Da Affari&Finanza (La Repubblica) del 18 luglio
La quarta rivoluzione industriale, che ha il suo motore principale ma non unico nelle tecnologie digitali, cambierà le geografie del potere economico e quindi quelle della ricchezza e della capacità di sviluppo. Sta già cambiando le imprese, l’organizzazione del lavoro, il mondo del lavoro. Sappiamo già che almeno per una fase la tecnologia cancella più posti di lavoro di quanti non ne crei e sappiamo anche che molti di quelli che crea non solo richiedono competenze diverse da quelli che distrugge ma hanno anche caratteristiche diverse ancora difficili da definire. Come sarà il mondo domani dipenderà certamente dall’evoluzione tecnologica, ma anche da come i popoli e i politici che li rappresentano sceglieranno e sapranno gestire questa trasformazione. Che non si può evitare: si può solo gestire o subire. I problemi sono complessi e spesso nuovi e sfidano tutti i partiti ma in particolare la sinistra, perchè minano le, concezioni novecentesche sulla produzione, la distribuzione e redistribuzione della ricchezza, il lavoro e i suoi diritti, la tutela degli esclusi, l’equità. Disuguaglianze ed esclusione sono i rischi maggiori di questa fase di transizione e di quello che arriverà dopo; i pilastri sui quali sono stati costruiti il sistema dei diritti del lavoro e il welfare sono allo stesso tempo sfidati dal ciclo economico in atto e fondamentali per contenere l’impatto sociale di questo stesso ciclo. Devono essere però rivisti in profondità, con coraggio e lucidità per essere protagonisti efficaci del XXI secolo e non residui del XX.
di Marco Panara
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