Il libro di Anna Ascani Senza Maestri (Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 2019) non parla prioritariamente di politica scolastica, come potrebbero far pensare il suo attuale impegno in qualità di viceministro al Ministero della pubblica istruzione e quello, risalente alla scorsa legislatura, di parlamentare in prima linea nel sostegno della Buona Scuola.
Spiega di più il sottotitolo, Storie di una generazione fragile, perché l’aspetto più originale e coinvolgente di questo lavoro è costituito dalle cinque (anzi sei, perché l’autrice parla anche di se stessa) testimonianze di vita di altrettanti Millennials che hanno avuto successo malgrado – o piuttosto grazie a, come sostiene Ascani – la strutturale fragilità della loro generazione che è nata «dopo la caduta degli dèi», scrive l’autrice, «dopo la caduta dei muri, delle ideologie, dei grandi partiti di massa, dopo le brigate rosse, dopo il terrorismo nero. Siamo nati dopo. E senza maestri che ci aiutassero a orientarci. Ci hanno invece sommerso di racconti nostalgici sul ‘prima’, su quali fossero le grandi correnti aggreganti, su come fosse bella l’infanzia senza la televisione, l’adolescenza senza il computer, la giovinezza senza Facebook. Siamo nati-dopo, noi. Ci hanno definito bamboccioni, choosy, annoiati, sfaticati, sdraiati. E invece siamo semplicemente fragili, una generazione-Sisifo, anche se spesso ce ne vergogniamo».
E invece, argomenta Ascani, non bisogna affatto vergognarsi di provare e riprovare a spingere il masso in cima alla montagna: «anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo: bisogna immaginare Sisifo felice», come aveva affermato Albert Camus, un suo autore di riferimento. La consapevolezza della fragilità ha spinto i cinque Millennials, e lei stessa, a combattere in campo aperto. In modo diverso hanno vinto la loro battaglia Gaia, 35 anni, giornalista del New York Times, Agnese, 30 anni, fisica teorica, Andrea, 24 anni, autodidatta esperto di sicurezza informatica, Gaia, 26 anni, insegnante tecnico-pratica vincitrice del concorso a 21, due anni dopo la maturità, e infine Fabio, 30 anni, fashion blogger.
Alcuni di questi personaggi sono stati studenti brillanti, altri no, ma hanno saputo intercettare lo spirito del tempo, le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dalle nuove professioni, dalla apertura delle frontiere. Comunque il ruolo della scuola, di una nuova scuola aperta al mondo e all’innovazione digitale, resta per Ascani fondamentale. Ecco come lo dice: «Nel tempo del diritto alla fragilità, la scuola non dovrà più essere una parentesi della nostra esistenza, nella quale ci si prepara a essere performanti per il mercato del lavoro. La scuola deve diventare il luogo più importante delle nostre città e delle nostre periferie: il centro della vita di una comunità, che si continua ad abitare lungo tutto il corso della vita. Dove ci sono maestri veri che fanno da guida e rifugio, che favoriscono l’integrazione di culture differenti, che ci insegnano a condividere gli spazi, a sentirci più arcipelago e meno isole». (ON)
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