La riduzione dell’immissione di CO2 è pacificamente un fatto positivo ma attribuire prevalentemente l’aumento di temperatura all’attività antropica è una scelta illusoria, non supportata scientificamente, pericolosa
Mi sono laureato nel 1975. Cinquant’anni fa, nel 1973, seguendo il corso di Geomorfologia imparai che per la maggior parte degli ultimi 600.000 anni e forse più il clima della terra è stato nettamente più freddo del presente. Si conoscevano allora cinque epoche glaciali, denominate Donau, Gunz, Mindel, Riss, Wurm, durate ciascuna intorno ai 100.000 anni, intervallate da periodi più caldi, detti interglaciali, durati dai 12.000 anni in su, e che oggi viviamo in un periodo interglaciale iniziato circa 11.500 anni fa. Si riteneva che le cause di tale alternarsi fossero complesse e non adeguatamente note. Tra esse un ruolo di rilievo era assegnato alle variazioni dell’irraggiamento solare legate al variare ciclico della distanza dal sole e dell’inclinazione dell’asse e dell’orbita terrestre, descritto negli anni 20 del secolo scorso dal celebre geofisico Milutin Milankovitch.
Il corso di Paletnologia informò che il clima europeo dell’interglaciale precedente a quello attuale doveva essere più caldo del presente, atteso che in Europa vivevano elefanti, ippopotami, rinoceronti.
L’ultima glaciazione, quella di Wurm, è la meglio conosciuta. Una coltre di ghiaccio spessa fino a 2 km copriva la Scandinavia e parte dell’Inghilterra e dell’Europa settentrionale, così come del Canada. In Italia il Lago di Garda è insediato al posto di una delle potenti lingue dei ghiacciai alpini che scendevano fino in pianura.
La grande quantità di acqua immobilizzata negli enormi ghiacciai era sottratta al mare. Il mediterraneo scese di oltre 100 metri sotto il livello attuale. L’Adriatico, che è poco profondo, arrivava all’altezza di Pescara (fig. 1).
Successivi studi chiarirono che senza l’effetto serra, determinato dall’atmosfera che con le sue nuvole e i suoi gas impedisce alla terra di riflettere una parte del calore che riceve dal sole, la vita sul pianeta sarebbe estremamente problematica perché la temperatura media alla superficie sarebbe -18°C anziché +15.
Le variazioni di temperatura del passato sono misurabili con precisione, grazie al fatto che l’ossigeno presenta due isotopi stabili, uno con peso atomico 16 e uno con peso atomico 18. L’acqua (H2O) formata con O16 od O18 richiede in proporzione minore o maggiore energia per evaporare. In mare l’O18 prevale nei periodi freddi, e viceversa nei ghiacci artici, formati dall’acqua evaporata che ogni anno cade sotto forma di neve e diventa ghiaccio accumulandosi anno su anno. Nelle regioni circumpolari dove la temperatura non sale o sale di poco sopra lo zero il ghiaccio che si forma in estate da neve parzialmente sciolta assume colore diverso da quello invernale; si possono perciò contare gli anni degli strati di ghiaccio accumulatisi.
Così carotaggi nei ghiacciai del nord della Groenlandia spinti fino a oltre 8 metri di profondità consentono di ricostruire affidabilmente le variazioni di temperatura degli ultimi 12.000 anni, schematicamente rappresentate nella fig. 2.
Risulta che da 11.700 anni fa il riscaldamento postglaciale fu estremamente rapido, anche dell’ordine di 2-3 °C nell’arco di un secolo. All’interno di questo macroprocesso, dovuto a cause assolutamente naturali, ancorché poco comprese e tuttora oggetto di studi, va notato che la temperatura non è mai stata costante ma ha variato continuamente in + o in –. Fra 7800 e 6000 anni fa si riconosce un optimum climatico, con temperature fino a 2°C superiori a quelle attuali; durante il quale in Europa diverse comunità umane passarono dalla vita nomade alla più comoda sedentarietà ed adottarono l’agricoltura. Ricordiamo che la sua introduzione ha rappresentato l’indispensabile fondamento che ha sostenuto la crescita demografica e l’affermarsi della specie umana: in soli 12.000 anni dai primi esperimenti in Anatolia cresciuta da pochi milioni di individui agli attuali 8 miliardi. Un successo probabilmente unico nella storia della terra; si direbbe che il caldo giova all’umanità.
