Il tema delle immunità parlamentari costituisce da sempre un nervo scoperto nella dinamica degli equilibri tra i poteri dello Stato oggetto di vivace dibattito negli ultimi tre decenni di storia repubblicana.
Nella temperie italica più recente, il dibattito è stato influenzato dalla sua, talvolta inopportuna, contestualizzazione in un diffuso mainstream di antiparlamentarismo che indulge però a sottovalutare le dinamiche di tali rapporti a favore di una disintermediazione che postula una complicata “simbiosi” identitaria tra rappresentante e rappresentato accantonando talvolta le profonde ragioni esistenziali dell’istituto.
Il volume si caratterizza per almeno due importanti contributi al dibattito. In primis, esso offre una precisa ricostruzione della genesi dell’istituto nel dibattito della Costituente, essenziale come è ovvio per comprendere a fondo la ratio dell’istituto. In secondo luogo, esso opera una inedita e quanto mai opportuna, in subiecta materia, comparazione delle soluzioni adottate da alcuni Stati membri dell’Unione Europea oltre che dagli USA in tema di immunità procedurali in ambito penale. Non esiste infatti neanche in questo ambito un modello comune europeo, pur prevedendo quasi tutti gli Stati membri norme costituzionali che prevedono forme più o meno estese di protezione. Da quella comparazione efficacemente schematizzata emerge appunto un panorama di Paesi che limitano l’inviolabilità alla protezione della sfera delle libertà personali del parlamentare, consentendo però che le sue condotte siano oggetto di atti investigativi (Italia, Francia) mentre altri, invece, estendono la copertura anche alla semplice sottoposizione alle indagini (Germania, Spagna). Dobbiamo dunque essere grati agli autori per averci donato un contributo prezioso, innovativo e stimolante, anche grazie ai passaggi di descrizione della “fisionomia” dei lavori parlamentari.