da Italia Oggi del 5 Giugno
Il Pci aveva Gramsci, suo fondatore. Lo pubblicò, lo discusse, lo impose nel tessuto culturale del nostro Paese, come era giusto, dato che si trattava di un pensatore di prima grandezza. La Dc aveva Sturzo, fondatore del Ppi. Anzi non lo aveva, perché non volle averlo. Per un po’ lo trattenne negli Usa e quando ritornò venne esiliato in patria come un coleroso. Un corpo estraneo al nuovo partito, che con La Pira, Fanfani e Moro tendeva alla alleanza con i socialcomunisti. Ma che cosa aveva di insopportabile Sturzo? Era un cristiano liberale, o meglio: un cristiano «e» liberale. Che polemizzò sino alla morte contro le tre «malebestie della democrazia»: statalismo, partitocrazia e sperpero del danaro pubblico. La Dc, del resto, alla cultura politica preferiva la «mediazione». E fu così che le dottrine di Gramsci conquistarono la società civile, nonostante il fattore K impedisse ai suoi nipoti di pervenire al potere politico. Con una «guerra di posizione» la sinistra divenne «classe dirigente», mentre la Dc si degradava a «classe dominante». Cristiano integerrimo (è in corso la beatificazione) e politico accorto, Sturzo ebbe da Mussolini un grande regalo: l’esilio. Senza il quale non avremmo quel complesso di scritti (più di 30 volumi nelle «Opera omnia»), che offrono insieme una antropologia, unasociologia e una politologia cristiana. Opere che rivelano, ovviamente, il condizionamento dei tempi in cui furono scritte, ma che possono ancora offrire utili orientamenti e proposte. Opere non facili, che avrebbero avuto bisogno di semplificazioni, sintesi e divulgazione. A distanza di mezzo secolo, il miracolo. Nella sua Sicilia, con un lavoro di non pochi anni che ha coinvolto tutti i principali studiosi di Sturzo, è giunto a compimento in questi giorni il Lessico sturziano: una vera enciclopedia, edita da Rubbettino (a cura di Antonio Parisi e Massimo Cappellano, 1.100 pagine, euro 65), che offre tutte le sue teorie in una serie di lemmi, facilitandone la ricerca e la comprensione. Un’opera di grande utilità culturale, che purtroppo esce in un momento in cui la presenza dei suoi eredi spirituali (i cosiddetti postdemocristiani) non avviene in un partito popolare autonomo, come ín tanti paesi d’Europa, ma in case diverse. La diaspora dei cattolici in politica, iniziata quando Martimw.zoli nel 1993 sciolse la Dc e fece rinascere un partito, che di Sturzo usava lo stesso nome («popolare»), ma non le stesse idee, è oggi totale: li troviamo tanto in un centro-destra meno al servizio della ideologia che degli interessi del suo Patron, quanto in un centro-sinistra che fa parte del Partito Socialista Europeo e ha sostituito il marxismo con un relativismo soft e radicaleggiante. Quasi che fosse nel giusto Gramsci, quando profetizzava che con la nascita del Partito Popolare «il cattolicismo entra in concorrenza col socialismo e sarà sconfitto e definitivamente espulso dalla storia dal socialismo». La Balena non c’è più e le sardine non fanno più mucchio. E, soprattutto, i vaioli che ispirarono Sturzo a fondare il Partito Popolare paiono sempre più assenti in un Paese, la cui cultura sicuramente è «debole» e tendenzialmente nichilista. Tanto che la prassi politica è divenuta «fluida» e «liquida». Il fanatismo ideologico del passato, per fortuna, è stato superato, ma l’agire politico si è fatto sempre più provvisorio, incerto e mutevole. Anche confuso. Si è dissolto quel sistema di categorie orientative, che Gramsci aveva dato alla sinistra e che a Sturzo è stato impedito di introdurre nel centrodestra. E che non potrà certo rinascere oggi, mentre il Paese appare, nella vita civile e nel costume, sempre più distante dai valori cristiani. Tanto che la stessa Chiesa cattolica ha frenato tutti i tentativi, anche recenti, da riesumare qualcosa di simile alla Dc. Ma, scriveva Sturzo, il «popolarismo» è molto più di un partito politico, è una teoria politica, che continuerà ad avere una sua validità, «anche se scomparissero tutti i partiti popolari». La conoscenza del sistema socio-politico di Sturzo, che il Lessico sturziano offre ora nella sua completezza, convince il lettore che l’eredità del popolarismo ha ancora molto da offrire alla teoria .e alla prassi politica. La democrazia, nata politica, è divenuta sociale. Bene. Purtroppo oggi zoppica e fatica e funzionare. Le manca quel carattere, che Sturzo riteneva primario, la dimensione morale e religiosa, che a fianco e sopra il diritto pone il dovere. La democrazia cristiana non è un feudo della Chiesa, ma una costruzione laica dell’Europa: «solidarista, popolare e sociale».
di Gianfranco Morra
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