Sarebbe dovuta nascere in Calabria “Garibaldipoli”, la città di Garibaldi, da fondare in onore dell’Eroe dei due mondi. La vicenda, del tutto sconosciuta – anche perché l’idea non si realizzò – è ricostruita attraverso documenti e accurate ricerche dallo storico Giuseppe Monsagrati nel volume “Garibaldipoli e altre storie di terra e di mare” (Rubbettino editore, pagine 98 euro 13).
Non doveva essere una metropoli ma un piccolo moderno centro urbano, con annessa stazione termale, che, in sostanza, nel progetto, allargava i confini della già esistente, in Calabria, cittadina di Galatro: un centro storico che si trova alla confluenza dei fiumi Fermano e Metramo. La storia della Garibaldipoli mancata, ha un certo che di rocambolesco, e fa parte di quegli episodi rimasti poco noti dell’Italia post-unitaria; di quando il Sud che sembrava doversi proiettare verso il Mediterraneo, cominciò a registrare i primi tradimenti dello stato, trovandosi, pure, al centro di avventure e speculazioni affaristiche. Ideatore dell’iniziativa, fu infatti un personaggio equivoco, dai tratti pirandelliani, che aveva l’unico merito di essere stato al fianco di Garibaldi, nella prima campagna siciliana, come “fornitore della spedizione del 1860” (in questa maniera è citato nell’Epistolario di Giuseppe Garibaldi).
Il nome, dell’ideatore di “Garibaldipoli”, è Luigi Del Negri: un commerciante genovese che in futuro sarà definito dalle cronache avventuriero senza capitali e artefice di opere non realizzate, da cui aleggerà il sospetto di una vocazione truffaldina. Ma prima di seguire gli sviluppi di questa vicenda conviene chiedersi – come fa l’autore del libro – come De Negri fosse entrato in contatto con Galatro, fino ad immaginarne la trasformazione, urbanistica e del nome, in Garibaldipoli. E’ probabile che il nome di Galatro sia spuntato dalle frequentazioni del “personaggio” Del Negri con una rappresentate della democrazia galatrese incontrato a Napoli e presentato come figlio “di una patria di ardenti giacobini”, com’era considerata Galatro, paese di Nicola Garigliano, studente di medicina che aveva preso parte al moto napoletano del 15 luglio che aveva preceduto l’arrivo di Garibaldi nella città partenopea. Come siano andate realmente le cose non si sa (altre ricerche sono in corso) ma di fatto risulta che il Consiglio comunale di Galatro il 26 aprile 1862 votò all’unanimità una delibera che autorizzava la fondazione di Garibaldipoli, intravedendone le potenzialità di sviluppo del territorio, oltre che le ricadute del grande onore per essere stato prescelto come sito per rendere onore a Giuseppe Garibaldi. Si disse che Galatro meritava di essere scelta anche per la sua storia antica di “colonia Locrese” e si progettò la mappa della futura città informandone pure il generalissimo. Non c’è notizia di risposta di Garibaldi alle imbarazzanti pressioni degli ideatori di Garibaldipoli ma il progetto andò avanti fino al momento – cruciale – del reperimento dei fondi per costruire la nuova città che doveva esaltare i tratti più memorabili della epopea garibaldina: erano stati previsti il quartiere Marsala, il quartiere Milazzo, il quartiere Magenta e il quartiere Solferino, e poi la prefettura, il municipio, la cattedrale, quattro chiese e il carcere. Il sogno svanì quando buona parte dei soci fondatori del progetto si tirò indietro e Garibaldi, per il quale, soprattutto dopo l’Aspromonte, era epoca di riconoscimenti pubblici, non ebbe una città col suo nome. Si consolò, comunque, quando ebbe notizia che un piccolo comune della Sicilia, aveva deciso di chiamarsi Nizza di Sicilia, in onore della sua città natale che tre anni prima Napoleone III aveva sottratta a lui e all’Italia.
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