Europa, Globalizzazione e Mediterraneo. Come stanno il Mediterraneo in Europa e l’Europa nella globalizzazione? Male. L’Europa è in una fase di smantellamento: si è passati dal motto, sbagliato ma gettonato tempo fa di “scalare le Alpi per non precipitare nel Mediterraneo”, a quello attuale e peggiore di “padroni a casa nostra”: un precipitare accelerato verso il dissolvimento dell’Unione Europea e della sua cultura. Il che significa non riconoscere la sua lunga storia, identità e progresso. E uno smarrimento della bussola che ci dovrebbe orientare su come muoverci nel futuro. Sono questi i temi di riflessione dell’ultimo e recente libro di Mimmo Nunnari, “Destino Mediterraneo. Solo il mare nostro ci salverà” (Rubbettino, 2018, 252 pagine, 15 euro). Nunnari, attento e sensibile giornalista e saggista, capace di articolate e severe analisi sociologiche e antropologiche, ricostruisce la storia del Mediterraneo attraverso il suo enigma millenario, le vicende delle sue navigazioni, i commerci e le guerre. In un rapporto che non tralascia le piraterie, la schiavitù e le migrazioni, la pesca dei tonni e del pesce spada, che mescola i linguaggi delle sue sponde, il ruolo dei media nella regione araba, il rapporto tra Oriente e Occidente che passa anche attraverso il terrorismo, le rivoluzioni laiche e il Sud Italia. Lo fa da figlio del paese di mare di Mia Martini, Bagnara, da “uomo di mare dalla testa ai piedi”, come ama definirsi sottolineando che è tale nella testa e nel cuore, nel pensare e nell’agire. Ed esaltando, attraverso la citazione di molti scrittori, il fascino e le meraviglie ineguagliabili di questo mare e concentrandosi sull’Italia, protagonista assoluta, con il Mediterraneo in casa e con il suo Meridione, ponte tra Occidente e Oriente e il Nord Africa. Ricorda come la grande questione migranti non sia una prospettiva nuova o un’”emergenza”, né tantomeno, un “problema”. È una condizione umana da secoli, che viene dalla millenaria storia di varie umanità in fuga da guerre, violenze, bisogno. Oggi dipinta come l’elemento che metterebbe a soqquadro l’ordine costituito europeo e occidentale, la nostra sicurezza e il nostro benessere. Eppure le cose non stanno così, quindi la tesi di Nunnari, già nel sottotitolo del libro, è che “solo il mare nostro ci salverà”. Il riconoscere la storia mediterranea e proiettarla nel futuro sarà il nostro destino e salverà l’Europa in disfacimento: “Un’Europa da rianimare con urgenza o peggio da risuscitare, non può prescindere dal volgere lo sguardo alle sue radici, siano esse greche, latine, ebraiche o cristiane o arabe. Se [l’Europa] vuole un futuro deve tornare a interrogare la sua storia, che è tutta quanta compresa entro le sponde del Mediterraneo”. E dove sta l’essenza di questa storia? Nel “fatto che nel Mediterraneo, qualunque punto, partendo da un altro punto, può essere raggiunto solo in pochi giorni di navigazione, ha consentito ai popoli navigatori facilità di movimenti, rapporti di ogni tipo, come commercio, guerra, tecniche, leggende e linguaggi”. E oggi, le nuove tecnologie della navigazione via mare e via internet, hanno accorciato tempi e distanze aumentando i rapporti. Per cui è non solo inutile pensare, come fa parte dell’Occidente e come ricorda l’autore, che il Mediterraneo sia “una frontiera da sorvegliare, per sbarrare il passo ai migranti”, è anche avulso dalla storia dello stesso Occidente. Perché, come scriveva il poeta francese Paul Valéry, “tutti i fattori essenziali del successivo formarsi della civiltà europea e occidentale, non sono altro che i prodotti delle continue contaminazioni mediterranee. È nelle rive di questo mare che la scienza si è liberata dall’empirismo e dalla pratica, che l’arte si è spogliata dalle sue origini simboliche, la letteratura si è costituita in generi ben distinti, mentre la filosofia ha saggiato le sue infinite possibilità”. Dunque il Mediterraneo non è solo eredità del passato, ma destino del futuro.
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