Lettere inedite agli amici di Scozia e d'Inghilterra
a cura di Massimo Sciscioli
Dal Corriere di Romagna del 12 giugno
Quando il prossimo 23 giugno gli inglesi si recheranno alle urne per decidere se restare o meno in Europa, dovrebbero documentarsi, fra l’altro, sull’opera che Joseph Mazzini svolse in Inghilterra dall’inizio del 1837 fino allo sua morte. Sono stati pubblicati nel 2011 dalla Rubettino Editore due significativi volumi che raccolgono le lettere che Mazzini scrisse agli amici di Scozia e Inghilterra dal titolo “Nel segno della democrazia” a cura di M. Scioscioli e a Katherina Hill, moglie di Angelo Bezzi dal titolo “Dear Kate” a cura di Roland Sarti e Norah Mayer.
Stiamo vivendo tempi in cui il ricorso alle vicende storiche è sempre più frequentato non solo da politici politicanti, ma anche da studiosi che evidenziano l’importanza di fatti accaduti per il progresso e la civiltà dei popoli.
Mazzini arrivò esule a Londra nel 1837 in un periodo in cui stata vivendo, moralmente e materialmente, una profonda crisi. Sono i coniugi Carlyle-Thomas e Jane e poi gli Ashurst, con la loro amicizia e ospitalità, a tirarlo fuori dall’isolamento, per introdurlo nella società colta inglese che poi lo sosterrà nelle sue battaglie contro lo sfruttamento dei bambini italiani obbligati a chiedere l’elemosina per le vie di Londra, la tratta dei bianchi, e ad aiutarlo nella fondazione della scuola nel quartiere di Hatton Garden, aperta per questi giovanissimi immigrati italiani il 10 novembre 1841 e fondò anche il giornale “L’Apostolo popolare”, organo dell’Unione degli operai italiani, sezione della Giovine Italia.
Fra il 1846 e il 1847, utilizzando alcuni giornali della democrazia britannica, Mazzini entra da protagonista nel grande dibattito sulla democrazia. Come scrive Benito Lorigiola in occasione delle celebrazioni del bicentenario della nascita, Mazzini ha idee piuttosto chiare, che non dispiacciono ai suoi interlocutori, da John Stuart Mill a Thomas Carlyle. Egli interpreta la democrazia come una organizzazione della vita politica e sociale, di cui si limita a disegnare la cornice che serve a definirla (suffragio universale, parlamento, repubblica, uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, nessuna discriminazione fra i sessi, politiche a difesa dei più deboli, ecc.), sostenendo che i contenuti della democrazia devono essere il prodotto spontaneo delle associazioni dei cittadini. Non lo stato, quindi, ma il libero associazionismo di base rappresenta l’anima delle istituzioni democratiche.
Già nel 1826, Mazzini, non ancora ventiduenne, scrive per “l’Antologia” di G.P. Vieusseux il suo primo articolo “Dell’amor patrio di Dante” e nel 1829 “D’una letteratura europea”. Due articoli fondamentali, perché segnano il passaggio da un’Europa culturale a un’Europa politica, dove cultura e politica finiscono per incontrarsi. Si passa infatti da un’Europa depositaria di valori culturali comuni a un’Europa legata al concetto di progresso, che abbraccia ogni ambito dell’agire umano, da quello economico e sociale a quello dell’educazione, con le conseguenti implicazioni di carattere politico.
Da tutto ciò si evince come Mazzini contribuì a sensibilizzare il popolo inglese ad una cultura politica finalizzata ad una democrazia internazionale. Per Mazzini è inconcepibile un moto democratico in un solo paese se slegato da un contesto europeo e in prospettiva mondiale, per cui la stessa causa della libertà in Italia diventerebbe, per lui, priva di senso. Ma dopo il 1870 prevalsero i nazionalismi e gli imperialismi e la “memoria” di Mazzini verrà schiacciata.
E allora agli amici inglesi mi permetto un modesto suggerimento: riflettete sui pensieri di Mazzini sulla democrazia in Europa per non rimpiangere, ancora una volta, quello che scrisse Giosuè Carducci in occasione della morte del Padre dell’Unità d’Italia:
“L’ultimo dei grandi italiani antichi – il primo dei moderni – il pensatore – che di Roma ebbe la forza – dei Comuni la fede – dei tempi moderni il concetto – L’uomo di stato – che pensò e volle e ricreò una la nazione – irridenti al proposito sublime i molti – che ora l’opera sua abusano – il Cittadino – che tardi ascoltato nel 1848 – rinnegato e obliato nel 1860 -lasciato in prigione nel 1870 – sempre e su tutto sacrificò – che amò tanto e non odiò mai – GIUSEPPE MAZZINI – dopo quarant’anni di esilio – passa libero per terra italiana – oggi che è morto.
– O Italia quanta gloria e quanta bassezza e quanto debito per l’avvenire”.
di Danilo Ballardini
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di Danilo Ballardini