Not “For Dummies”
Da decenni, ormai, spopola negli Stati Uniti la serie For Dummies. Si tratta di libri “per imbecilli”: manuali che spiegano in modo davvero elementare molti argomenti “difficili”, tra cui il DOS, gli scacchi, la filosofia. In Italia, forse non essendoci così tanti “dummies” come negli Stati Uniti, i For Dummies non hanno ancora avuto successo, anche se più di un titolo si è già affacciato dagli scaffali delle librerie.
Sì, ma ciò non implica che tutti gli italiani siano esperti di tutto. Ecco, in fin dei conti, anche alla nostra letteratura fanno comodo dei manualetti semplici semplici che possano dare delle prime indicazioni per muoversi attraverso concetti complessi. E, parlando di concetti complessi, che cosa c’è di più difficile dell’economia? D’accordo, d’accordo, la coomologia forse è più difficile, però si può vivere anche senza sapere nulla della coomologia, mentre non sapere nulla di economia espone a rischi molto grossi.
Che cosa può fare l’uomo comune, che vorrebbe evitare di trovare in balia delle onde, ma che per mille ragioni non può permettersi di passare notti in bianco su trattati che sembrano non finire mai? Può leggere il piccolo libro dell’economista Pierangelo Dacrema, intitolato L’economia di Clara. Non è un For Dummies, tranquilli lettori, è solo un saggio minimo che intende esporre gli elementi basilari della scienza economica, trattandoli, anzi raccontandoli, in un modo lineare, privo di asperità, nelle intenzioni comprensibile anche dai bambini. E allora, vediamo un po’ che cosa vuole raccontarci il nostro autore.
Scienza umana
Non siamo soli in questo libro. Facciamo subito la conoscenza di una bambina, appunto la Clara del titolo. Ha appena terminato la quinta elementare, dunque non è proprio piccola piccola: è in quella fase della vita in cui si comincia a voler capire certi aspetti astratti del mondo, cose che non stimolano immediatamente la curiosità. Noi lettori che non sappiamo nulla di economia capiamo presto di essere nella stessa situazione di Clara, perciò ci fa comodo avere una guida che ci apra la strada, facendo le domande giuste. Ma Clara non fa soltanto domande, è davvero sveglia e non si risparmia osservazioni acute e obiezioni penetranti: è proprio l’atteggiamento giusto, domandare e accontentarsi delle risposte è molto limitante, è un modo passivo di vivere, presuppone che ci sia un guru ripieno di tutta la scienza che ci serve. Già, ma qual è il guru? E se si dà credito a quello sbagliato?
Ecco il primo insegnamento di Clara, molto fra le righe: se l’economia è una scienza, presuppone un metodo, e il metodo è proprio questo, informarsi, bene, ma ragionare, ragionare sempre, senza essere pigri. Clara dà del filo da torcere sia alla maestra, sia ai suoi famigliari, i quali, tuttavia, se la cavano bene: il papà, la mamma, i nonni, se non hanno una soluzione, almeno hanno un problema da porre, uno a cui Clara non aveva pensato. Certo, la bambina è anche fortunata, perché ha una zia economista, e se non ne sa lei… !
Ebbene, dopo aver implicitamente capito il metodo della scienza in generale, vogliamo scoprire qual è esattamente l’oggetto di studio di questa particolare scienza, cioè dell’economia. Siamo, ovvio, preceduti da Clara, che discute con gli adulti a tal proposito: forse con una certa sorpresa per alcuni, viene fuori che l’oggetto dell’economia è l’uomo, ma non l’uomo in quanto scimmia nuda, l’uomo in quanto essere che vuole, che desidera, che ha obiettivi. Certo, la trasformazione dell’ambiente, la produzione e il consumo sono elementi sempre associati all’economia, ma interessano alla nostra scienza solo perché sono il frutto di scelte, di volizioni. L’economia, dunque, sembra essere una “scienza umana”, più che una “scienza naturale”, come la biologia o la geologia: sì, però occorre tenere a mente che l’accento è su “scienza” e non su “umana”. Anche se gli adulti spiegano a Clara che gli economisti non sono d’accordo su molte questioni, non lasciano che la bambina abbia dubbi, si tratta di scienziati che cercano delle regole:
Gli economisti sono gente strana […]. L’economia non si accontentano di viverla […]. Loro vogliono studiarla, sezionarla, […] scoprirne i segreti. Pretendono di governarla, di fissarne e modificarne le regole a loro piacimento. [Le regole dell’economia] non sono le regole di una scienza qualunque […]. Quando vuole essere una scienza come le altre l’economia tradisce quasi sempre sé stessa.
