Lamezia Terme – Un’opera di grande impatto sociale quella presentata presso la chiesa di Santa Maria Maggiore, ad una comunità silenziosa e partecipe che si è riunita attorno a don Marco Mastroianni, giovane sacerdote ma anche parrocchiano, autore del libro “Chiesa e Mafie. Quale condanna?”, edito da Rubbettino. Un titolo forte nel quale si coagula tutta l’esperienza di studio del Diritto Canonico, recente e appassionante, che don Mastroianni ha voluto finalizzare alla presentazione di un tema legato alla sua terra d’origine, un tema difficile ma necessario, affrontato comunque con “parole semplici e comprensibili da tutti”, come sottolineato dal magistrato Marisa Manzini, autrice della postfazione. Accanto a lei come relatore d’eccezione il Vescovo Monsignor Schillaci, introdotto nel suo intervento dai saluti del parroco don Leonardo Diaco e dalla moderatrice, la giornalista Maria Scaramuzzino.
Attualmente Nunzio Apostolico per la Tanzania, don Mastroianni è partito dalla visita in Calabria di Papa Francesco con la celebrazione a Sibari il 21 giugno 2014 dove è stata pronunciato un termine destinato a rimanere storico contro gli affiliati alle mafie: il termine giuridico “scomunica”. Questo termine ha fatto eco ad un altro grido, quello levato nel 1993 da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, dopo l’incontro con i genitori di Rosario Livatino, ricordato più volte da Monsignor Schillaci: “Convertitevi”. Una posizione oggi netta, dopo anni in cui la sensibilità della Chiesa non era ancora matura, e se pure gli appelli non mancarono la parola “mafia” era ancora lungi dall’essere pronunciata apertamente, di fronte ad una criminalità organizzata che si mascherava di una religiosità ostentata, usata dai mafiosi “per dimostrare di essere persone rispettabili”, dice don Mastroianni, “ma oggi la Chiesa non può esimersi dal dire qualcosa, appunto perché queste persone non sono lontane dalle nostre comunità. Serve un appello alle coscienze, perché non c’è nessuna coscienza che fino alla fine non possa redimersi”.
“La voce di Papa Francesco – aggiunge Marisa Manzini – ha consentito a tutti di comprendere, forse soprattutto ai sacerdoti, che era il momento di prendere una posizione netta. Stato e Chiesa devono potersi incontrare su questi temi per combattere la cultura criminale. Perché il fenomeno non riguarda solo i fatti di reato ma riguarda in modo ampio la vita delle persone, la mentalità e la cultura. I mafiosi sono una minoranza che agisce quando gli altri non hanno il senso d’appartenenza sociale necessario che ci spinge a fare la nostra parte isolando chi ha un credo che non può essere il nostro. Perché non rispetta la dignità degli altri”. Si sofferma sugli spiragli di salvezza e sulla conversione delle coscienze Monsignor Schillaci: “La parola “Convertitevi” non può essere estranea al cristiano perché è una parola del Vangelo. E’ Un appello che il credente deve sentire, per cambiare visione e dirigere le sue scelte di conseguenza. Il Vangelo non è un fatto astratto ma si deve incarnare, guardare la realtà. E se la realtà presenta determinati fenomeni non possiamo girarci dall’altra parte ma dobbiamo combattere l’indifferenza. Un cristiano non può tenersi fuori”. Schillaci cita anche il testo ultimo della Conferenza Episcopale Calabra e la Fratelli tutti di Papa Francesco, e se pure il termine “scomunica” pronunciato dal Papa sembra non avere ancora valore giuridico, secondo le ricerche di don Mastroianni, il suo libro dimostra che la Chiesa è ad un giro di boa che la vede ormai in prima linea contro le organizzazioni mafiose.