Già nel discorso al mercato di Giugno 2020, il Presidente della Consob Paolo Savona aveva selezionato tre grandi temi contemporaneamente trasformativi dell’economia e innovativi dei modelli conosciuti di benessere sociale. Il primo, legato alla gestione delle crisi globali, si manifesta nel ruolo “salvifico” della politica monetaria rispetto alla stabilità economica; il secondo, legato alla progressiva disintermediazione dell’economia in conseguenza dell’applicazione delle nuove tecnologie ai servizi finanziari; il terzo, legato alla necessità di comprendere il paradigma innovazione-crescita endogena, come evoluto dopo la prima codificazione di Paul Romer, Premio Nobel per l’Economia 2018. Le medesime aree peraltro state identificate quali priorità di riforma dal Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak per il programma Global Britain. Non a caso, proprio l’Uk fronteggia il doppio shock che risulta dalla combinazione di pandemia da Covid-19 e fase finale del negoziato Brexit. E questo forse mostra l’importanza di raccordarsi con il pensiero accademico nell’elaborazione delle politiche di governo. Ma, preso atto delle trasformazioni in corso, tali tematiche necessitano di risposte a breve e a lungo termine. Con la consueta incisività, il Presidente Savona ricorre all’immagine dell’Illuminismo economico, e porta un contributo di chiarezza al dibattito in un saggio (Illuminismo economico. Sapere aude: il riveglio della ragione per uscire dalla crisi, Rubbettino, pp. 136, SBN 978-8849864663, € 14,00) che analizza i rischi presenti e futuri e auspica il risveglio della ragione per tutelare i beni primari di libertà e democrazia. Di questi temi ha discusso con La Voce Repubblicana.
In teoria, il compito di sanare le crisi che comportano nuovi costi per la collettività dovrebbe gravare sulla politica fiscale. Tuttavia la crisi globale del 2008 (causata dal crollo del mercato dei mutui sub-prime) e quella in corso (causata dalla pandemia dal Covid-19) evidenziano l’indispensabilità delle decisioni prese dalle autorità monetarie. La dipendenza dalla politica monetaria venutasi a creare per il buon funzionamento del mercato dei capitali e il sostegno dell’attività reale e del benessere sociale non impone la necessità di disegnare una nuova architettura istituzionale?
È esattamente ciò che vado sostenendo fin dal mio arrivo in Consob e che ho sviluppato nel mio recente lavoro per i tipi della Rubbettino intitolato Illuminismo economico. Sapere aude: il risveglio della ragione per uscire dalla crisi. Le ragioni addotte per studiare e attuare una nuova architettura istituzionale sono in estrema sintesi due: 1. la dipendenza dei valori delle attività finanziarie, inclusi ovviamente quelli che si forma nelle borse valori, dalla politica monetaria e non dai profitti reali crea, una situazione in cui le banche centrali non possono più svolgere le loro funzioni di garantire la stabilità del potere di acquisto della moneta, ove l’inflazione lo richiedesse, senza causare una grave crisi finanziaria; 2. la possibilità per la politica fiscale di trovare finanziamenti a costi bassi, per taluni negativi, che aumentando l’indebitamento pubblico crea una condizione potenziale di crisi finanziaria; se le spese attuate in contropartita sono di tipo assistenziale/protettivo, alterano il funzionamento del mercato del lavoro e dei capitali.
Lei ha identificato le esportazioni e il risparmio privato come i punti di forza dell’economia italiana. Ciò suggerisce che sarebbe necessario avvicinare il risparmio privato all’economia reale, consentendo al primo di rafforzare lo stock di capitale di rischio disponibile per le imprese esportatrici. Le evidenze mostrano che il risparmio italiano rafforza invece le economie estere. In che modo è possibile promuovere la migliore allocazione delle risorse nell’economia?
Nel giugno del 2019, nel mio Discorso al mercato sottolineai che risparmio ed esportazioni erano i due pilastri su cui si sarebbe dovuta basare la ripresa della fiducia indispensabile per convincere i risparmiatori che l’Italia ha la capacità di fare fronte al suo debito pubblico; criticai il comportamento dei media, alimentato dagli warning delle autorità europee e dai giudizi delle società di rating, avanzando la similitudine che i due punti di forza fossero racchiusi in una Caverna di Socrate dove le luci fiocche impedivano di comprendere la loro importanza. Le vicende economiche che sono susseguite alla diffusione del Covid-19 hanno confermato questa mia interpretazione, anche se la politica economica non ha agito in direzione di un stimolo alle esportazioni e di una tutela del risparmio. Il mercato ha mostrato la sua vitalità, anche se alimentato dalle politiche monetarie che ho criticato, ma che considero giuste perché sostitutive di quella fiscale, perché più lenta e vincolata.
Capitolo tecnologia e innovazione. L’Italia non sembra comprendere la portata della rivoluzione in atto. Mentre parti del sistema economico vengono disintermediate, l’orientamento prevalente è verso la conservazione dello “status quo” , potenziando le politiche monetarie, rendendo dipendenti quelle finanziarie e usando le politiche fiscali per aumentare il ruolo dello Stato e ridurre quello del mercato. Non c’è il rischio di perdere la capacità di influenzare la destinazione del risparmio nella competizione globale e perdere ulteriore potere geopolitico?
Il passaggio da una gestione dei risparmi su basi soggettive e insicure a una oggettiva e non alterabile offerta dalle nuove tecnologie fintech (decentrate o blockchain e algoritmi basati sull’intelligenza artificiale o Data Science) è condizione indispensabile, ancorché non sufficiente, per la ripresa economica. Un’attività produttiva continua e fiorente è l’unica vera base di protezione del risparmio. Ripeto, questo pilastro socio-economico si deve rafforzare su un mercato aperto alla concorrenza. È un concetto tra i più ostici da accettare per la cultura assistenziale oggi dominante.
Alla luce di quanto esposto, è evidente che il funzionamento efficiente dei mercati monetari e finanziari richiede misure che non possono non godere del sostegno della legittimità democratica. Da questo punto vista, per quanto ancora è sostenibile un’architettura europea in una forma, quale quella attuale, priva dell’unione politica?
Il problema esistenziale dell’Unione Europea non può essere ricondotto interamente alla legittimità democratica, perché questo assetto sociale non può essere definito negli attuali equilibri geopolitici. Certo la zoppia politica dell’unione (il termine è di Carlo Azeglio Ciampi) aggrava la definizione di un assetto democratico, ma le relazioni internazionali, dopo la caduta del comunismo sovietico, l’ascesa della Cina e il disimpegno degli Stati Uniti, sono diventate più complicate, anzi sono regredite sul piano della cooperazione tra Stati sovrani. Le pressioni interne all’Europa sollecitano la legittimazione democratica delle scelte, ma la politica estera, compresa quella della difesa, seguono itinerari diversi da quelli della democrazia ortodossa, anche perché il gigantismo tecnologico dei paesi leader con il quale l’Europa si confronta abbassa il tasso di democrazia potenziale al quale può ambire l’Unione. Questo è un concetto delicato che richiederebbe ben altro spazio e ben altra preparazione per essere compresa. Perciò sintetizzerei la risposta nella necessità di una realpolitik democratica.
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