Dal Corriere Fiorentino (Il Corriere della Sera) dell’8 gennaio
C’è modo e modo di lasciare posti di lavoro, giornali e partiti politici, persino di cambiare idea. Sandro Bondi, qualche giorno fa, ha scelto Repubblica per l’autodafé e per prendersela con Berlusconi, cui un tempo dedicava poesie e ora invece rivolge soltanto rumorose pernacchie. Si è unito ad Ala, il gruppo parlamentare fondato da Denis Verdini dopo la rottura del Patto del Nazareno e l’addio a Forza Italia che sostiene il governo Renzi.
Ecco, a raccontare la genesi, evoluzione e distruzione del patto nazarenico ci pensa Massimo Parisi, deputato, giornalista, già coordinatore toscano di Forza Italia, scatola nera del verdinismo, in un libro pubblicato da Rubbettino: Il patto del Nazareno. 18 gennaio 2014-31 gennaio 2015. Il volume era pronto da settembre, ma Parisi, che ha lasciato Forza Italia seguendo Verdini, ha aspettato il secondo anniversario per raccontare che cos’è successo in quell’anno di vita politica, cominciato il giorno in cui Berlusconi ha messo piede al Nazareno, ospite di Renzi, segretario del Pd ma non ancora arrivato a Palazzo Chigi, e finito con l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica.
Un percorso in cui gli eventi vengono storicizzati, grazie anche ai report inviati da Verdini a Berlusconi e che Parisi cita ampiamente. Nel corso dei mesi, per esempio, il giudizio su Renzi cambia: all’inizio per Verdini è un chiacchierone che può tornare utile a Berlusconi per riottenere agibilità e centralità politica, mentre i suoi vengono descritti come personaggi senza arte né parte. Micidiali i miniritratti dedicati agli uomini e alle donne di Renzi. Da Luca Lotti («L’unica cosa che si sa di lui è che è un collaboratore di Renzi. Non solo per età e inesperienza, il profilo appare oggettivamente modesto») a Stefano Bonaccini («Un giovane-vecchio uomo d’apparato, altro che rinnovamento») a Debora Serracchiani («Studia faziosità da Rosy Bindi») a Pina Picierno («Fregata da Rosy Bindi per la presidenza del – l’Antimafia, “professionista” dell’anti-camorra. Una scelta indicativa della deriva giustizialista e forcaiola dei renziani»).
Poi però il giudizio – su Renzi, sui suoi non si sa – cambia. Perché nei momenti di maggiore difficoltà di dialogo fra Berlusconi e il premier, Verdini non fa che ripetere quanto Renzi sia berlusconiano, praticamente figlio suo. «Solo tu – scrive Verdini in uno dei suoi report – puoi scegliere il terreno giusto di una opposizione che non dobbiamo condurre menando fendenti alla cieca, anche su argomenti che per noi e la nostra storia è davvero difficile mettere in discussione. Infatti, non credo che possiamo essere contrari agli 8o euro in busta paga, al massimo possiamo chiedere di estendere l’intervento a più persone. Sul lavoro e la flessibilità Renzi si sta scontrando con i sindacati, cioè con i nostri nemici di sempre, e noi difendiamo la concertazione. Come possiamo essere contrari all’abbattimento dell’Irap, poco o tanto che sia, o al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione? Non credo invece produttivo accodarci a quelli che Renzi non avrà difficoltà a bollare come i conservatori, quelli che vogliono difendere la casta, quelli che il Senato non lo vogliono abolire».
Nel raccontare il percorso, dunque, non mancano note graffianti nei confronti di Renzi e dei suoi collaboratori. Tutte cose per le quali i permalosi ragazzi di Palazzo Chigi potrebbero irritarsi assai, visto che Verdini e Parisi hanno deciso di avvicinarsi al governo, sostenendolo nel cammino delle riforme. Pare evidente, però, l’intenzione di farlo senza diventare i cani da riporto del renzismo. Anche perché conoscono la storia politica dell’ex sindaco di Firenze e sanno che a Renzi fanno comodo i numeri di Verdini al Senato, ma non possono sperare che il Pd, commosso da tanta lealtà, un giorno li ricandidi. Renzi rottama quelli più vicini a lui quando non gli fanno più comodo, figurarsi se si fa problemi con coloro che, per ora, possono essere strumentalmente utili a puntellare le riforme. Per questo, c’è modo e modo di lasciare un partito e avvicinarsi politicamente agli avversari. Lo sa Bondi, ma lo sanno bene sopratutto quelli che nel Pd hanno cambiato correnti, così come lo sanno le correnti che hanno cambiato referenti e segretari, essendo bersaniani quando c’era da essere bersaniani, lettiani quando c’era da essere lettiani e, ora, renziani perché c’è Renzi sulla cresta dell’onda. Lo sanno bene perché hanno dimostrato di essere – fulgido esempio è Dario Franceschini – delle banderuole. Il centrodestra di Parisi e Verdini quantomeno è coerente con se stesso: cerca Berlusconi in Renzi non potendolo più trovare in Berlusconi.
di David Allegranti
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