Da Il Sole 24 Ore del 11 giugno
Il capitalismo senza più rivali, salvo il confronto tuttora sottovalutato con la fmanza islamica, è divenuto più egoista e più imprudente.
Quando si è invertita la tendenza espansiva dell’economia, quando la crescita ha dovuto arrestare la sua corsa, sono esplose le contraddizioni di quel capitalismo con troppo poche regole e talvolta anche poca etica. E così sono emersi i più gravi scandali come le manipolazioni truffaldine di cambi e di indici di mercato. Questi casi hanno fatto germogliare nuove tendenze anticapitaliste e antimercatiste, non più in nome del ritorno ai caduti miti del Novecento, ma assecondando frustrazioni, interpretando e cavalcando neo nazionalismi.
La lunga e grave crisi economica di questi anni ha portato all’acuirsi di una insofferenza diffusa verso l’euro e la stessa Europa.
Tutto ciò rischia di confondere una grave crisi “nel” capitalismo con la crisi “del” capitalismo.
Tutto ciò rischia, ancora, di confondere una grave crisi “nell’Europa” con la crisi “dell’Europa”.
E queste, sono davvero, le questioni decisive.
Cause ed effetti, verità e luoghi comuni di questa crisi trovano in Italia una lettura talvolta paradossale.
La crisi non è nata in Italia ma ha trovato l’Italia debole, con un enorme debito pubblico, condizionata da un circuito vizioso di alte tasse e forte evasione fiscale che appesantiscono i costi di produzione e deprimono i consumi.
In Italia non sono mancate le crisi bancarie, ma sono state sopportate dagli azionisti, tutti privati, e dal comparto bancario nel suo complesso, anche attraverso il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi.
La diffusa ostilità all’Europa e alla sua più ambiziosa e ardita realizzazione, la moneta comune, sintetizza questi malesseri diffusi che, se prevalessero, potrebbero rischiare di allontanare l’Italia dall’Occidente per farla scivolare verso tendenze neo-nazionalistiche, anche inconsapevoli, o nei gorghi di un Mediterraneo di tendenze antistoriche e lontane dall’Europa e dall’Occidente.
Per questo occorrono severe e rigorose analisi critiche della crisi “nel” capitalismo: per correggere distorsioni ed estremismi bisogna definire una nuova cultura delle regole di mercato, nel mercato, capaci al contempo di non soffocarlo e garantirne un più corretto ed equilibrato funzionamento.
Occorre non subire l’Europa, ma esserne protagonisti costruttivi, correggendo le contraddizioni interne, le anomalie che penalizzano l’Italia, consapevoli che la crescita economica non possa essere perseguita per un tempo prolungato attraverso un sempre più enorme debito pubblico.
Il paradosso italiano è lo sconforto e la diffidenza che configurano una malattia che non è solo motivata dalle cause e dagli effetti della crisi, ma che viene da lontano e sconta limiti pluridecennali di una democrazia malata che non ha un coerente modello di democrazia occidentale e ne soffre le conseguenze. Dobbiamo, invece, riscoprire la cultura delle regole e lanciare una nuova fase dell’economia di mercato.
L’economia deve sottostare al diritto, ma innanzitutto all’etica, per costruire un circuito virtuoso di progresso economico, sociale, giuridico e morale, coniugando l’economia con le virtù morali e civili, convinti che si debba lavorare instancabilmente e coerentemente per la pienezza della democrazia economica e civile, cercando di innalzare i poveri e gli ignoranti e non deprimendo gli agiati e i sapienti, con un’opera di concordia e non di guerra sociale, sempre per costruire e mai per dividere o distruggere, combattendo íl pessimismo sterile. Lavoriamo per un’altra Italia e per un’altra Europa, più costruttive e per un nuovo clima di fiducia, senza mai arrenderci di fronte alle difficoltà. La ragione non si stanca di combattere.
Di Antonio Patuelli
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