Se la Sindrome di Stoccolma coglie una signora rapita la questione diventa psicanalitica: è accaduto più di una volta. Come mai lo stesso non succede se interi Stati si prostrano al nemico – o almeno a colui che in teoria lo è – e gli si concedono prostrati, gli baciano la pantofola, lo glorificano nei salottiradical-chic e addirittura nei Parlamenti?
Con “Il singhiozzo dell’uomo bianco” e “Un colpevole quasi perfetto” il saggista francese Pascal Bruckner ha affrontato coraggiosamente, affrancandosi da ogni pastoia politicamente corretta, il tema del suicidio dell’Occidente.
Altri studiosi di vaglia si inseriscono, ancora poco numerosi, in questo filone di autocoscienza e autodifesa, una presa d’atto della deriva ideologica, politica e sociale della civiltà detta un tempo giudaico-cristiana, figlia del liberalismo e dell’illuminismo ma oggi sempre più figlia di nessuno, abbandonata a sé stessa in nome di un terzomondismo d’accatto e di un egualitarismo straccione. In nome della paura, ho l’impressione: il terrore che le masse incombenti alle frontiere, nelle banlieu, nei sobborghi delle città europee e americane prima o poi taglino la gola al bianco imbelle e tremebondo. Meglio, allora, lisciare loro il pelo, tenersele buone. Finché dura.
Fingiamo di non capire, infatti, quanto in realtà certi “emarginati” disprezzino e odiano chi con loro si comporta da servo dopo secoli da padrone. Sanno perfettamente che si tratta di un atteggiamento utilitaristico, teso a sfruttare i loro tesori naturali (petrolio, gas, minerali) e le loro braccia a buon mercato al posto di quelle di una classe operaia occidentale massacrata da politiche suicide e abbandonata a sé stessa in primis dai sindacati tradizionali, complici della resa nonostante le fanfaronate contro il padronato, i concerti del Primo maggio, l’apertura incondizionata delle frontiere, lo “ius soli” e chi più ne ha più ne metta.
L’obiettivo è uno solo: sopravvivere. Senza rendersi conto che in realtà così si marcia a lunghi passi verso l’estinzione. Dell’uomo bianco, e questo sarebbe il meno, ma soprattutto di una civiltà, anzi della Civiltà per antonomasia, che affonda le radici nella Grecia classica, nella latinità, nel cristianesimo e nella riforma, nel Rinascimento, nell’illuminismo e nel liberalismo: valori dell’anima che oggi si tende a buttare a mare senza rimorso, con crassa ignoranza e voce tremebonda.
Il professor Renato Cristin si sofferma su questi temi in un agile volume di denuncia assoluta, “Quadrante Occidentale”, pubblicato da Rubbettino. Docente di ermeneutica filosofica a Trieste, profondo conoscitore di Martin Heidegger, già direttore dell’Istituto italiano di cultura di Berlino e direttore scientifico della fondazione Liberal, Cristin è uno scomodo, icastico, severo osservatore di un mondo che muore perché vuole morire, terrorizzato dalle rovine che esso stesso ha provocato sulla via del suicidio.
Non c’è pagina, fra le 200 abbondanti del libro, che non offra motivi di riflessione sul bollettino di una guerra ormai perduta, sul referto di morte di noi stessi. Un testo simile sarà accuratamente tenuto a distanza dalle scuole italiane: non sia mai che qualche giovane cominci a porsi delle domande, per esempio su libertà e verità essenze del liberalismo in opposizione a un comunismo strisciante. Comunismo in senso lato, quella “cosa” che omologa il pensiero e trasforma le menti in dementi, le ammassa e le ammazza in nome di un Uno che è il pensiero unico, il governo unico, la vita unica e la morte del singolo, del ribelle, di chi non ci sta.
“L’Europa è una singolarità che contiene in sé una pluralità, si è formata come aggregazione di identità diverse che hanno potuto trovare alcuni punti di convergenza, perché tali punti erano già presenti nelle singole identità che si sono via via unite nell’idea e nella realtà dell’Europa” sottolinea Cristin. Bisognerebbe ricordarlo alla baronessa Ursula von der Leyen e al suo esercito di burocrati remunerati come banchieri.
Cristin affronta senza alcun infingimento il tema della pandemia e della catastrofe sanitaria che ha segnato gli ultimi due anni del pianeta Terra. Una sua frase meriterebbe di essere fatta dono a schiere di virologi e di politici che hanno occupato ospedali, obitori, giornali e tivù. “Se facciamo eccezione dai purtroppo non pochi teorici neo comunisti, i quali certamente gravitano nell’orbita di quella velenosa ideologia pur tentando di mascherarla con correttivi risibili, e assumono la realtà della pandemia come un’occasione per imporre… il loro modello socio-economico; se prescindiamo dunque da questi deliberati tentativi ideologici, dobbiamo concludere che cade in un marchiano errore di interpretazione politica chi crede di vedere, nella prospettiva del controllo, un legame fra il comunismo e il capitalismo, perché chi paventa una società capital-comunista non è riuscito a capire il senso dell’idea di libertà e il suo radicamento originario e profondissimo nel pensiero e nella civiltà occidentali.”