Capite, lettori, l’economia non è una scienza “come le altre”, ma è tuttavia una scienza e deve cercare delle regole perché le sue teorie siano sensate, non arbitrarie. È difficile, perché queste sono “le regole della vita”, ossia le regole della volontà e dell’agire umano: se già è dura per i matematici elaborare le “regole” degli insiemi, che in sé paiono essere pure astrazioni, figuriamoci quanto è dura scavare per trovare gli elementi fondamentali della nostra esistenza quotidiana!
Sarà uno sporco lavoro, eppure qualcuno cerca di farlo, appunto. Quindi, se vogliamo fare della scienza economica, non siamo necessariamente costretti a seguire una teoria, però siamo obbligati ad avvicinare l’oggetto di studio in modo rigoroso e preciso, ricordandoci che non possiamo “dire la nostra”: non ci sono tante teorie contrapposte perché ogni economista propone ciò che a lui piace, ma perché l’oggetto dell’economia è difficile da comprendere, nelle sue parti più basilari. Ah, e dobbiamo ricordarci di non travalicare i confini: sottilmente, Clara ci fa intendere che andare troppo oltre con le domande, e con la curiosità, ci porta fuori dall’economia, nel territorio di altre scienze. Anzi, nel territorio della filosofia.
C’è poco denaro, nell’economia
Dopo aver familiarizzato con il tema “metodologico”, che almeno a me sembra il più importante del libro, possiamo seguire Clara senza temere di perderci. Abbiamo un primo insegnamento concreto, terra terra, se troviamo la questione del metodo ancora troppo teorica, astratta:
Non dar retta a chi ti dice che l’economia è fondata sul denaro, sui soldi.
Sorprendente, non è vero? Certo, occorre una prova, e infatti il nostro libro ci porta indietro nel tempo, invitandoci a riflettere sulla preistoria. Sì, con tutte le limitazioni del caso, è possibile abbozzare una scienza economica della preistoria, considerando gli elementi che non sono cambiati, dai tempi delle caverne ai giorni nostri. Giungiamo dunque a capire che a generare un’economia non sono, appunto, i soldi di per sé, bensì le azioni e gli uomini in quanto esseri che agiscono. Ci ricordiamo del baratto e in effetti è chiaro che il denaro non serve perché si abbia un’economia, però dobbiamo superare anche il baratto, perché lo scambio è già un passo successivo: tutto comincia con il desiderio di migliorare, di andare oltre lo status quo, e con l’azione che rende possibile il cambiamento.
Ebbene, qui mi è impossibile non fare un’osservazione. Se non abbiamo mai letto un manuale universitario di macroeconomia, uno proprio basilare, saremo in ogni caso istruiti da (e insieme) a Clara proprio sui concetti che mettono d’accordo tutti gli economisti, altrimenti “rissosi”. Con un’estrema facilità e naturalezza, oltre a ciò che ho sopra riportato, si presentano ai noi il rapporto fra costi e benefici, l’uomo “economico”, cioè un agente (idealmente) razionale che prova avversione per il rischio, e via dicendo. Mentre su un manuale il tutto è introdotto senza troppi complimenti, perché bisogna soffermarsi su altri problemi, con L’economia di Clara abbiamo l’occasione di “ricavare” da semplici osservazioni e storielle tutto ciò che è dato per scontato in facoltà, ma che può essere completamente sconosciuto all’uomo qualunque. In breve, L’economia di Clara, costruendo un discorso “a tappe”, cerca di suscitare nel lettore quel “piacere della scoperta” che aiuta a capire e a memorizzare: e credo che il piacere della scoperta sia né più né meno che la visione della catena dei ragionamenti, con tutti gli anelli belli chiari, in evidenza.
Non abboccare a nessun amo
Clara non si accontenta di esporci metodo e fondamentali. Ci regala qualche utile dritta e un “minicorso avanzato” con qualche pillola di storia dell’economia.
Per ciò che riguarda le dritte, due in particolare mi hanno interessata. La prima dritta è in sostanza un richiamo alle divergenze degli economisti. Quante volte sentiamo al telegiornale discorsi sui prezzi, sul mercato in generale? Ebbene, Clara, e noi con lei, scopre che il valore, i prezzi e il mercato sono praticamente degli oggetti sconosciuti:
[…] nessuno sa esattamente che cosa sia il mercato, anche se tutti ne parlano in lungo e in largo. Certo la politica influenza anche le idee che si hanno sul mercato e sulla sua capacità di funzionare. Non a caso luoghi e nazioni diverse, con politiche diverse, hanno mercati e prezzi diversi.
