Da Il Quotidiano del Sud del 23 aprile
Se volessimo, anche se solo per un attimo, parafrasare il titolo del suo ultimo libro, potremmo dire che “Le stelle cadenti” non sono affatto finite. Anzi continuano a brillare. Già perché martedì sera a Rende, nell’ambito del Premio letterario “Amaro silano”, a Massimo Felice Nisticò è stato assegnato il Premio speciale “per l’Opera narrativa e Menzione di merito Amaro silano 2015”. Un’altra bella soddisfazione, considerato che il Premio – così come si legge nella lettera di indizione del concorso – “opera all’esclusivo scopo di contribuire a diffondere la cultura calabrese che affonda le proprie radici in secoli di storia, perciò accetta la partecipazione di opere realizzate da autori che comunque abbiano un legame con la Calabria”.
L’ultimo romanzo dello scrittore catanzarese, pubblicato dalla Casa editrice “Rubbettino” aveva già conseguito, nell’estate 2014, il prestigioso riconoscimento di essere “Selezione Premio Carver 2014” (Premio nazionale di rilievo definito “il Contropremio dell’Editoria italiana”); nel gennaio 2015, per lo stesso romanzo, Nisticò viene ammesso fra gli autori del Premio Nabokov per la Letteratura.
È la ragione dell’incanto ciò che permea l’ultima fatica letteraria del medico urologo catanzarese. Traspare con molta semplicità fra le pagine del romanzo. Ed è quell’incanto nascosto e svelato via via in molte pieghe dell’esistenza. È l’incanto evocato nella voce di un padre – anche se scomparso -; l’incanto nella scoperta dell’imperfezione della vita e che tutti si è magnificamente imperfetti; l’incanto nello sguardo premuroso di una amica che si è prima amata poi smarrita e infine ritrovata come sostegno per una madre da sempre inaccessibile; l’incanto nel poter vedere i propri figli spiegare le ali e cogliere il privilegio di prepararli al volo; l’incanto nello scoprirsi fragili e forti allo stesso tempo solo per aver continuato a rincorrere stelle cadenti; l’incanto che tutto diventa importante nella vita se lo sguardo viene spostato sempre un po’ più avanti.
«Non ci si riferisce a favole disneyane o a certi voli di ardita fantasia: qui – spiega Massimo felice Nisticò – si parla della magia rivelata da uno sguardo maturo sulle cose di ogni giorno, dell’incanto della vita “ordinaria”, di quella straordinarietà del quotidiano che riesce a dare il vero sapore all’esistenza solo se è illuminato da una luce disincantata di occhi finalmente nuovi».
Queste, dunque, sono le stelle cadenti che “devono” finire per lasciare spazio a tutto quel loro incantevole bagliore rimasto lì come scia luminosa nella propria coscienza. Gli accenni ripetuti alla Vita che comincia, al “vivere” in senso compiuto, che si ritrovano in testa alle sezioni del romanzo sembrano proprio le tracce luminose di quelle stelle incastonate lungo il cammino della vita di ogni uomo e di ogni donna.
Per il protagonista del romanzo, perciò, (e, in ultima analisi, per il lettore) è sicuramente possibile rintracciare una via per essere felici: sì, davvero felici!
C’è forse ricerca più attraente per cui valga la pena di vivere?
E allora, accanto all’incanto siedono la ricerca della libertà e della felicità attraverso un’introspezione che non ammette l’uso delle menzogne. Perché «un’Altra Stagione, quel tempo mancante, quella prospettiva diversa, per niente comune, affatto ortodossa, che getta luce, spesso fastidiosa su ciò che chiamiamo vita», come sottolineò l’autore stesso al termine della presentazione di un altro suo libro – appunto “Un’Altra Stagione” vincitore del premio “Pavese – è possibile.
di Teresa Aloi
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