«Ai partiti del centrodestra consiglierei ancora adesso, a meno di due settimane dal voto, di cambiare strada e dire apertamente di essere per il No al referendum. Accompagnando la presa di posizione con la promessa di inserire una riforma del Parlamento in un disegno più ampio e sensato». Di ragioni per votare No al prossimo referendum il deputato di Forza Italia Simone Baldelli ne può indicare moltissime, ha addirittura scritto un libro a riguardo, pubblicato a fine luglio: “Il coraggio di dire no al taglio della nostra democrazia” (Rubbettino editore).
Ma insiste sull’idea che i partiti di centrodestra doverebbero rigettare il «progetto dell’antipolitica» e lavorare sulle loro proposte – come il presidenzialismo, ad esempio – in vista di una futura stagione di governo.
Per questo oggi Baldelli è tra i parlamentari in prima fila per il fronte del No. A fine agosto aveva anche postato un video sulle sue pagine Facebook, Twitter e Instagram in cui lanciava il suo appello andando in kitesurf, «per far capire che il vento è cambiato».
Onorevole Baldelli, può spiegare le sue ragioni per il No?
La riforma è un progetto di disarticolazione della nostra democrazia, che appare chiaro nella frase di Luigi Di Maio “vogliamo fare le leggi senza i politici”, come se lui non fosse un politico di professione. Una frase che definirei pericolosa e che rappresenta il controsenso dell’antipolitica. E l’antipolitica può far danni quando è al governo, figuriamoci quanti ne può fare quando gli si permette di mettere le mani sulla nostra Costituzione. Sintetizzando le ragioni per i No: i cittadini chiedono una rappresentanza migliore, ma questa non-riforma offre una risposta rinunciataria e sbagliata alla loro esigenza: non permette di essere rappresentati meglio, ma meno. Poi provano a raccontarcela dicendo che la riforma migliorerà la qualità dei parlamentari e il funzionamento delle camere. Ma cosa possa migliorare tagliando la democrazia non ce l’hanno mai spiegato.
Almeno, conti alla mano, si risparmia qualcosa con questa riforma.
Il risparmio annuale non serve neanche a coprire la metà del bonus monopattini. E io preferisco il bonus democrazia al bonus monopattini. Anzi, vorrei impedire a Di Maio, Toninelli e compagnia di festeggiare da Palazzo Chigi l’abolizione della democrazia, che a differenza dell’abolizione della povertà, in parte sarebbe vera.
Intanto i partiti del centrodestra sono schierati ufficialmente per il Sì.
Ai partiti del centrodestra suggerisco ancora oggi di scegliere la strada del No, per impedire la vittoria dell’antipolitica. Consideriamo che è una proposta spinta dal vertice dei Cinquestelle, che è stata messa al primo punto dell’accordo del governo di Zingaretti, Di Maio e Renzi. Il centrodestra farebbe bene a votare No, impegnandosi però a riprendere il tema nell’ambito di una proposta seria e completa sul presidenzialismo o sul premierato se vincerà le elezioni. In un Paese in cui un cittadino sceglie il proprio sindaco e il proprio presidente della Regione, non vedo perché a Palazzo Chigi ci deve andare un avvocato o un professore universitario che non si è mai candidato nemmeno al consiglio di zona.
Ha citato l’accordo di Governo: adesso anche il Partito democratico è ufficialmente per il Sì.
Confido negli elettori del Partito democratico. Quelli che votavano per il Partito democratico quando presentava la pregiudiziale alla proposta dei Cinquestelle. Quando dicevano che era uno spot elettorale per i grillini.
Ridurre il numero dei parlamentari è sempre una proposta antidemocratica?
Di per sé non comporta un miglioramento del Parlamento. Se decidi di passare da due camere a una, puoi immaginare che il numero si riduca. Ma anche il superamento del bicameralismo paritario può avere diverse soluzioni. Soluzioni che non sono oggetto di questa riforma. Non sono nella testa di Grillo, che patla di patlamentari sorteggiati, o di Casaleggio, che dice che il parlamento va superato. I grillini parlano di snellire il Parlamento, di renderlo più agile, ma a questo punto potevano metterci i banchi a rotelle che a loro piacciono tanto.
C’è poca attenzione verso questo referendum, da parte dei cittadini?
È stata fatta una porcheria con l’abbinamento del referendum alle elezioni regionali e amministrative, con due campagne elettorali parallele, svolte peraltro ad agosto. Al punto che oggi molti cittadini alla domanda su cosa voterebbero al referendum del 20 e 21 di settembre rispondono “quale referendum?”. Di Maio dice che gli italiani attendono da anni il taglio dei parlamentari. Io lo inviterei ad andare nel mio collegio elettorale nelle Marche a chiedere loro cosa aspettano da anni. La risposta è che aspettano qualcuno che ricostruisca le case dustrutte dal terremoto, non il taglio della democrazia.
Sulle intenzioni di voto si nota una differenza tra i sondaggi, che danno una vittoria netta per il Sì, e la propaganda per il No, anche quella dei social, che farebbe pensare a un esito diverso. Come andrà a finire?
Io sui social vedo una marea montante dietro l’hashtag #IovotoNo. E non è una marea di politici che difendono la poltrona, ma di cittadini, professionisti, disoccupati, studenti. Cittadini che difendono il loro diritto ad essere rappresentati adeguatamente. Mentre non ci sono battaglie per il Sì, perché tutti sanno che è una battaglia solo del Movimento cinque stelle, e in pochi oggi vogliono tirare acqua al loro mulino. Tra l’altro non sono nemmeno uniti su questo: finalmente qualcuno tra i grillini, a partire dall’onorevole Colletti, si rende conto che è una riforma troppo sbagliata.
Perché ha scelto di pubblicare un libro per accompagnare la campagna per il No?
Per raccontare che questa campagna per il No è nata in Parlamento da una battaglia quasi solitaria, fatta all’inizio insieme al Partito democratico e pochi altri. E alla fine anche senza i dem, solo con i pochi altri. Ma aveva la forza di avere ragione, di essere dalla parte giusta. E quando si è dalla parte giusta inevitabilmente si finisce per avere consenso, come vediamo adesso con la marea montante per il No.
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