Da Il Quotidiano del Sud dell’11 novembre
Si è svolta ieri la seconda giornata del Mind The Gap Festival, kermesse culturale organizzata dall’associazione Book Club Umg, che si pone come obiettivo quello di rivitalizzare l’ateneo di Catanzaro e di fare dell’università un ponte di collegamento con il contesto culturale cittadino. Lo schema è quello già collaudato nelle due precedenti edizioni: unire cultura e spettacolo nella speranza di riuscire a coinvolgere gli studenti, purtroppo non sempre sensibili alla lettura, e veicolare loro contenuti importanti anche attraverso quelli che sono i loro linguaggi, la musica innanzitutto.
La giornata di ieri è stata inaugurata dall’incontro con Nicola Fiorita, docente dell’ateneo e componente del collettivo Lou Palanca, che introdotto dal professor Alberto Scerbo ha presentato l’ultimo lavoro del collettivo, “Ti ho vista che ridevi”, edito dalla casa editrice Rubbettino. Scerbo si è soffermato sull’importanza e sulla genesi dei testi del collettivo catanzarese, sottolineando il loro ruolo come «come cantori della storia e della memoria», interpreti di vicende e di fatti che rischiano di essere seppelliti dal processo di erosione della memoria. Il loro merito è quello di aver trasposto nel linguaggio della narrativa il tono impersonale del saggio, recuperando fatti della microstoria che rischiavano di cadere nel calderone dell’oblio. Tutto attraverso una narrazione che non è mai intimista, staccata dalla realtà, ma è corroborata da un forte impegno politico e sociale. La storia delle calabrotte, che negli anni Cinquanta consentirono il ripopolamento delle Langhe e la fortuna di quelle terre, non è fine a se stessa.
«Il libro vuole dimostrare – ha commentato Nicola Fiorita – come in realtà i momenti di crisi possono rappresentare un’occasione di riscatto, sempre che si abbia la voglia di considerare l’Altro come risorsa e opportunità di crescita» . Il tema della terra, come ferita e come rinascita, consente stringenti agganci all’attualità; la profuga siriana che compare nel libro su una spiaggia di Riace rappresenta, infatti, l’opportunità che oggi l’emigrazione riveste come antidoto allo spopolamento delle aree interne. Molto partecipato è stato l’incontro con la Iena Matteo Viviani. Il personaggio della celebre trasmissione di Italia uno, oltre a presentare il suo romanzo “La crisalide nel fango”, ha intessuto con gli studenti un vivace dialogo su vari temi: la fede, la felicità, l’amore, la criminalità e si è soffermato anche sulla vicenda delle minacce ricevute per alcuni servizi da lui realizzati. Ad una studentessa che gli chiedeva quale fosse il suo rapporto con la fede Viviani ha così risposto: «L’unico Dio a cui sento di dover obbedire è il senso dell’etica, – ha detto – la criminalità, i soprusi mi fanno incazzare». Subito dopo è seguita la presentazione del libro “Vorrei dirti che non eri solo” (Rizzoli) di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano morto dopo uno stato di fermo e in circostanze ancora non del tutto chiare. La Cucchi intervenendo al telefono ha spiegato le ragioni del libro: «Subito dopo la morte di Stefano – ha detto – ho sentito l’urgenza di raccontare ciò che era successo a Stefano affinché tutto non cadesse nel dimenticatoio, ma soprattutto per sottrarre mio fratello a quel processo di criminalizzazione della vittima che serve a sminuire la gravità dell’accaduto».
di Salvatore Ferragina
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