Da Il Messaggero del 12 gennaio
Roma «Se è vero che i messaggi del giovane Renzi sono semplici, degli slogan, è pur vero che sono efficaci» anche perché lui «mette in gioco se stesso, dicendo: “se non mando a casa i senatori, me ne vado io, smetto di fare politica”. Somiglia a quel genio della politica e dell’impresa che nel 2001 propose agli italiani un patto, un contratto con gli italiani; lo siglò da Vespa davanti a un notaio e disse: “se non realizzo questi punti me ne vado”». Sono innumerevoli i tentativi portati avanti da Verdini per convincere Berlusconi ad intestarsi il percorso delle riforme. «Possiamo smentirlo – argomentava -, e non fargli fare niente…. Dobbiamo però essere consapevoli che Renzi non avrà difficoltà a rivolgersi agli italiani e a distribuire le colpe. Siamo sicuri che questa sia la strada giusta?».
IL DIARIO
Due anni di appelli, inviti, preghiere al leader azzurro affinché non venga meno agli impegni e accetti di diventare «il padre Costituente della Patria». Report su report. Tutti contenuti nel libro di Massimo Parisi, uno dei fedelissimi dell’allora coordinatore di FI. Il Patto del Nazareno (edito da Rubbettino, sarà lo stesso Renzi a presentarlo a Roma lunedì 18) è un vero e proprio diario della trattativa tra Berlusconi e Renzi sulla legge elettorale e il ddl Boschi, ma soprattutto il resoconto dell’opera ostinata di Verdini per tenere in piedi il percorso delle riforme. Non mancano certo momenti di sconforto: «Non possiamo permettere a questo ragazzotto di fare il bello e cattivo tempo. Non può permettersi di mancare la parola con il presidente Berlusconi. Scriviamo subito un comunicato dove chiariamo che per sua responsabilità, il patto salta», sbotta ad un certo punto Denis. Ma il regista del famoso incontro tenutosi il 18 gennaio 2014 nella sede del Pd alla fine dimostra di essere l’unico a difendere con tutta la sua forza l’Italicum e le modifiche costituzionali. «Nonostante tutto, le concessioni già fatte, e solo nell’interesse del Paese, ti diciamo un altro sì – è il messaggio che invia a Renzi all’indomani di una correzione al testo sul nuovo Senato -. Ma solo perché le riforme le vogliamo anche noi, e forse noi prima di tutti».
IL CARISMA
L’iter del ddl Boschi è legato a questa storia dell’abbraccio di Verdini a Renzi (ma il primo a convertirsi è suo figlio Tommaso). «Una conversione laica», la definisce Verdini che passa dal «Renzi quaquaraquà» con i suoi discorsi «alla supercazzola che il conte Mascetti – alias Ugo Tognazzi – faceva in Amici miei» a designarne proprio l’erede del Cavaliere: «Il carisma o si ha o no. Berlusconi ce l’ha. E ce l’ha pure Renzi. È una dote naturale. Non la si compra in farmacia o al supermercato». Renzi, «lo specialista degli slalom», l’uomo di Firenze dove «dominano i comici i Benigni, i Panariello, i Pieraccioni», diventa in poco tempo il Renzi che «fa lievitare i suoi consensi perché è Renzi». Ma il politico toscano, tra gli argomenti che usa per persuadere il Cavaliere a non sfilarsi, parte dall’analisi di FI. Un partito «allo sfascio», fatto di «nani e ballerine», con «volti nuovi senza un neurone», pieno di «circoli e club che non esistono». «Si può forse buttare all’aria il cammino delle riforme, si può forse mettere in difficoltà – per qualche giorno – Renzi e il suo governo, ma poi – sbotta Verdini il 7 aprile del 2014 – ci ritroveremmo senza un’identità, senza una linea da seguire e in definitiva potremmo anche rimanere senza i voti».
Verdini, che era contrario sia alla nascita del governo Monti che dell’esecutivo Letta, contesta a più riprese le colpe che «il cerchio tragico» gli addebita: «Si dice – si sfoga a maggio – che ho interessi con l’avversario invece di dire che non mollo mai, che sto lavorando per te». E ancora: «Ti sei rinchiuso in un castello incantato. Vuoi restare in una splendida solitudine?». Non si capacita l’ex coordinatore di FI dei tira e molla di un partito lontano dai fasti di un tempo. «Sono diventato – scrive in un altro promemoria – colomba, ma solo perché per essere falchi bisogna avere becco adunco e artigli possenti. Li abbiamo ora come ora? Quando avevamo le pistole cariche non le abbiamo usate, ora che, come si dice in Toscana, abbiamo una pistola schizza acqua, vorremmo far paura a chi ha il cannone!».
di Emilio Pucci
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