Ernesto Preatoni, Giancarlo Mazzuca
La vita oltre l’EuroEsperienze e visioni di un economista pragmatico
Da Il Messaggero del 4 dicembre
Una chicca uscita dalle mani e dal forno di due abili pasticcieri. Giancarlo Mazzuca, direttore del Giorno, e giornalista di alto e massiccio fusto, ed Ernesto Preatoni, noto e combattivo imprenditore che dice pane al pane, vino al vino, aceto all’aceto. Ciliegina sulla leccornia, la sapiente prefazione di Paolo Savona, economista di vaglia, con il quale, assieme a Francesco Cossiga, amico d’entrambi, passai un indimenticabile Capodanno a Marrakech, vestito, io, da torero con la lingua di Menelik fra le labbra.
Giancarlo, uno dei maggiori consumatori italiani di tortellini, con quell’aria sorniona e insinuante e quella conoscenza dell’economia che pochi hanno, esordisce con una domanda: “Lei, Preatoni, è stato fra i primi a rilevare i difetti della moneta unica: quando ha capito che l’euro sarebbe stato un errore?”. Risposta perentoria dell’intervistato: “Fin dall’inizio. Ho compreso che l’euro sarebbe stata una palla al piede per la semplice ragione che, in assenza di un’unione politica, sarebbe stato impossibile redistribuire la ricchezza, e avremmo così avuto economie indipendenti che potevano viaggiare a velocità completamente diverse in presenza di un sistema di cambi fissi. Non solo: per noi italiani sarebbe stato più difficile pagare un debito pubblico espresso in euro”.
Dio mio, ci vuole molto a dire le cose come stanno senza frastornare e propiziare le cascaggini dell’ascoltatore e del lettore con sesquipedali saggi che più sono lunghi più ti confondono le idee?
Del tanto celebrato trattato di Maastricht gli italiani, scusate il termine, se ne fottono. Gli italiani, a parte gli inquilini del palazzo che hanno i piedi nell palude politica e le mani nelle greppie del potere, dei negoziati che hanno preceduto la gloriosa conquista della moneta europea, non hanno capito niente. Non sono faccende che li riguardano. Mettono le mani in tasca e dicono “Sono vuote”, fanno i conti della serva, angustiati, e constatano che non tornano.
L’Europa unita è stato il chiodo fisso di Carlo Magno, di Carlo V, di Luigi XIV, di Napoleone. Non hanno cavato un ragno dal buco, dopo guerre ed ecatombe d’innocenti che chiedevano solo di vivere in pace e di legare il pranzo con la cena.
Nel dopoguerra, Adenauer nella Germania federale, Schuman in Francia, De Gasperi in Italia, si sono nobilmente battuti per l’Europa unita.
Il sommo Prodi e il mai abbastanza rimpianto Ciampi hanno realizzato, con i loro colleghi stranieri, il tanto salvifico sogno. I guasti sono – sotto gli occhi di tutti, non solo di Preatoni, di Mazzuca, di Savona. Anche sotto i miei, che di economia e finanza ho l’onore di non capire niente. Ma io, contrariamente a quello che alcuni (pochi, per la verità) possono credere, non sono fesso, non sono sbarcato a Roma con la piena del Tevere, e neanche dell’Aniene. Soldi in tasca, grazie alla benemerita e premiata Agenzia delle Entrate, ne ho pochi, sempre meno. E questi pochi, adiuvante mia moglie Vittoria, me li tengo ben stretti. Ma, per tenerli ben stretti, devo, scusate il bisticcio, stringere la cinghia.
Non è facile, dovete ammetterlo, stringere la cinghia dopo averla avuta per tanti anni larga. Ieri mangiavo salmone norvegese; oggi, pancetta dí Ariccia. Una volta bevevo Barolo; oggi devo accontentarmi del Frascati sfuso. Ieri mangiavo prelibati tortellini; oggi, polenta Valsugana e vermicelli “paghi uno, prendi due”. Ieri andavo all’osteria sotto casa un paio di volte la settimana; oggi, una volta al mese. Ieri andavo a Miami dove mia moglie ha avuto l’insana idea di comprare una casa. Oggi vado a Fiuggi senza in tasca il becco di un quattrino per passare le acque. Ieri, a una donna con cui non ero ancora andato a letto, ma morivo dalla voglia di andarci, mandavo gran mazzi di rose. Oggi, se una donna mi piace (ma mi piace solo Vittoria), le regalo una stella alpina.
La vita mia e di Vittoria è cambiata, ed è cambiata per colpa dell’euro. Che nostalgia delle svalutazioni caserecce del dieci per cento della famigliare
inflazione cui eravamo abituati.
Bei tempi quando un piatto di bucatini costava diecimila lire, mentre oggi ne costa venti (inflazione del cento per cento). Bei tempi quando, tutto, Viagra compreso, era a portata di mano. Anche tu, Giancarlo, che pagavi quindicimila lire una cornucopia di tortellini, oggi ti devi accontentare di una mezza porzione che ne vale il doppio, anche tu non puoi non lanciare strali contro l’euro. Grazie, comunque, di questa bella intervista, che mi riporta a quel passato che ho sempre rimpianto. Se non ci ribelleremo al giogo della moneta unica, moriremo d’inedia.
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