Si è scontrato prima col padre fascista, poi con i professori universitari, infine con la Germania. Ma ha stretto amicizia con tutti. Compreso Gianni Agnelli, con cui andava all’incontro annuale dei potenti del mondo (tanto avversato dai grillini). Chi è l’uomo voluto da Salvini ma non da Mattarella come ministro dell’Economia
«La mia prima “sensazione di vita” fu quando nel 1943, all’età di 7 anni, mi caricai una valigia in spalla per fuggire da Cagliari, poche settimane prima che la casa della mia famiglia venisse bombardata e distrutta».
Quella, è stata l’ultima volta che Paolo Savona è fuggito. Nei successivi 75 anni l’economista di origini sarde ha scelto di lottare, in un modo nell’altro. Prima all’Università, poi al servizio militare, successivamente tra tutti i palazzi del potere italiano, e infine nella battaglia per la sua nomina a Ministro dell’Economia che va avanti in queste ore.
LO SCONTRO SULL’ECONOMIA
Paolo Savona è un nome «divisivo»: formula elegante per dire che è voluto da Salvini, accettato da Di Maio, ma a quanto pare non gradito da Sergio Mattarella (e dai nostri alleati europei) per ricoprire il delicatissimo ruolo di ministro dell’Economia. I motivi sono almeno due. Primo: alcune sue dichiarazioni anti-tedesche. Secondo, il suo atteggiamento nei confronti dell’Euro.
GLI SCONTRI COL PADRE FASCISTA
Lotta, Paolo Savona. Nato nel 1936, «l’anno di pubblicazione della Teoria generale di Keynes e del Piano Funk del governo nazista», lotta sin da quand’è piccolo. Comincia scontrandosi con il padre, ufficiale di marina in epoca monarchicofascista e rimasto fedele a quella filosofia. «Io sono figlio dell’epoca liberaldemocratica e gli scontri con lui furono costanti», racconta nella sua autobiografia Come un incubo e come un sogno (Rubbettino Editore, 340 pagine).
QUEL 18 ALL’ESAME D’UNIVERSITA’
Lotta persino all’università di Economia, con i professori: «Dei 24 esami superati, 15 ottennero il massimo dei voti e 4 anche la lode. L’unico «intoppo» lo ebbi con il docente di Ragioneria 1, che mi diede un umiliante 18 […] Aveva mal tollerato la mia impertinenza d’aver sostenuto una tesi che lui avversava e che avevo letto sul testo di uno studioso suo concorrente». Lui se la lega al dito. Torna preparatissimo a Ragioneria 2 e strappa un 30.
L’ESPERIENZA MILITARE
La tesi di laurea, Sulla natura pubblica e privata degli enti, la discute nel 1961. Ovviamente, prendendo il massimo dei voti e la lode. Subito dopo, va a fare il sottotenente nel reggimento di fanteria da montagna «Leoni di Liguria», fondato da Giuseppe Garibaldi. Si trova bene, Paolo. In fondo, ammette lui, «sono stato forgiato come uomo “di dovere”, non “di potere” […] I miei colleghi soffrivano per il rigore della vita militare e alcuni perfino piangevano di notte. A me la caserma è sembrata un luogo di ineffabili rilassatezze rispetto al rigore imposto da mio padre in famiglia».
«BANKITALIA? NON MI INTERESSAVA»
Finita l’esperienza militare, inizia quella economica e finanziaria, che lo porterà ad attraversare 50 anni d’Italia all’interno di tutti i palazzi del potere. Paolo Savona entra in Banca d’Italia tramite concorso (ottavo su 2 mila partecipanti) e quasi senza volerlo: «Non mi interessava: un po’ perché ricercavo la piena indipendenza e per il resto per aver fiutato nei colleghi, tutti con un elevato standard professionale, troppo carrierismo e troppo conformismo».
50 ANNI DI POTERE ITALIANO
Inizia nel 1963, quando l’Italia vive la sua prima crisi postbellica della bilancia estera dei pagamenti, e finisce nel 2014, ancora a crisi bancaria in corso. Savona attraversa la crisi petrolifera del ’74, il liberismo di Reagan, l’avvento della Thatcher, la spesa pubblica in deficit di Craxi, la fine del Comunismo, l’inchiesta di Mani Pulite. Uomo di potere, è allievo di Guido Carli e non certo avverso ai «poteri forti» a volte criminalizzati dai grillini. Frequenta i Romiti, viene chiamato a Capitalia da Cesare Geronzi, «l’ultimo dei grandi banchieri italiani anche aperti alla cultura».
IL BILDERBERG
E va addirittura al Bilderberg, l’incontro annuale di circa 130 partecipanti in cui si discutono i grandi temi economici e politici del mondo, spesso sotto l’attacco degli attivisti del Movimento 5 Stelle. È lo stesso Savona a raccontarlo: «Con Gianni Agnelli ho comunque bei ricordi, tra essi il viaggio per recarci all’incontro del Gruppo Bilderberg, al quale mi aveva invitato. Viaggiammo sul Concorde, l’aereo supersonico vanto dell’industria francese. […] Agnelli era in jeans e giacca blu, orologio sul polsino, con un’inesauribile sete di sapere. Più che un viaggio fu un vero interrogatorio». Un ministro del governo a 5 Stelle, sul Concorde, con Gianni Agnelli, per andare al gruppo Bilderberg. Il peggior incubo per uno come Di Battista (ma forse non per uno come Di Maio).
L’EURO
Nell’ultima fase della sua carriera, Savona approfondisce le sue teorie sull’Europa e sull’euro, «il cruccio della mia vita professionale». Al contrario di quanto si possa pensare, è un sostenitore del progetto europeo, ma non considera la moneta unica un dogma acquisito ed eterno. Per lui, o l’Unione europea perviene «a una forma di Stato sovranazionale», oppure è meglio abbandonare il progetto. Per questo, è la sua teoria, l’Italia deve preparare un Piano B, cioè un piano di uscita dall’Euro. «Ci sarebbe uno shock iniziale forte», diceva nel 2014, «ma nel giro di un massimo di due anni la situazione ritornerebbe in equilibrio». Frasi forti, che rilette in queste ore hanno fatto schizzare lo spread a più di 200 punti. Salvini e Di Maio continuano a tenere la loro posizione. Vogliono Savona. Che nel frattempo si è dimesso dalla guida del Fondo lussemburghese con una nota che parlava di «sopravvenuti importanti impegni pubblici in Italia». Frase ancora più forte, messaggio indiretto a chi non lo vuole Ministro. Paolo Savona continua a lottare.
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