In questi primi giorni di primavera sto assistendo ad un acceso dibattito pubblico intorno al progetto di “rifunzionalizzazione” delle strutture di epoca bellica presenti a Punta Giglio, all’interno dell’area del Parco Naturale Regionale di Porto Conte (attenzione al significato della parola rifunzionalizzazione, perché è proprio con la scelta di una parola anziché di un’altra che si dà avvio all’opera di stravolgimento della realtà). Ho avuto modo di leggere molteplici opinioni e punti di vista circa la migliore destinazione d’uso da assegnare alle strutture della ex Batteria “S.R. 413”. Una vecchia installazione militare costituita da più manufatti realizzata in pietra locale, malta e calcestruzzo a cavallo delle due guerre dalla Regia Marina e assegnata alle dipendenze della 204ª Divisione Costiera durante l’ultima guerra mondiale. Stiamo parlando dunque a tutti gli effetti di un monumento storico militare – così lo classifica la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro nella sua relazione storico artistica – presente in un luogo naturale di stupefacente ed irresistibile bellezza. Un luogo di sublime sacralità.
Credo che se oggi siamo arrivati al punto in cui ci troviamo, ovvero al progetto esecutivo di rifunzionalizzazione della Ex Batteria anti nave per farne un mini albergo da parte di una cooperativa di Milano – dove ora c’è un monumento storico-militare la cui distanza da una delle falesie più belle d’Italia è inferiore a cento metri – è anche a causa di un approccio ai beni ambientali e paesaggistici culturalmente rozzo, accompagnato da un linguaggio volgare, consumistico, con il quale anche importanti figure istituzionali dei governi nazionale e regionale hanno parlato e parlano delle nostre immense bellezze naturali. Sarà capitato anche a voi di sentire questi illustri esponenti definire le bellezze del nostro Paese come il “nostro petrolio”, “le nostre miniere d’oro”, le “nostre risorse naturali”. E’ logico pensare che tali definizioni implichino una visione dello sviluppo economico prettamente predatoria ed esasperatamente consumistica. Si intende “sfruttare” i beni paesaggistici e ambientali proprio come fossero dei giacimenti petroliferi o aurei. E questo è il risultato: si prende un bene comunitario, fortemente identitario, con un importante sedimentato storico culturale per la comunità algherese, ma non solo per essa, dentro un’area ZPS (Zona di protezione speciale) e SIC (Siti di importanza comunitaria) per ricavarne reddito, con la scusa della rifunzionalizzazione ai fini della valorizzazione del manufatto. Ma coloro che hanno disegnato il bando, da una parte, e coloro che lo hanno vinto, dall’altra, per la cosiddetta rifunzionalizzazione della ex Batteria “S.R. 413” di Punta Giglio, con tutto ciò che tale operazione implica sull’equilibrio naturalistico del luogo, si sono chiesti cosa cerchi realmente colui che si attrezza con scarpe da trekking, zaino con panini e scorta d’acqua quando decide di immergersi nella natura? Probabilmente, no. Altrimenti avrebbero saputo che l’amante della natura cerca il silenzio, adora il canto degli uccelli e lo stormire delle foglie accarezzate dal vento, che è rapito dallo stupore che passo dopo passo la bellezza della natura gli suscita. Non sono necessarie infrastrutture di sorta, né mini alberghi né “punti ristoro” né piscine per vivere l’esperienza del cammino nella natura e l’emozione unica che il solo pensiero di raggiungere la meta del viaggio ti procura. La possibilità che alla fine del cammino, lassù, a Punta Giglio, possa esserci stabilmente una presenza umana, mi evoca l’immagine di una natura addomesticata, non più selvaggia, aspra, autentica. Sarebbe come vedere un leone in gabbia dopo averlo ammirato in tutta la sua maestosa eleganza nella savana. Significherebbe violare per sempre lo spirito del luogo.
Siamo davvero disposti, in qualità di individui che costituiscono la comunità degli amanti della natura e del bello che con essa ci è stato donato, ad accettare la mercificazione del silenzio, la privatizzazione delle emozioni, la fine di quella ricercata solitudine che a Punta Giglio, da generazioni, abbiamo sempre trovato?
In Elogio dello stupore, estetica, etica, sacralità della natura, ed. Rubbettino Francesco Bevilacqua scrive che “l’andare in natura, lo stupirsi dinanzi ad essa non è solo evadere dalla realtà artefatta delle città. È anche riconoscere la più vasta complessità del creato, è scorgere il labile filo che lega il nostro personale destino a quello del mondo, è insomma una ricerca di senso, un lento procedere verso e dentro noi stessi”.
Ecco, credo anch’io che sia così. Non tutti i luoghi possono essere invasi dall’egoismo umano. Non abbiamo il diritto, in quanto specie dominante, di invadere angoli di creato che sono casa di altre specie animali, come Punta Giglio; spazi ancora integri, dominati dalla quiete e dal silenzio rotti solo dal garrito dei gabbiani e dai suoni dell’avifauna stanziale.
Altre Rassegne
- Glistatigenerali.com 2021.03.29
PUNTA GIGLIO, ALGHERO: NON SI “RIFUNZIONALIZZA” LA NATURA
di Francesco Donnini