La neve ed il conseguente ghiaccio sequestrano particelle d’aria; si possono pertanto misurare con altrettanta precisione le variazioni dell’anidride carbonica e di altri gas presenti in misura minima nell’atmosfera, come il metano e il pericoloso monossido di carbonio. È sul tavolo la discussione se l’aumento di CO2 abbia preceduto o seguito l’aumento di temperatura.
Più profondi carotaggi artici e antartici restituiscono le variazioni degli ultimi 800.000 anni (fig. 3), che fanno propendere per la precessione.
Il grafico rappresenta in basso i periodi freddi, che raggiunsero temperature medie fino a oltre 8°C inferiori a quelle attuali, ed in alto i periodi caldi interglaciali. Si notino le continue rapide variazioni di temperatura sia col freddo che col cado e si noti che i periodi glaciali, con temperature -4 e oltre, sono stati ben più lunghi di quelli caldi. Con evidenza risulta che nell’interglaciale Riss-Wurm precedente il nostro, e in altri due, la temperatura ha raggiunto punte superiori a quelle attuali e la CO2 atmosferica concentrazioni paragonabili. Si noti in particolare che durante l’interglaciale il Riss-Wurm, 120.000 anni fa, l’Europa era popolata dal Neanderthal, l’Asia dal Denisova, l’Africa da forme arcaiche della nostra razza (all’autodefinizione Sapiens si preferisce oggi Uomo Moderno) con demografia bassissima; in America e Australia non c’erano umani. Il tenore di CO2 degli interglaciali non fu pertanto responsabilità umana ma esclusivamente naturale. E in massima parte naturale è stato l’aumento di temperatura e di CO2 atmosferica nel nostro interglaciale. Solo intorno al 1850 la rivoluzione industriale ha iniziato ad immettere CO2 in proporzioni non impercettibili e solo dopo la seconda guerra mondiale la rivoluzione industriale si è avviata a diventare planetaria. Si noti che la quantità di CO2 presente nell’atmosfera, in mare e nella biosfera è enorme e che le pur consistenti immissioni odierne sono in proporzione minime; si stima che quelle degli ultimi 150 anni corrispondano a quelle che una candelina da dolci immette nel tinello di casa nostra.
La rappresentazione schematica della fig. 2 non tiene conto di eventi puntuali quali grandi eruzioni e impatti di meteoriti che con le polveri immesse nell’atmosfera provocano drastici inverni pluristagionali. Dopo l’optimum climatico essa mostra le fasi calde di età romana e quella medievale, quando in Inghilterra si coltivava uva e si produceva vino, e mostra la piccola età glaciale postmedievale, che fu improvvisa e corrispose ad una bassa attività solare nota come minimo di Maunder (1650-1715). Orbene l’inversione della temperatura della piccola età glaciale precedette la rivoluzione industriale; ovvero il riscaldamento iniziato nel ’700 e che prosegue tuttora non dipese dalla CO2.
I media cavalcano una crisi climatica che se il passato insegna qualcosa forse non c’è o è ridotta, cavalcano scenari catastrofici per un riscaldamento che quando è avvenuto nel passato ha prodotto semmai benefici, attribuiscono la presunta crisi alla CO2 antropica contro dati scientifici quanto meno molto dubbiosi o contrari. Curiosamente dimenticano che essi stessi media cinquant’anni fa gridavano al sopraggiungere della nuova glaciazione: The Big Freeze titolava la copertina del Time del 31 gennaio 1977 (fig. 4).
Cosa era accaduto? Era accaduto che negli anni 1945-80 la temperatura diminuiva, proprio dopo che la guerra aveva immesso CO2 a più non posso e l’industria non si curava certo delle proprie emissioni. (fig. 5)
La scienza indica che le variazioni climatiche dipendono da un complesso di fattori. Ci sono quelli astronomici (Milankovich), quelli astrofisici (l’attività solare) e quelli endogeni terrestri (vulcani, vegetazione, nuvolosità, gas atmosferici, fondali oceanici). Un fattore forse meritevole di maggiori studi è il contributo di calore fornito dal magma del mantello che fuoriesce attraverso le spaccature oceaniche legate al movimento dei continenti (America e Africa si allontanano di 4 cm l’anno, Africa ed Europa si avvicinano di 2).
Attribuire l’attuale episodio di riscaldamento alla sola anidride carbonica come fanno i media e agenzie politico ammnistrative (ma non scientifiche) è illusorio. C’è indubbiamente un contributo antropico che in passato non c’era. Agenzie governative e media sottolineano che il 97% degli scienziati concorda, ma quelli che affrontano l’entità di tale contributo in maggioranza lo reputano minimo; nessuno ch’io sappia espone numeri.
