Roberto Di Bella, Giuseppina Maria Patrizia Surace
Il progetto Liberi di scegliereLa tutela dei minori di 'ndrangheta nella prassi giudiziaria del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria
Diventa un volume edito da Rubbettino l’attività del magistrato del Tribunale per i minorenni Roberto Di Bella e della consigliera nazionale Unicef e giudice onorario Patrizia Surace: «Il futuro non è già scritto, si può essere protagonisti della propria vita anche se si nasce in una famiglia di ‘ndrangheta»
La libertà di scegliere il proprio destino è la massima espressione della democrazia e della giustizia sociale. Non sempre, però, i territori più disastrati lasciano a tutti questa possibilità. E la sperequazione in negativo è tanto più drammatica quanto più a fare le spese della diseguaglianza tocca ai piccoli, ai minori, ai bambini. Spesso si parla di paesi terzi, come di realtà terribili dove l’infanzia viene violata. Ma anche nella civilissima Italia, in certi ambienti, il bambino, seppure amato, viene coercitivamente destinato ad un futuro già scritto: un futuro di illegalità ed obblighi mafiosi.
l progetto, il film, il libro a 4 mani
Emblematica, in questo campo, la storia del progetto “Liberi di scegliere”, voluto dal magistrato Roberto Di Bella con il supporto di molti, ad iniziare dalla consigliera nazionale Unicef e giudice onorario del tribunale reggino, Patrizia Surace. Una storia paradigmatica, assurta agli onori della cronaca grazie ad un film per la televisione trasmesso da Rai Uno il 22 gennaio 2019 in prima serata, ispirato proprio alla vita di Di Bella, (presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria dal settembre 2011) che oggi diventa un libro omonimo, “Liberi di scegliere” appunto, edito da Rubbettino, e redatto dagli stessi Di Bella e Surace (quest’ultima, docente Unical, è giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria dal 2013, ed è membro del consiglio direttivo nazionale Unicef).
Creare il proprio futuro
La rappresentante Unicef aveva già anticipato i punti cardine del progetto, in un’intervista rilasciata nell’agosto 2017 ai microfoni di LaC, ricordando come l’iniziativa fosse stata fortemente voluta dagli allora ministri dell’interno e della giustizia, Marco Minniti ed Andrea Orlando. «Bisogna dare a ragazzi che nascono in contesti sociali malavitosi l’opportunità di creare il proprio futuro contando sulle proprie risorse», sottolineando come il tutto avesse principi educativi, e natura educativa, non punitiva. «I ragazzi devono progettare il proprio futuro, crearlo puntando su se stessi e sulle proprie capacità – aveva concluso -. Questo il nostro obiettivo».
Di Bella, Surace: insieme per i minori
Il volume permette agli autori di raccontare il progetto in modo dettagliato, ne ripercorre le tappe volte a far sì che tutti i minori, anche quelli provenienti da ambienti malavitosi, potessero crescere con le stesse possibilità: quelle cioè di potersi esprimere, crescere in un ambiente armonioso, amare ed essere amati senza che questo comportasse il fardello terribile della destinazione finale malavitosa, della cooptazione mafiosa, dell’educazione criminale. Non a caso Di Bella, in occasione della messa in onda del tv movie Rai a lui ispirato, aveva avuto modo di motivare così la sua azione di contrasto: «Fin da piccoli, i componenti di queste famiglie respirano l’odio, vengono addestrati all’uso delle armi, alla brutalità e all’uso della forza anche nei confronti dei familiari più stretti, se trasgrediscono le regole». Il magistrato aveva anche evidenziato come i minori costretti ad assistere all’omicidio di padri, fratelli e parenti, fossero a loro volta spinti ad adottare logiche di vendetta e codici d’onore mafiosi, in una spirale di violenza. «In tali contesti – proseguiva – anche le scelte più intime (fidanzamenti, matrimoni) sono condizionate dalla ‘famiglia’ e spesso diventano un modo per suggellare sodalizi criminali, per costruire delle vere e proprie prigioni culturali».
Combattere la cultura mafiosa
Il progetto “Liberi di scegliere” ha combattuto tutto questo. E il volume descrive il metodo impiegato, la strategia, gli obiettivi che hanno animato psicologi, assistenti sociali, famiglie affidatarie ed educatori, nel tentativo di strappare i minori ai contesti degradati, alla cultura criminale. Fine ultimo, il reinserimento nella società civile, intendendo per essa una dimensione culturalmente e psicologicamente diversa. «Il futuro non è già scritto – ha sottolineato il magistrato -. Si può essere protagonisti della propria vita».
Teatro dell’attività di contrasto
Il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, che ha rappresentato un punto fermo di svolta e legalità. Il volume lo descrive come «un piccolo tribunale di frontiera, crocevia di sofferenze e speranze nel quale si confrontano le vite di bambini, giovani, famiglie e povertà del territorio». E ancora: «Esaminare il rapporto tra i minori appartenenti a famiglie di ’ndrangheta (o comunque vicini a tali ambienti) e il concreto pregiudizio evolutivo subito, ha spinto l’Ufficio giudiziario ad approfondire i vincoli familiari e la loro incidenza disfunzionale sul processo formativo del fanciullo, definendo i limiti della discrezionalità educativa dei genitori. Per garantire il diritto dei minori a ricevere un’educazione responsabile, conforme ai valori costituzionali, si è creata una trama di solidarietà educativa che affianca i ragazzi nel cammino verso la loro ‘libertà di scegliere’».
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