creperemo diventeremo tutti concime»
Fabio Andina: »Tage mit Felice«. Tradotto dall’italiano da Karin Diemerling. Rotpunkt.
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