In libreria «Una famiglia radicale», l’autobiografia del ministro per le Pari Opportunità
«Riesi, Caltanissetta. È lì che ho vissuto i miei primi anni, affidata ai nonni paterni e a una zia. I miei genitori erano lontani, prima a Bologna, poi nella capitale. A cinque anni mamma e papà hanno deciso di riprendermi con loro. Quando sono arrivata a Roma, ero una piccola siciliana che parlava un italiano vagamente dialettale. Se qualcosa mi stupiva esclamavo “Miiiii!”, che è l’abbreviativo di “mizzica”, dicevo “pinnola” anziché pillola, e parlavo entusiasticamente di Riesi, come fosse il centro dell’universo». E da questo centro di pietre e sole inizia la narrazione di «Una famiglia radicale» (194 pagine, editore Rubbettino), romanzo autobiografico di Eugenia Roccella, da ottobre 2022 Ministra per le Pari Opportunità, la famiglia e la natalità. Pagina dopo pagina il lettore si immerge in quel tempo sospeso e sereno di un’infanzia che resta intatta, resistente nell’animo dell’autrice come un eterno presente in cui trovare rifugio. La parte più intima e privata, con la descrizione della parentela sicula e della vita quotidiana a Riesi, fonde poesia e ironia e sembra di sentire veramente il profumo del caffè che arriva in tutte le stanze la mattina, l’odore del bucato appena stirato e gli effluvi della cucina, affidata all’arte di Peppina, Giuseppina Oltremare, la cuoca trovatella. Sono incontri indimenticabili quelli con la zia Sarina («Nessuna sapeva abbracciare forte come lei e trasmettere tanto violento struggimento per la maternità negata»), con il nonno Eugenio che «per me era il sole in cielo». Queste pagine autobiografiche sono innanzitutto una dichiarazione d’amore filiale a un padre che era Franco Roccella, uno dei fondatori del Partito Radicale Italiano, e una madre, Wanda Raheli, pittrice, femminista; entrambi sono anche il ritratto di un’epoca che cambia, che combatte per i diritti civili, che si schiera con coraggio con chi non aveva avuto voce fino a quel momento. Entriamo anche noi lettori nella sede del Partito Radicale in via di Torre Argentina, «un appartamento vecchio e malandato, piuttosto sporco ma con la porta sempre aperta. Per un certo tempo rimase aperta anche di notte, dando rifugio a un’umanità malconcia e perduta». Incontriamo Marco Pannella con il suo fascino magnetico: «Marco non aveva nulla del sognatore, aveva i piedi ben piantati per terra, era concreto, spregiudicato e pragmatico. Il suo sguardo azzurro non era fisso al cielo ma all’orizzonte». In questa storia dove pubblico e privato sono indivisibili, Eugenia Roccella ci restituisce una realtà italiana difficile ed entusiasmante, piena di passione vera, una passione che lei vive intimamente all’ombra e alla luce di padre e madre, Franco e Wanda, spesso chiamati per nome, e accoglie, accarezza, ama le loro debolezze che in lei diventano forza. Franco «era trasparente e bugiardo, prodigo ed egoista, allegro, vitale e infelice». «Mia madre non è mai stata una madre. Era figlia, ed è rimasta tale fino alla fine». Lui, il giornalista e il politico che per tutta la vita è stato legato alla sua Riesi, l’origine, un’Itaca mai persa, e lei, l’artista raffinata e minuta che amava la vita di città, la discrezione, la bellezza e non il lusso. «Una famiglia radicale» è un viaggio nell’Italia dagli anni Cinquanta agli Ottanta, nelle battaglie sociali che investono il paese e, attraverso i ritratti dei parenti amati, Eugenia Roccella ci fa respirare quel mondo, ce lo fa attraversare anche quando parla di dolori privati come la morte di Franco e il funerale a cui Pannella mancò, o la malattia di Wanda, insieme a lei fino all’ultimo perché «finché mia madre è viva io le tengo la mano».
