Da Panorama del 2 marzo
Che cosa può fare lo Stato per riacquistare credibilità ed efficienza da tempo perdute? Deve ridurre al minimo il perimetro della sua azione, lasciando all’iniziativa dei privati la gestione di settori e funzioni che via via le sono stati sottratti da una macchina politico-burocratica costosa, improduttiva e inefficiente. In estrema sintesi, è questa la proposta contenuta nel mio saggio Privatizziamo! (www.privatizziamo.it), pubblicato da Rubbettino e da poco uscito in libreria. In queste pagine ho cercato di abbinare l’esperienza quotidiana di imprenditore alla mia antica passione liberale, avanzando una tesi tanto rivoluzionaria quanto praticabile: rendere privato pressoché tutto quello che oggi lo Stato gestisce con un intervento diretto nella produzione di beni e servizi. Lasciamogli il compito di legiferare, regolamentare e vigilare. E rimanga ovviamente pubblica la gestione della difesa, della sicurezza e della giustizia. Tutto il resto però ritorni a famiglie e imprese.
Mi chiedo ad esempio perché debba esserci una differenza di status tra dipendenti pubblici e privati. Perché un impiegato all’anagrafe e il lavoratore di un’azienda devono avere regole del gioco così diverse? Un sindaco che voglia ben amministrare il proprio Comune oggi non è in grado di assumere, licenziare, premiare il merito o anche solo trasferire personale da un ufficio all’altro. Una volta che l’organismo politico ha adottato le proprie decisioni, la loro attuazione potrebbe essere esternalizzata o realizzata da organici privatizzati. Quella che provo a disegnare è insomma la fisionomia di uno Stato leggero, che spende meno e che quindi può tassare di meno. Per questo consiglio in particolare la lettura del mio libro a quanti ancora credono nella necessità di aziende pubbliche. Perché l’Inps deve gestire, male, i nostri versamenti contributivi e non possiamo invece scegliere la migliore offerta sul mercato? Perché non viene dismesso l’enorme e improduttivo patrimonio immobiliare pubblico e le nostre imprese sono gravate da miriadi di adempimenti burocratici che ne riducono là competitività?
L’organizzazione sociale che conosciamo non è l’unica possibile. Siamo solo abituati a pensarlo. Il fatto che uffici pubblici, scuola, sanità, trasporti (a proposito, a quando finalmente la privatizzazione di Trenitalia?), pensioni e acqua siano attività gestite direttamente dallo Stato non è frutto di un ordine necessario. Il costo dell’intermediazione politica, fatta di consigli di amministrazione, assunzioni ingiustificate e gestione non economica degli acquisti di fornitura, genera costi impropri che vengono fatti pagare a tutti noi. In Italia, a farla (letteralmente) da padrone, è insomma uno Stato che si improvvisa imprenditore e immobiliarista e che si è trasformato in un’ ìdrovora fiscale pur di mantenere un apparato burocratico pletorico, a stipendio garantito e ostile all’impresa. Per superare queste inefficienze va finalmente riconsegnata a famiglie e aziende la libertà di scegliere come e quando spendere le proprie risorse. E c’è un solo modo per farlo: Privatizziamo!
di Massimo Blasoni
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