Da Italia Oggi del 19 marzo
Il tracollo patito dal liberalismo italiano dopo la prima guerra mondiale non fu solo politico e, in senso lato, filosofico, ma toccò pure l’economia. Dopo la seconda guerra mondiale le istituzioni liberali conobbero un rifiorire, mentre per assistere a una ripresa dell’influsso delle idee liberali nell’economia bisognò attendere gli anni novanta. A illuminare il ruolo di politici, economisti, pensatori liberali nell’economia e nella finanza aiuta un volume appena uscito da Rubbettino. Si tratta del secondo, corposo (pp. 1.196) tomo del Dizionario del Liberalismo italiano, dovuto a un comitato di studiosi animati da Fabio Grassi Orsini. Comprende oltre 400 biografie, dovute a decine di collaboratori (il primo tomo riguardava più di 170 voci di ricostruzione storica e di dottrina). I biografati sono ovviamente politici, ma altresì intellettuali, filosofi, imprenditori, giuristi, finanche uomini di spettacolo, dell’Otto e del Novecento, viventi esclusi, con scelte che hanno programmaticamente favorito l’epoca post liberale per motivi editoriali.
Sono presenti grandi nomi del pensiero e dell’azione economica, che vanno oltre i limiti istituzionali del partito liberale. In tal modo si può rilevare la penetrazione del liberalismo in periodi infelici e in uomini di formazioni che programmaticamente liberali non erano. È il caso di Giuseppe Pella, ministro e presidente del Consiglio per la Dc, liberista molto apprezzato da Luigi Einaudi (va da sé, figura dominatrice nel Dizionario), che patì non pochi guai con i propri gruppi parlamentari, propensi all’assistenzialismo e ostili alla quadratura dei conti pubblici. Non è l’unico cattolico, posto che ebbe come ministro del Commercio estero l’indipendente Costantino Bresciani Turroni.
Se, naturalmente, Camillo Cavour e Quintino Sella ebbero posizioni primarie nella politica, la riflessione di un filosofo cattolico quale Antonio Rosmini (beatificato da Giovanni Paolo II) ha un peso in tema di proprietà privata, di libera concorrenza, di imposte proporzionali, come viene rimarcato nella specifica biografia. Sempre fra i cattolici liberali, nel Dizionario trova posto Alessandro Manzoni, del quale si sarebbe potuto citare il mirabile affresco della peste, denso di riflessioni sui perversi effetti del controllo sui prezzi. I molteplici volti del liberalismo (interpretati con la doverosa larghezza, forse in qualche caso eccessiva, come per la presenza di Enzo Vanoni) si riflettono in governatori della Banca d’Italia (Guido Carli, Donato Menichella, Bonaldo Stringher) e in ministri di svariato orientamento di partito. Sono i casi di Luigi Luzzatto (nome legato alla cooperazione), Ugo La Malfa (liberoscambista da titolare del Commercio estero), Epicarmo Corbino (che riuscì a impedire il cambio della moneta, voluto dal Pci), Alberto De Stefani (il quale guidò in direzione liberista le Finanze nel governo fascista agli esordi), Giuseppe Medici (specialista di economia agraria, passò dal Pli alla Dc), «Ciccio» Nitti (fra l’altro meridionalista come Giustino Fortunato).
La riflessione teorica e accademica è stata spesso congiunta con l’attività politica (si veda Antonio De Viti de Marco) e con un impegno pubblicistico pregnante (oltre a Einaudi, si può ricordare Libero Lenti). Stanno a sé, per altezza e originalità di riflessione, Francesco Ferrara nel secondo Ottocento e Bruno Leoni nel secondo Novecento.
di Cesare Maffi
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