«Riesi, Caltanissetta. È lì che ho vissuto i miei primi anni, affidata ai nonni paterni e a una zia. I miei genitori erano lontani, prima a Bologna, poi nella capitale. A cinque anni mamma e papà hanno deciso di riprendermi con loro. Quando sono arrivata a Roma, ero una piccola siciliana che parlava un italiano vagamente dialettale. Se qualcosa mi stupiva esclamavo “Miiiii!”, che è l’abbreviativo di “mizzica”, dicevo “pinnola” anziché pillola, e parlavo entusiasticamente di Riesi, come fosse il centro dell’universo». E da questo centro di pietre e sole inizia la narrazione di «Una famiglia radicale» (194 pagine, editore Rubbettino), romanzo autobiografico di Eugenia Roccella, da ottobre 2022 Ministra per le Pari Opportunità, la famiglia e la natalità. Pagina dopo pagina il lettore si immerge in quel tempo sospeso e sereno di un’infanzia che resta intatta, resistente nell’animo dell’autrice come un eterno presente in cui trovare rifugio. La parte più intima e privata, con la descrizione della parentela sicula e della vita quotidiana a Riesi, fonde poesia e ironia e sembra di sentire veramente il profumo del caffè che arriva in tutte le stanze la mattina, l’odore del bucato appena stirato e gli effluvi della cucina, affidata all’arte di Peppina, Giuseppina Oltremare, la cuoca trovatella. Sono incontri indimenticabili quelli con la zia Sarina («Nessuna sapeva abbracciare forte come lei e trasmettere tanto violento struggimento per la maternità negata»), con il nonno Eugenio che «per me era il sole in cielo». Queste pagine autobiografiche sono innanzitutto una dichiarazione d’amore filiale a un padre che era Franco Roccella, uno dei fondatori del Partito Radicale Italiano, e una madre, Wanda Raheli, pittrice, femminista; entrambi sono anche il ritratto di un’epoca che cambia, che combatte per i diritti civili, che si schiera con coraggio con chi non aveva avuto voce fino a quel momento. Entriamo anche noi lettori nella sede del Partito Radicale in via di Torre Argentina, «un appartamento vecchio e malandato, piuttosto sporco ma con la porta sempre aperta. Per un certo tempo rimase aperta anche di notte, dando rifugio a un’umanità malconcia e perduta». Incontriamo Marco Pannella con il suo fascino magnetico: «Marco non aveva nulla del sognatore, aveva i piedi ben piantati per terra, era concreto, spregiudicato e pragmatico. Il suo sguardo azzurro non era fisso al cielo ma all’orizzonte». In questa storia dove pubblico e privato sono indivisibili, Eugenia Roccella ci restituisce una realtà italiana difficile ed entusiasmante, piena di passione vera, una passione che lei vive intimamente all’ombra e alla luce di padre e madre, Franco e Wanda, spesso chiamati per nome, e accoglie, accarezza, ama le loro debolezze che in lei diventano forza. Franco «era trasparente e bugiardo, prodigo ed egoista, allegro, vitale e infelice». «Mia madre non è mai stata una madre. Era figlia, ed è rimasta tale fino alla fine». Lui, il giornalista e il politico che per tutta la vita è stato legato alla sua Riesi, l’origine, un’Itaca mai persa, e lei, l’artista raffinata e minuta che amava la vita di città, la discrezione, la bellezza e non il lusso. «Una famiglia radicale» è un viaggio nell’Italia dagli anni Cinquanta agli Ottanta, nelle battaglie sociali che investono il paese e, attraverso i ritratti dei parenti amati, Eugenia Roccella ci fa respirare quel mondo, ce lo fa attraversare anche quando parla di dolori privati come la morte di Franco e il funerale a cui Pannella mancò, o la malattia di Wanda, insieme a lei fino all’ultimo perché «finché mia madre è viva io le tengo la mano».