Chi è Maurizio Pescari
Dopo la Facoltà di Agraria, all’Università degli studi di Perugia, Pescari ha maturato tante esperienze relative al cibo e vino spaziando tra diverse aree, dall’Economia del turismo al giornalismo (tra le sue collaborazioni si citano Corriere della Sera, Roma Corriere, Club Papillon, Umbria Touring, Teatro Naturale e altri). È stato, inoltre, agente di commercio, è assaggiatore di olio extravergine di oliva e ha collaborato a progetti agroalimentari nazionali, lanciati da Coop Italia, Canasco Calabria e Centro Agroalimentare dell’Umbria. Dal 2001 è docente e collaboratore presso Università Dei Sapori oltre ad essere consulente per diverse realtà dell’enogastronomia e dell’enoturismo.
“L’olio e gli ingredienti della nostra vita”, pubblicato da Rubbettino Editore, è stato esaurito in meno di un mese. Nell’attesa della sua ristampa, abbiamo avuto il piacere di incontrare l’autore per una chiacchierata sul libro e su altri argomenti che Maurizio ha affrontato in maniera semplice, chiarendo che: «Non devi scrivere per far vedere quanto ne sai, devi scrivere per farti capire».
Come è nata l’idea del libro “L’olio e gli ingredienti della nostra vita”?
«Era in testa da tanto tempo ma la quotidianità non mi aveva permesso di mettere giù tutto quello che osservavo. Io racconto perché non sono un tecnico, un frantoiano ma dopo tanti ho potuto tirare le somme e, con il Covid ho avuto più tempo per raccogliere le idee, riempendo il serbatoio di impressioni, discorsi, opportunità. Nel corso dell’estate, scrivevo di giorno e di notte ci pensavo, mettevo in fila per poi individuare un percorso. La mia è stata un’operazione di sartoria, una storia accessibile, quasi romanzata ma con un filo logico. Per me l’importante non era parlare dell’olio, ma della vita negli ultimi 70 anni. Volevo evidenziare come sono i produttori, quelli che vendono e i consumatori, questo per mostrare nuove strade. Infine ho raccontato l’aspetto paesaggistico; in Umbria c’è l’olio buono ma non tutto l’olio è buono. Alla fine è uscito un libro semplice e apprezzato».
Lei racconta l’olio con filosofia e non troppo tecnicamente, come spesso avviene. È questa forse la differenza con il vino?
«Il vino ha un valore emozionale diverso dall’olio. Se poniamo due bottiglie a 20 euro, una di vino e una di olio, tutti scelgono il vino. Il vino lo si analizza, si prende un bicchiere grande, si cerca il difetto. L’olio nessuno lo sente o almeno, sono pochi. Chi va in tv e parla di olio, riscuote poco interesse. E poi aggiungo che bisogna saper usare l’olio; friggere con l’olio extra vergine di oliva non fa male e non è vero che costa troppo. Friggere di meno ma meglio».
Nel libro parla di mezzadria, come funzionerebbe oggi in Italia tale contratto?
«Saremmo più arretrati dal punto di vista industriale, ma mangeremmo meglio. Dopo la mezzadria, l’Italia ha scelto i consumi di massa, la comunicazione di massa. Negli anni 80/90 si sceglieva la pasta in base al tempo di cottura, cucinare era tempo perso. Il Covid ci ha fatto recuperare la volontà di preparare da mangiare e ha trasmesso la consapevolezza che cucinare è diverso da cuocere».
Entrare nel mercato dell’olio oggi non è semplice, cosa consiglia ad un giovane produttore?
«Deve essere protagonista e non limitarsi a produrre olio ma valorizzare al massimo il suo lavoro; la condizione minima è una qualità eccezionale. Come afferma il Dottor Servili, oggi possiamo produrre l’olio più buono di sempre. E poi c’è il problema che tutti si fermano alla vendita, quando la cosa più importante è ciò che viene dopo: l’acquisto».
Raccolta manuale o meccanica?
«Tutto dipende dal concetto che devo portare al frantoio l’oliva più sana possibile, l’Umbria non consente una meccanizzazione eccessiva. Il tassello fondamentale, però, è il tempo cioè il momento giusto di raccolta e il tempo che passa prima della molitura. L’urto all’oliva lo crea anche la raccolta a mano ma ciò che cambia è il momento raccolta-estrazione, partendo da una base di olive sane. La qualità aumenta con la selezione delle olive. Non lo può fare la macchina, lo deve fare l’uomo».