Nel suo recente libro “Storia del mondo post-occidentale, cosa resta dell’età globale?” l’Autore, docente all’Università Benincasa di Napoli, legge con attenzione le politiche dei governi Clinton, Bush, Obama e Trump.
Il professore dell’Università Benincasa di Napoli, cui dobbiamo, uscito solo un paio di anni prima, un allarmante “l’autodistruzione dell’Occidente , dall’umanesimo cristiano alla dittatura del relativismo”, in questo libro legge gli eventi storici che si sono succeduti dalla caduta del muro di Berlino e la successiva fine dell’Unione Sovietica.
Partendo dalle visioni ottimistiche generate da questi eventi, in gran parte imprevedibili e clamorosi, come gli scritti sulla fine della storia o l’illusione che si sarebbe in qualche modo affermato un nuovo unico ordine mondiale all’insegna del capitalismo e della democrazia, l’Autore ripercorre puntigliosamente gli anni che ci separano da quegli eventi. In particolare cura con attenzione le politiche delle amministrazioni americane che si succedono in questi anni (Clinton, Bush, Obama, Trump) e le scelte strategiche dell’amministrazione americana.
Analizza la sfida del radicalismo islamico con gli attentati alle Torri Gemelle e la reazione americana; la guerra in Afghanistan e in Iraq. Poi il mandato di Obama, il disimpegno da diversi scenari mondiali, l’allargamento alla Cina dell’organizzazione del commercio mondiale e le sue conseguenze, le crisi dell’ultimo decennio con la crescita del ruolo cinese sullo scenario mondiale, le crisi (provocate) nel Medio Oriente e le primavere arabe, il deterioramento dei rapporti con la Russia e la lunga crisi ucraina.
Una rassegna ben organizzata di eventi che consente al lettore di richiamarsi alla mente gli scenari sui quali oggi continuano a svolgersi le vicende mondiali.
Capozzi però non è solo un cronista distaccato. Già i titoli di questi ultimi due libri denotano una precisa posizione culturale, la sua lettura non è neutra, ma cerca di cogliere alcune aporie e i veri errori che hanno condizionato le diverse scelte politiche.
Ne sottolineerei alcune. Innanzitutto, la già accennata illusione che dal crollo di un sistema – quello sovietico che per decenni aveva condizionato la vita politica e lo sviluppo non solo di parte dell’Europa ma, con la sua influenza internazionalista, anche molte parti dell’Africa e dell’America latina, per non parlare di Cina e satelliti – potesse nascere, quasi magicamente, una imitazione del sistema democratico presente nell’Occidente.
In secondo luogo e di converso, l’illusione, per gli occidentali, che il sistema dell’economia capitalistica, con l’accrescimento e la diffusione del benessere potesse portare quasi automaticamente la democrazia nei paesi mancanti, completata dall’uso delle armi per “esportare la democrazia”.
Un’osservazione utile per capire il travaglio del mondo in cui viviamo è data dalla manifesta incapacità da parte dei poteri politici occidentali di cogliere la complessità dell’anima dei popoli. Pensare che il solo sviluppo economico sia sufficiente alla costruzione della pace si è rivelata un’illusione.
Pensiamo alla strage in Ruanda, Paese fino a quegli eventi drammatici definito come una Svizzera dell’Africa e naufragato per lo scatenarsi di un elemento immateriale quale sono le rivalità etniche. O a quello che è successo nei Balcani dopo la fine del contenitore costituito dalla Jugoslavia di Tito.
Le scelte varate in questa fase storica dai poteri occidentali –nell’immediatezza apparse come sagge – si sono rivelate alla distanza improvvide e miopi. L’incapacità di leggere le diverse identità dei popoli e delle nazioni ha fatto perdere, nel giro di pochi anni, una riconosciuta supremazia culturale: resta, forse ancora per un po’, la potenza militare di Usa e alleati.
Ma i fatti che sono sotto i nostri occhi in questi giorni: la crescita dell’attivismo cinese e le nuove iniziative dei Paesi arabi e dell’Iran, la perdita di un ruolo occidentale significativo in Sudan o la crisi della Francia con le sue ex colonie, stanno dimostrando la rapidità di un mutamento globale di cui non sembra che l’Occidente si stia rendendo pienamente conto.
La mappa di Capozzi, ovviamente discutibile come tutte le letture di livello globale, è un ottimo strumento per capire un po’ di più il nostro tempo