Claudio Cavaliere, Bruno Gemelli, Romano Pitaro
L’ape furibondaUndici donne di carattere in Calabria
«Non saprà mai di essere stata la prima in Italia. Solo quando nel 2016 la presidente Boldrini inaugurerà a Montecitorio la “Sala delle donne” con le foto delle prime italiane impegnate nelle istituzioni elettive sarà ufficializzato questo primato.» Caterina Tufarelli Palumbo, detta Ketty, nata a Nocara, «ultimo lembo di Calabria ionica verso la Basilicata, stretto tra il mare e la catena del Pollino», a soli ventiquattro anni, ma già moglie e madre, viene nominata sindaco di San Sosti il 24 marzo del 1946: «Alla fine della tornata elettorale amministrativa in Italia sono elette complessivamente undici donne sindaco e di queste tre sono calabresi, il numero più elevato. Oltre a Ketty, il 31 marzo è eletta sindaco di San Pietro in Amantea Ines Nervi, quarantadue anni, mentre l’8 aprile 1946 è eletta sindaca di Tropea Lydia Toraldo Serra, quarant’anni. Tutte e tre sono militanti della Dc. Con tre sindache su undici, la prima eletta e la più giovane, la Calabria si presenta come la punta avanzata della rinascita dell’impegno femminile nella politica comunale, se si considera che in quell’elenco sono assenti regioni come Toscana, Piemonte, Liguria, e per ritrovare un’altra donna a capo delle nascenti amministrazioni comunali bisogna risalire la penisola fino alla provincia di Rieti. C’è da capire come mai nel prosieguo della vita politica della nostra regione il ruolo delle donne sia diventato così minoritario. Bisognerà arrivare al 1963 per avere la prima donna calabrese eletta alla Camera dei deputati e addirittura al 1994 per il Senato.» Caterina Tufarelli Palumbo è una delle protagoniste di L’ape furibonda. Undici donne di carattere in Calabria, recentemente edito da Rubbettino. Nove racconti, dedicati a donne che, a partire dall’unità nazionale, hanno avuto un ruolo importante nella storia della regione e di cui sono autori tre giornalisti, Claudio Cavaliere, Bruno Gemelli e Romano Pitaro. Da «Maria Oliverio, detta Ciccilla, certamente la più famosa brigantessa post unitaria del Sud Italia, l’unica ad essere stata condannata a morte» a Maria Teresa De Filippis, Anna Maria Peduzzi, Ada Pace, corritrici, ovvero pilote di F1: «Che gara era “Il Giro automobilistico delle Calabrie?” Un saliscendi tra colline, montagne e pianure. (…) Un percorso lunghissimo che si snodava lungo le statali jonica, tirrenica e centrale, un tracciato a forma di otto, che toccava tre volte Catanzaro, alla partenza, nel passaggio intermedio, dopo aver toccato le province di Reggio Calabria e di Cosenza, e all’arrivo. Percorso variegato e bellissimo, Impegnativo. L’altitudine andava dai 5 metri sul livello del mare di Locri ai 1.620 metri di Montoscuro.» Da Giuditta Levato, uccisa perché difendeva, contro i vecchi padroni, il fondo assegnato dal governo alla cooperativa Calabricata – «I precari di oggi, uno scandalo che tiene in sospeso migliaia di vite, neanche se la ricordano Giuditta. Nelle scuole italiane e nei testi in uso, del formidabile movimento contadino per la conquista delle terre (1943-1953), dei suoi protagonisti, della violenza dei latifondo e degli eccidi non c’è traccia» – all’appassionata Giuseppina Russo, nata a Roccaforte del Greco e partigiana a La Spezia insieme al marito Marco Perpiglia – «L’aspetto più incredibile della loro vita è la scarsità di fonti documentali su due personaggi che avrebbero meritato ben altra attenzione che l’oblio in cui sono caduti e che solo da poco si sta cercando di rimuovere. (…) Ancora oggi i loro nomi non compaiono nel pur meritorio tentativo dell’Anpi di creare un abbozzo di Atlante dei partigiani.» Da Serafina Battaglia, che «fu la prima donna in Italia, in assoluto, ad accusare pubblicamente e ripetutamente nelle aule giudiziarie di Perugia e Catanzaro la mafia.» a Rita Pisano, la jeune fille de Calabre, comunista di spirito libero dipinta da Pablo Picasso, promotrice degli Incontri Silani e più volte sindaca di Pedace. Da Rosa Graziano, seconda moglie dell’ingiustamente condannato all’ergastolo Salvatore Gullo all’eclettica marchesa Maria Elia De Seta Pignatelli, madre, tra gli altri, di Vittorio De Seta, una vita definita da qualcuno un capolavoro futurista, ritratta da Severini e Guttuso, appassionata della Sila, autrice di testi tra cui l’Introduzione alla Calabria, «un libro complesso, a tratti ostico, ma dalle annotazioni ficcanti… (…) Un tour che va avanti per anni e che, infine, la porta a dedurre che “la Calabria non è un paese di musica, ma di pensiero che, subito crea formule e regole”.» Un piccolo libro stimolante, che dà rilievo a donne che non hanno ancora avuta l’attenzione che meritano e che mostra, nello stesso tempo, come il ruolo delle donne nella nostra storia recente sia stato più forte e incisivo di quanto abitualmente si pensi. Una pubblicazione meritevole che potrebbe certo essere arricchita di altre storie. Magari, scritte anche da donne.
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