Catanzaro come non si è più vista, in pieno fermento politico e, soprattutto, sportivo. Al centro un ragazzo che comincia a fare le prime esperienze di autonomia e amore libero. Sogna di fare il musicista.
Siamo alla fine degli anni ’70 e la Rivoluzione, appena cominciata, sembra portare con sé un vento nuovo, carico di speranza. Un’intera comunità, fino a quel momento dormiente, sempre ai margini del clamore nazionale, trova il suo momento di riscatto grazie ad un idolo: Massimeddu Palanca, meglio noto come piedino di fata (perché calzava il 37), che diventa il piccolo Mao Tze Tung del tiro a effetto, l’ala sinistra di sinistra, il leader capace di far sognare. Soprattutto il protagonista, immerso in un flusso travolgente, fatto di amore e impegno politico. Fino a quando qualcosa si inceppa.
Parabola e metafora di una città, di una generazione o della sinistra italiana? Ognuno può fantasticare come vuole, leggendo il nuovo libro, surreale, ironico e divertente, pubblicato di recente da Rubbettino, intitolato Tredici gol dalla bandierina, dell’antropologo calabrese, Ettore Castagna, che si affretta a dire: “Di sicuro non è un’operazione nostalgia. La nostalgia presenta i suoi pericoli. Mi sono sempre trovato d’accordo con Herbert e Ransom quando dicono che grazie alla nostalgia gli uomini desiderano cose che non sono mai state, che un bel ricordo è tutto ciò che resta e che attraverso le generazioni i bei ricordi tendono a cancellare la realtà di ciò che esiste, arrivando a distillare solo i desideri. Ma ritengo che la nostalgia presenti i suoi pericoli: trasforma le cose, cambia le luci e le emozioni vissute realmente. E poi come potrebbe fare un’operazione nostalgia un avversario della nostalgia come me? Nelle mie intenzioni, e spero, nel mio lavoro di scrittura ha prevalso la spinta a trovare e rappresentare il sogno. Il sogno di una generazione, una collettività, un gruppo di ragazzi di una provincia marginale e profonda che vuole sentirsi un po’ centro del mondo. Erano anni di grande trasformazione che oggi appaiono lontani per linguaggi, intenzioni, modalità di incontro. A suo modo una generazione visse la “Rivoluzione” da Sud, secondo le proprie corde e le proprie capacità. Tutto poi ha un inizio e una fine, compresi i sogni individuali e collettivi. Così toccò pure a quei ragazzi di Catanzaro.
Che nel frattempo è tornata nel suo letargo.
Non so se Catanzaro possa considerarsi dormiente rispetto ad allora o solo diversa. Penso che forse la città dovrebbe avere una maggiore attenzione nei confronti del proprio presente in modo critico, ma anche nei confronti del passato prossimo e remoto. Pensiamo a quanto hanno inciso i movimenti femministi in quel periodo. I costumi sono cambiati. Vi fu una netta frattura generazionale. Catanzaro e la Calabria non sono più quelle di una cinquantina di anni fa. Il fatto, poi, che oggi il femminismo sia quasi sparito dai ricordi non significa che la sua incisività di allora non abbia lasciato dei frutti nella società calabrese. Alcuni aspetti di quella fase andrebbero salvati.
Concentriamoci sul mito: Massimo Palanca. Il re del Catanzaro. Cosa è rimasto del bomber baffuto nella sua città e cosa Catanzaro avrebbe dovuto sfruttare di quella stagione?
Palanca fu un fenomeno di lunga durata che ha lasciato un ricordo culturale ed affettivo molto forte. Ancora oggi dopo anni e anni la sua figura è molto amata in città. Era l’eroe della gente comune, il ragazzo normale in grado di fare cose straordinarie. Il suo stile da antieroe ne ha fatto un eroe. E per me è un personaggio letterario. Ma sono passati quattro decenni. Tempi ormai lontani. Restano vicini per chi ha piacere di ricordare e per chi accoglie la tenerezza della memoria verso chi ha cercato di essere diverso e ci ha provato con tutte le sue forze.
Palanca ha letto il suo libro?
Sì ed ha espresso pubblicamente il suo apprezzamento. Cosa che per me è un motivo di orgoglio.
Il protagonista del libro, Vito Librandi – suo alter ego – immagina di confessare a Palanca le sue delusioni amorose, ma soprattutto le sue speranze in politica. Ettore Castagna, nel frattempo, ha trovato altri Palanca in politica a cui affidare i propri sogni?
Macché. La destra politica ha oggi i suoi idoli e i suoi eroi. Idoli ed eroi mancano, invece, alla sinistra. E con loro la capacità di sognare. Forse a furia di imitare conservatori, liberali e liberisti la sinistra è diventata grigia, monotona, senza più speranze. Chissà ricordare le vecchie voglie di rivoluzione potrebbe far scoccare qualche scintilla. Ci spero. Non ho modelli da proporre poiché non sono né un politico, né un sociologo, né un filosofo. Osservo solo che mortificando i valori di cambiamento, la sinistra sembra scomparsa. Quando parlo di rivoluzione intendo quella volontà di cambiare lo stato delle cose presente. Reinventare sogni che abbiamo smesso di praticare, demonizzando ogni radicalismo e consegnandolo ad uso esclusivo di fascisti e populisti. Per ora non intravedo né eroi, né antieroi. Vorrei prima vedere idee.
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