Ecco che torna utile il “discorso sul metodo”. Tutti parlano, ma nessuno sa: invece noi lettori, che non siamo dei “dummies”, sappiamo di dover essere cauti, spiegando a noi stessi ciò che succede sulla base delle informazioni (rilevanti) che abbiamo selezionato là dove sappiamo di poterle trovare. In particolare, dal discorso che il nostro autore ci suggerisce, forse non sapremo mai esattamente ciò che accade, ma come non lo sappiamo noi, non lo sanno nemmeno quelli che parlano di “scelte obbligate” e di “sacrifici inevitabili”. Insomma, non dobbiamo credere che l’economia sia controllata capillarmente: non è controllata da un’élite malvagia, quindi non dobbiamo essere complottisti, però non è controllata nemmeno da un’élite di saggi infallibili, quindi non dobbiamo essere dei boccaloni che accettano passivamente ogni notizia, ogni esternazione in materia di economia.
Il mercato non lo controlla nessuno, abbiamo capito, ciononostante vorremmo poter migliorare qualcosa, anche nel nostro piccolo. Vorremmo che tutto, noi compresi, fosse un po’ più efficiente. Ed ecco l’altra dritta, che appunto riguarda l’efficienza. Non è una preoccupazione di molti, l’efficienza? Be’, se non lo è, dovrebbe esserlo. E se già lo è, bene, ma… come si può essere efficienti, più efficienti? Neanche a dirlo, prima bisogna capire che cos’è l’efficienza. E Pierangelo Dacrema, con un’invidiabile schiettezza, per bocca del nonno di Clara ci spiega che l’efficienza è… la velocità. Sì, sì, nessuno di voi lettori supererebbe un’esame con una simile risposta, però, gira che ti rigira, l’idea è quella: efficiente è chi è più veloce. Ma con un trucco: bisogna stare attenti, è efficiente chi è più veloce a parità di fattori iniziali. Con le parole del nonno:
Solo mettendo in gara due uomini con due automobili di uguale potenza scopriamo davvero chi è più efficiente, il più veloce.
E da ciò, di nuovo con un certa sorpresa, segue che forse il nostro mondo tecnologico non è proprio così efficiente come siamo abituati a credere…
Due “big”
Prima ho accennato ai temi più “avanzati” del libro. Ebbene, lettori, non posso riassumerli tutti, non avrebbe senso. Però posso dirvi che Clara si imbatte anche nelle questioni etiche legate all’economia: in particolare, riflette sull’esistenza della povertà e sulla relazione di questa con gli altri elementi economici. In tale contesto, siamo introdotti, con estrema concisione, al pensiero di due grandi dell’economia: Marx e Keynes. Marx certamente è più noto e in verità il libro non va oltre la superficie del suo pensiero. Probabilmente, ciò che preme al nostro autore è farci capire due cose. La prima è che non c’è un sistema economico “naturale”: anche se viviamo in un sistema capitalistico, non c’è motivo per non considerare alternative radicali. La seconda è più sottile: Dacrema ci ricorda che “anche Marx ha commesso degli errori”, quindi dobbiamo stare attenti a non attribuire alle intenzioni una preminenza sui fatti. Voler migliorare le cose non garantisce di aver ragione.
Keynes, scommetto, è per molti un illustre sconosciuto. Anche in questo caso, non possiamo presentarci in facoltà e sperare di superare l’esame, ma almeno la nostra testa non emetterà una sequela di punti interrogativi, la prossima volta che al telegiornale sentiremo il nome dell’economista o l’aggettivo “keynesiano”. Tre cose impariamo su Keynes: pensava che il capitale non fosse un male, ma che il mercato andasse “regolato”; molte sue idee sono state messe in pratica, ma poi si è cominciato a credere che favorissero l’inflazione (tranquilli, l’inflazione è definita, nel libro); “[…] ha provato a salvare capra e cavoli”.
