Da Il Fatto Quotidiano.it
Ottocento anni di fiera e pacifica indipendenza, 60 chilometri quadrati di territorio, 30mila abitanti, 11 banche, 30 società finanziarie, circa 10mila impiegati nella pubblica amministrazione: questi i numeri eccezionali di San Marino prima del big bang. Perché da quando nel 2008 i due magistrati della Procura della Repubblica di Forlì, Fabio Di Vizio e Marco Forte, hanno scoperchiato il vaso di Pandora della Repubblica “felix”, la vita sul Titano non è stata più la stessa: non più frotte di turisti europei per comprare uno stereo a metà prezzo e a depositare sommette cospicue per evadere il fisco, ma un’infinita e pericolosa transumanza di camorra a riciclare tonnellate di denaro sporco. Crisi e crollo verticale della Svizzera italiana, nel 2009 finita dopo secoli a segnare un passivo di bilancio come una qualunque nazione a vocazione democratica, li raccontano il giornalista Davide Maria De Luca e l’avvocato penalista Davide Grassi in San Marino Spa (edizioni Rubbettino).
“Dopo l’operazione Criminal Minds che ha coinvolto la nota e importante azienda di cancelleria Karnak, è nata l’idea di fare il punto su ciò che in pochi mesi è accaduto a San Marino e che non era mai accaduto in centinaia d’anni”, spiega al fattoquotidiano.it l’avvocato Grassi, “per tanto tempo si è parlato di anticorpi che questo spazio geografico avrebbe avuto contro l’infiltrazione mafiosa, senza guardare ciò che accadeva realmente per evitare di sporcare l’immagine della zona”. Grassi e De Luca mettono così ordine alle vicende giudiziarie del periodo 2008-2013, narrando con chiarezza espositiva e curiosità intellettuale il semplice e devastante intrico della colonizzazione mafiosa del Titano: “Abbiamo raccontato una per una le vicende della camorra, ma anche l’economia malata di una nazione piccolissima che è andata presto in tilt”.
Un meccanismo criminale chiaro come il sole, sotto gli occhi di tutti, che come un domino avvelenato abbatte le certezze millenarie dello stato modello. I clan di Acerra e Forcella, i casalesi di Casal di Principe, la meglio gioventù campana dall’anelito espansionista si piazza sul Titano armi, denari ed estorsioni, e in un batter d’occhio ha in mano decine di imprenditori, appalti, politici e voto di scambio. “Abbiamo pubblicato un estratto del 1983 da una relazione del presidente della Regione Emilia Romagna, Lanfranco Turci, dopo un incontro tenutosi con il ministero degli Interni, Oscar Luigi Scalfaro”, racconta Grassi, “già all’epoca si parlava di problemi seri di ordine pubblico legati alla criminalità organizzata dilagante sulla riviera romagnola: droga, prostituzione, regolamento di conti tra clan, una ramificazione sul territorio dovuta al confino e al soggiorno obbligato di alcuni mafiosi”.
Operazione “Varano”, “Re Nero”, “Criminal Minds”, “Vulcano” e “Vulcano 2”, una sequenza di arresti, sequestro di denaro ed intercettazioni che avrebbe messo k.o. l’economia di uno stato nazione di medie dimensioni, figuriamoci San Marino: “Non c’era nessun controllo, chiunque poteva entrare negli istituti di credito del Titano e depositare cifre dalla provenienza sconosciuta. Tutti sapevano. La classe politica ha consentito che tutto questo avvenisse”.
Dopo tutti gli scandali la società civile ha comunque avuto una reazione positiva: “Come sempre, e come in Italia, forse perché subisce direttamente i danni di una crisi economica ci si mobilita tardi”, continua Grassi, “conosco però molti ragazzi del Movimento Rete che si stanno dando da fare per ricordare ai sanmarinesi queste vicende cruciali. Quando ci sono state le proteste di migliaia di persone per la contestata manovra fiscale del governo hanno perfino letto stralci del nostro libro in piazza”. Le soluzioni per uscire dal pantano non sembrano però così immediate: “La Repubblica di San Marino è piccola, potremmo definirla un paesone, facile che non ci sia serenità d’animo nei magistrati che devono giudicare”, conclude, “Intanto ci vorrebbe una procura antimafia che non hanno, poi una maggiore e vera collaborazione con lo stato italiano e una riforma seria della giustizia”.
Di Davide Turrini
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