Da Il Giornale del 21 gennaio
Tra gli insulti più frequenti rivolti soprattutto dalla sinistra alla destra, ma anche viceversa, v’è quello di essere populisti. Tuttavia non si riesce bene a capire cosa veramente si voglia intendere con questo termine, dal momento che esso si presenta assai vago e ambiguo. Generalmente possono essere definiti populisti coloro che pongono come principio ispiratore della propria azione il popolo, inteso come un soggetto socio-culturale omogeneo e come vero depositario virtuoso dei valori supremi della convivenza civile. Ma concepito in questo modo, il popolo non esiste, anzi non è mai esistito.
Due libri, Il populismo tra storia, politica e diritto, a cura di Raffaele Chiarelli (Rubbettino, pagg. 402, euro 19) e Italia populista. Dal qualunquismo a Beppe Grillo, di Marco Tarchi (Il Mulino, pagg. 379, euro 20) affrontano il tema. Il libro curato da Chiarelli è una ricognizione ad ampio raggio che prende in esame i rapporti tra lo stesso populismo, la democrazia e le culture politiche, di destra o di sinistra. Il giudizio complessivo si può riassumere nell’idea che il populismo sia una realtà irriducibile della vita politica, destinata, in quanto connessa alla demagogia, a ripetersi in continuazione, sia pure in forme diverse e sotto tutte le latitudini. Il libro di Marco Tarchi prende invece in esame soltanto il caso italiano e, come recita il titolo, è una ricognizione generale di tutte quelle forze politiche che, a giudizio dell’autore, hanno presentato dal secondo dopoguerra ad oggi segni evidenti di una fenomenologia populista. Quasi sempre ognuna di esse è stata rappresentata da specifici personaggi: il qualunquista Guglielmo Giannini, il monarchico Achille Lauro, il radicale Marco Pannella, il Picconatore Francesco Cossiga, il leghista Umberto Bossi, l’antipolitico Silvio Berlusconi, l’ex comico Beppe Grillo. Nella lista non mancano infine Antonio Di Pietro e i girotondini.
L’affresco storico e politico di Tarchi è di notevole spessore. Anche Tarchi, però, non scioglie le perplessità sulla opinabilità del concetto di populismo. Proprio la sua ricostruzione porta a concludere che si deve intendere per populismo tutto ciò che non rientra nei termini di un’azione politica rigorosamente fedele alla procedura liberal-democratica. In tal caso andrebbero indicati come populisti tutti coloro che si mostrano insofferenti delle mediazioni istituzionali. Allora perché non dedicare un apposito capitolo anche a Togliatti e a Nenni? È vero che questi due leader non si richiamavano al popolo, bensì alla classe operaia e al proletariato, ma anch’essi hanno espresso la loro insofferenza verso la prassi della democrazia.
di Giampietro Berti
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