Dall'11 settembre 2001 all'elezione di Donald Trump
a cura di Gaetano Quagliariello e Andrea Spiri
Uno dei grandi problemi del nostro tempo è rappresentato dalla sfida mortale lanciata dai settori più radicali del mondo islamico all’Occidente.
Perché è sorto tale scontro e come è possibile risolverlo positivamente, sconfiggendo il terrorismo che ne è conseguito? A queste domande cercano di rispondere una serie di studiosi con analisi, relazioni e interventi che vanno dal 2002 ad oggi pubblicati dalla Fondazione Magna Carta. Questi testi sono raccolti in un unico volume uscito ora da Rubbettino: Sfida all’Occidente. Il terrorismo islamico e le sue conseguenze. Dall’11 settembre all’elezione di Donald Trump, a cura di Gaetano Quagliariello e Andrea Spiri (pagg. 236, euro 15).
Dal punto di vista politico, sociale ed economico sono posti in luce i rapporti fra la democrazia e la crisi dell’identità europea, con uno sguardo allargato agli Stati Uniti e la loro politica estera. Vengono inoltre considerati i drammatici esiti dei flussi migratori e il rapporto tra questi, la denatalità europea e sistemi attuali di welfare. Sotto il profilo culturale si osserva che la radicalizzazione islamica si manifesta soprattutto in termini religiosi e perciò il senso di tutta la contrapposizione si riassume nella lotta mortale tra laicità e religione. L’islam, basandosi su una visione dicotomica e fortemente bellicista della realtà, comporta la latente possibilità di una guerra permanente, centrata sull’idea che i miscredenti devono essere posti di fronte all’alternativa: conversione o morte. Ne consegue la grande difficoltà di una pacifica coesistenza, risolvibile in termini razionali; permane, insomma, uno scontro irriducibile di civiltà. Per l’Occidente il problema fondamentale consiste nel contemperare il suo relativismo culturale, connesso all’individualismo e al pluralismo (conquiste irrinunciabili della civiltà liberale), con le sue altrettante radici cristiane, le quali costituiscono la base fondamentale della propria identità. Bisogna, infatti, sfuggire dalla trappola mortale del nichilismo.
Come scrive uno dei due curatori, Gaetano Quagliariello, il pericolo maggiore è dato dalla possibilità di ripetere l’errore della Conferenza di Monaco del 1938, quando le democrazie liberali – Inghilterra e Francia – con il loro appeasement cedettero, pur di evitare la guerra, alla prepotenza e ai ricatti di Hitler. Guerra, invece, che scoppiò comunque l’anno successivo, grazie anche a questo comportamento suicida. L’Occidente ha il sacrosanto diritto di difendersi.
Altre Rassegne
- il Giornale 2017.05.16
Nello scontro di civiltà non vince l’appeasement
di Giampietro Berti