L’idea di libertà e l’uomo occidentale sono legati in modo trascendentale – sottolinea – e l’essere umano è un ente di libertà. Il rapporto con la libertà va di concerto con quello con la religione, con la tradizione ebraico-cristiana. “L’idea di libertà è universale ma anche e in primo luogo particolare, cioè personale, e quindi identitaria. E poiché nessuna strategia globalistica anti-identitaria potrà distruggerla (nemmeno se provenisse dall’interno della Chiesa stessa, come oggi sta accadendo a partire dal suo vertice), l’uomo occidentale potrà continuare a esistere nella sua essenza e nelle sue forme di vita.”
Sono illuminanti le pagine sul ruolo della scienza, a cominciare dalla medicina, che dovrebbe convincere e non imporre, ma è stata trasformata in una disciplina simile alla meccanica e in un prolungamento della burocrazia. “La scienza non pensa, sostiene Heidegger.”
Impossibile soffermarsi su tutta questa miniera di idee, ma una sosta è essenziale: in Israele. “L’ultima nazione occidentale” la definisce Cristin, dove amor di patria e della propria essenza ancora sorreggono la società e la politica. Le accuse di razzismo fioccano su Israele in nome di un antisionismo che è in realtà antisemitismo mascherato. L’ebreo rimane quello che è da sempre per la parte peggiore e più ignorante dell’Occidente in senso lato, vale a dire il nemico. Anche a costo di prendere le parti dei terroristi, di Hezbollah, dei palestinesi sempre vittime da santificare.
Fingono di dimenticare, le democrazie del pensiero unico, i sei milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio nazisti, e d’altra parte tengono nell’armadio le vittime almeno dieci volte più numerose dei Gulag staliniani: li definiscono al massimo così, non comunisti, come se Baffone fosse stato iscritto al Partito liberale di Malagodi.
L’antisemitismo va di pari passo con la simpatia palese dell’Occidente per il mondo islamico, compreso quello degli ayatollah che si prefiggono la distruzione di Israele. Compreso addirittura quello dei talebani afgani. Poi ci si riempie la bocca con il giorno del ricordo, che si dimentica il giorno seguente. Ci si scorda che Adolf Eichmann in Argentina lo catturarono i servizi segreti israeliani. Che la strage alle olimpiadi di Monaco ebbe per vittime degli israeliani, degli ebrei.
Queste vergogne l’Occidente ridotto a eunuco le rimuove. Al massimo l’antisemitismo lo si riduce a Hitler e alle SS. Ah sì ? Le stesse che sfilavano sulla Piazza Rossa quando Baffino e Baffone erano alleati? Le stesse che si sarebbero dovute spartire la Polonia con la gloriosa Armata Rossa? Qualcuno si deciderà, prima o poi, a studiare l’antisemitismo secolare dell’Europa orientale, vale a dire della Russia? I “Protocolli dei Savi di Sion” furono fabbricati là, non nella Berlino hitleriana.
Qualcuno troverà insolite somiglianze fra quell’odio e quello espresso poche settimane fa da Dimitri Medvedev contro l’Occidente? Il maggiordomo di Putin dice che non avrà pace finché non lo vedrà annientato. In nome di che cosa, di grazia? Della “democrazia” sovietica ? Si chiamava Germania Democratica un regno del terrore e dello spionaggio come la Germania Est, altroché, in nome dell’ipocrisia e della menzogna che sono l’essenza stessa del comunismo.
Si smetta di leggere il “Manifesto” sognatore di Marx (ebreo) e ci si soffermi invece sul “Che fare” di Lenin per capire cos’è il comunismo e quanto l’odio per l’avversario, fino alla sua eliminazione fisica, sia radicato in quell’ideologia. Stalin, Beria, Gomulka, Hoxha, Hoeneker, Mao, Pol Pot… Dicono ancora qualcosa questi nomi? Erano sinceri democratici? Lo era il santino Che Guevara, che accoppava anche di persona gli avversari nel carcere cubano de La Cabana? Compresi gli omosessuali, oggi tanto amati dalla sinistra “progressista”. Israele è invece il cattivo… Ma per piacere!
Chi pensa con la propria testa, chi non l’ha mandata all’ammasso, e anche a sinistra non mancano, si accorge di questo baratro di pensiero. Federico Rampini, editorialista del Corriere e prima di Repubblica, ha appena pubblicato “Suicidio occidentale”, un libro in cui sostiene tesi molto simili a quelle, per un certo verso rivoluzionarie, di Cristin. Teniamoci pur buoni talebani, terzomondisti, globalisti e fauna consimile: prima o poi gli Stati Uniti ci lasceranno a noi stessi. Sarei curioso di tante cose, soprattutto di come le anime belle come Laura Boldrini e Monica Cirinnà e Valeria Fedeli difenderebbero le donne in un’Europa e in un’Italia islamizzate.
Bruciamo pure le bandiere americane e quelle di Israele mentre sventoliamo i drappi rossi sovietici in nome della libertà. <Evviva il comunismo e la libertà !> sono le parole di Bandiera Rossa. Come dire viva il sole e viva la neve, viva la carne e viva la verdura… Una contraddizione? Per il comunismo non esiste contraddizione: chi si è alleato con Hitler e inneggia alla libertà dovrebbe semplicemente tacere. Anzi, no, scusate: in nome della libertà deve poter parlare anche lui.