Marco V. Ambrosi è nato in Calabria nel vibonese, proprio come Tommaso “Tommy” Moro, il protagonista de Lo Strappo, il suo secondo romanzo. E proprio come lui è un “musicista dopolavorista”, in quanto anche insegnante di Italiano e Storia, operatore culturale, non solo musicista per i Nuju e il duo La Rosta.
Anche se la premessa è che il libro sia un’opera di fantasia, è abbastanza difficile non pensare che qualcosa del vissuto dell’autore non sia passato nell’autobiografia di Tommy. A cominciare dall’essere un appassionato di musica in Calabria, in un mondo in cui internet non c’era, e vivere in piccole realtà comportava quasi inevitabilmente che le cose arrivassero in ritardo. E poi la descrizione del rapporto tra il protagonista e suo padre (che lo chiamò Tommaso per non far capire alla madre che avrebbe voluto chiamarlo come il disco degli Who) ha un qualcosa di troppo vivido per essere totalmente frutto dell’immaginazione.
Ma lasciamo da parte questi aspetti e veniamo al libro in sé. È una dichiarazione d’amore per la musica, oltre che un appassionante affresco della storia della musica indipendente italiana (Tora Tora, centri sociali come l’Estragon a Bologna …). È però anche un piccolo manifesto di una possibilità di vita. Il concetto di “avercela fatta” nella vita non misurato esclusivamente con il successo inteso come fama. È proprio nel momento in cui Tommy sembra dare priorità solo a quest’ultima che i suoi RadioKarma sbandano e lui si perde. È quando invece imparerà a star bene come persona e a smettere di inseguire il fuoco fatuo del maledettismo, che invece le cose gireranno bene. E quel “piano b” che gli prospettavano i suoi amatissimi genitori (che pur avevano sempre supportato il suo sogno di musicista) non sembrerà più un fallimento.
La vita, sembra dirci Ambrosi, è capire che anche in quella che potrebbe essere definita “una vita da mediano”, per usare le parole di Ligabue, c’è dignità, c’è felicità. Che un sogno che si infrange, come la carriera da calciatore di Davide, storico amico di Tommy, non è la fine della vita e può far scoprire altro.
Lo strappo non è un invito a non provare a realizzare le proprie passioni, a non avere perseveranza, bensì a capire che, se le cose non vanno come ci saremmo aspettati, c’è sempre una strada inaspettata che permette di sentirsi realizzati. E che nessun uomo è un’isola.
Leggete Lo strappo e vi sentirete meno soli nella fuga dalla martellante ossessione del performare per vivere.
E per ascoltare tutte le canzoni a cui sono associati i 21 capitoli!