La cabbala di Clara
Lettori, vi ho dato un’idea sommaria del libro. Gli argomenti toccati sono più numerosi e c’è anche una sezione finale che propone un abbozzo di “economia senza soldi”. Sono capitoli che mi sembrano sperimentali, quasi una sorta di esercizio proposto al lettore, più che un serio tentativo di inculcare una nuova proposta economica. Proprio per questo, tuttavia, la sezione mi sembra travalichi le intenzioni del libro: un lettore un po’ distratto potrebbe non cogliere le sottili obiezioni e insinuazioni che compaiono in quelle pagine. Potrebbe prendere tutto sul serio, dimenticandosi di essere cauto: ma è l’immaginazione di Clara a parlare, il nostro autore non dice nettamente di aver trovato la ricetta magica per sistemare ogni cosa in campo economico.
Devo essere sincera, non sono soltanto i capitoli finali a presentare delle note stonate, c’è qualche difetto nella struttura generale del libro. Paradossalmente, uno dei difetti è proprio Clara. La nostra protagonista è un po’ “sui generis” per essere una bambina di dieci anni. Il suo modo di esprimersi non è propriamente consono al suo personaggio, usa a volte espressioni molto ricercate, perfino solenni, lasciandosi andare a pensieri e a osservazioni che difficilmente potremmo attribuire a una bambina. Ad esempio, nell’introduzione ricama frasi numerologiche e simboliche:
Sette è il numero della piramide, il triangolo appoggiato su base quadrata, dato dalla somma del tre, che simboleggia la volta celeste, e del quattro, che rappresenta il globo terrestre. E si potrebbe continuare.
Per quanto intelligente, dubito che una bambina che si avvia alle medie abbia in mente simili nozioni. E, se anche le avesse, non credo si esprimerebbe con quel formalissimo “e si potrebbe continuare”. Clara è problematica anche per un altro motivo: il suo nome compare poco. Spesso è identificata come “la bambina” e ciò non aiuta per nulla a renderla simpatica, famigliare. Viene percepita come un personaggio fra gli altri, tutti identificati con i loro ruoli (“il papà”, “il nonno” e così via). Questo, combinato a certe scene anche piuttosto dure che spuntano qua e là nella narrazione (quando si discute dell’economia primitiva, ad esempio) può generare un senso di inquietudine nel lettore.
Ora, se un adulto può superare la cosa e concentrarsi sulle informazioni, per un bambino è più difficile avvicinarsi al libro. Non credo che ai nostri bambini si debba risparmiare sempre e comunque la parte cruda del mondo, però è anche vero che bisogna in un certo senso prepararli: il discorso del nostro autore fila senz’altro così come l’ha impostato, ma l’apparire improvviso di alcune asperità non lo rende adatto a “bambini non accompagnati”.
Chiude il cerchio delle osservazioni critiche la struttura dei dialoghi. Ci sono molti dialoghi nel libro, ed è certamente un bene, perché evitano la pesantezza tipica dei trattati e dei manuali. Tuttavia, si è scelto di usare spesso il discorso libero, diretto e indiretto, e ciò, a mio parere, è infelice: poiché il libro non è un romanzo, il discorso libero non comunica qualcosa in più, non dà l’idea di una narrazione concitata, più che altro affatica la vista. E questo non è di certo in linea con un libro che intende insegnare qualcosa in modo semplice, e nulla più. Benché il discorso libero sia una tecnica molto in voga, e spesso efficace, le care vecchie virgolette e i verbi dichiarativi del discorso legato saltano all’occhio, e aiutano a distinguere bene le parti del testo: nel nostro caso, avrebbero agevolato la lettura e la comprensione.
“Per intelligenti”!
Lettori, L’economia di Clara non è perfetto, però va riconosciuto che i suoi difetti sono dal lato della forma. E siccome Pierangelo Dacrema è un economista, non un romanziere di professione, né un autore di libri per l’infanzia, possiamo essere indulgenti e comprendere le difficoltà che deve aver incontrato nella stesura del libro. Consideriamo L’economia di Clara per l’obiettivo che intendeva raggiungere: be’, su questo non c’è molto da discutere, ciò che voleva dire lo dice e alla fine della lettura non ci sentiamo traditi. Perciò, vediamo di non arrenderci anche alla moda dei For Dummies, se cerchiamo un testo che ci dia ciò che ci serve, ossia risposte semplici per orientarci un po’ nel nostro mondo complesso, abbiamo già autori capaci di soddisfarci. Autori intelligenti, “per intelligenti”.
Dunque, se avete deciso che è il momento di gettare le basi della vostra (ancora) inesistente competenza economica, date una possibilità a L’economia di Clara, e magari leggetelo insieme ai vostri bambini, così faciliterete loro la lettura e insieme capirete ciò che c’è da capire. Se lo farete, io vi auguro una buona lettura!
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