Leggere o non leggere ‘Mistero al cubo’? Dieci buoni motivi da non trascurare (spettacoli.tiscali.it)

del 10 Febbraio 2020

Un campus, una storia maschile, intrecci e sangue e il Sud che svela un volto ancora nascosto. Tutto questo nel libro di Lou Palanca

Dieci buoni motivi di Lou Palanca per NON leggere “Mistero al cubo”

1.L’Italia è un posto banale, la Calabria un luogo orribile e la nostra contemporaneità una noia infinita. Meglio un fantasy.

2. L’università. A chi vuoi che importi l’università? Chi ci è passato non vuole mica tornarci, chi non la conosce la evita. Libretti e baroni, lezioni e matricole, stress da esami e auguri fuori corso. No grazie.

3. Arca come? Arcavacata? Sicuro? Dovrei leggere un libro ambientato ad Arca come?

4. Lo scrittore è uno e tutti gli altri son nessuno. Non credo alle band di scrittura come non credo al rosario da campagna elettorale.

5. Sesso? Sì, ma poco. Cibo? Sì, ma poco. Dialetto? Quasi niente. Sangue? Qualcosina all’inizio. Niente, non sarà un libro di successo.

6. Il giallo ai giallisti, lo sport agli sportivi e gli ululati ai razzisti. ‘Sti Lou palanca non sono parenti di Jo Nesbo e non hanno scritto il loro giallo per scommessa, come fece Manuel Vazquez Montalban. Perché dovremmo dar loro fiducia?

7. Il cubo. Un altro mistero con il cubo? Mi sono appena ripreso dal trauma infantile di non aver mai risolto il cubo di Rubik e tu vuoi riportarmi dentro un mistero con un colore diverso per ogni lato? Preferisco una nuova chat su whatsapp.

8. Ahi ahi Lou Palanca, questa volta l’avete fatta grossa. Tutti maschi e niente donne. Tre maschi calabresi in un solo libro. Troppo testosterone per 224 pagine.

9. Il più grande campus italiano, il sogno splendente di formare la nuova classe dirigente del Meridione, la promessa luminosa che anche i poveri avrebbero potuto studiare, una nuova città del sole da edificare in riva al Crati: per le delusioni mi bastano i sondaggi.

10. E se poi mi piace devo stare attento a non spoilerare, e se poi mi entusiasma mi viene voglia di regalarlo, e se poi mi stupisce dovrei discuterne con amici e colleghi, e se poi ci fosse ancora qualcosa da fare per salvare l’università italiana, il professore De Vitis e il giovane ricercatore, se si potesse ancora trovare, tra le pagine misteriose di un giallo di provincia, una ragione per informarsi, per credere in qualcosa? Uff, meglio non rischiare.

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