Con una scelta di scritti e gli indici della rivista (1948 - 1956)
La rivista che Elena Croce diresse con il marito Raimondo Craveri. Storia di una passione liberale condivisa in un piccolo e altolocato mensile. Due vite e altrettante anime
Alla fine della guerra la meglio gioventù trovò un’Italia assai diversa da quella vagheggiata nel bagno di purificazione della Resistenza. Il paese reale era nella nera tetraggine delle città distrutte e, accanto alle macerie materiali, c’erano quelle culturali e morali. Traballavano perfino i significati e pareva indispensabile restituire un senso condiviso a parole chiave come libertà e democrazia. La disillusione fu cocente e non toccò solo chi avrebbe voluto la rivoluzione socialista. “L’eroismo dell’opposizione si era rapidamente dissolto al contatto con la realtà disarmante e antieroica del secondo dopoguerra nella quale non c’era più giustificazione all’uso della parola fratello, e il nome libertà suonava quasi ridicolo, e parlare di creatività o di poesia non era nemmeno retrogrado, era sconveniente”. Così scrive Emanuela Bufacchi nel saggio introduttivo al suo libro, “Elena Croce e Lo Spettatore Italiano: una vocazione per la civiltà”, pubblicato da Rubbettino. Quella dello Spettatore Italiano fu la storia di una passione liberale vissuta in una piccola e altolocata rivista – di cui qui si forniscono i preziosi indici, una selezione di scritti e scambi epistolari con amici e collaboratori tra i quali Italo Calvino, Franco Fortini, Cesare Cases, Pietro Citati, Leo Spitzer, Elémire Zolla. Lo Spettatore uscì per otto anni, tra il 1948 e il 1956, con il sostegno finanziario della Comit, la Banca commerciale italiana di Raffaele Mattioli, discepolo di Benedetto Croce e gran mecenate del tempo; ed ebbe una sua sorprendente parabola politica e culturale.