Sotto la spinta dei media e di un ambientalismo populista i governi scelgono il tentativo di ridurre prospettive di aumento basate su modelli matematici piuttosto che sulla dimensione storica di fatti misurabili. Si trascura la dimensione storica a favore di modelli predittivi che se applicati al passato (che è certo) risultano fallaci. D’altra parte tutti noi sperimentiamo l’errore in cui più di una volta incorrono le previsioni di pochi giorni: per quali motivi sarebbero più affidabili quelle a cinquant’anni??
La riduzione dell’immissione di CO2 è pacificamente un fatto positivo ma attribuire prevalentemente l’aumento di temperatura all’attività antropica è una scelta illusoria, non supportata scientificamente, pericolosa. Nell’illusione che l’umanità piuttosto che la natura abbia la facoltà di governare il clima si pongono degli obbiettivi estremamente ambiziosi. Così componenti fondamentali delle auto elettriche per le quali si profila l’obbligatorietà vengono in gran parte fabbricate con energia tratta dal carbone. Non molto diverso il caso dell’enorme quantità di acciaio necessario per gli innumerevoli generatori eolici. Idem per i metalli dei pannelli solari che copriranno estensioni che se dedicate all’agricoltura o meglio alla silvicoltura assorbirebbero direttamente CO2 e produrrebbero cibo e legname. Cinquant’anni fa seguii anche il corso di Giacimenti Minerari, tenuto dal compianto Tiziano Mannoni, e imparai che un giacimento viene abbandonato quando il tenore di minerale scende sotto una determinata soglia percentuale perché bassi tenori corrispondono a particelle di minerale sempre più fini la cui estrazione richiede sempre più energia, rendendo svantaggiosa l’estrazione. Considerata l’abnorme quantità di rame richiesta verranno forse riaperte le numerose miniere che nella seconda metà dell’Ottocento costellavano la Liguria? E come si otterrà l‘altrettanto abnorme quantità di energia necessaria per estrarre rame da giacimenti impoveriti? Con pannelli solari e pale eoliche da costruire? Non sembra un circolo virtuoso. Potrebbe soccorrere il nucleare, ma è bandito. Sole e vento sono potenziali energie innovabili, ma per estrarne appunto energia servono strumenti la cui costruzione assorbe risorse: prudenza, ponderazione, valutazione costi-benefici appaiono tanto opportuni quanto lontani dalla pseudorealtà che viene propinata.
Il tutto senza contare che anche raggiungendo gli obbiettivi vagheggiati non è affatto detto che l’aumento di temperatura si fermi, semplicemente perché il passato insegna che questo interglaciale non ha ancora raggiunto i picchi occorsi nei precedenti.
Il tutto a costi economici anch’essi abnormi, che andrebbero forse a vantaggio di alcuni gruppi finanziari/industriali e di alcuni Stati.
Si omette che la natura ha inventato un efficace strumento di assorbimento della CO2. Tramite la fotosintesi che abbiamo imparato nelle elementari gli alberi, anche quelli da frutto, assorbono più CO2 di quella che emettono. Anche forme mirate di agricoltura lo fanno (es. la coltura di cereali perenni). Avrebbe sicura e misurabile efficacia e costerebbe intuitivamente molto meno diffondere colture sulla superficie del pianeta, destinando il surplus di raccolti a sfamare gli affamati. Si tenga presente che coll’aumento della temperatura aumenta l’evaporazione (innanzi tutto dal mare) ed aumenta la circolazione di umidità, col risultato che la terra inverdisce (i deserti freddi si riducono più di quanto si ampliano quelli caldi).
Si tratta di un approccio diverso, che mira all’adattamento, estendibile ad altri settori dell’umana attività. Ad esempio i reflui zootecnici, ma anche umani e agricoli, un tempo riutilizzati in modo sostenibile oggi sono spesso inquinanti ed emettono CO2. La tecnologia può renderli nuovamente utili anziché perniciosi.
Si può investire in idroelettrico, nel ciclo dell’idrogeno, in biocarburanti e certo anche in pannelli solari e pale eoliche, evitando però di fare di questi ultimi una sorta di comandamento religioso.
L’energia a buon mercato ha reso più gradevole la vita a miliardi di umani. Rinunciarci razionalmente è difficile (al deumidificatore non vorrei rinunciare), ma ridurre razionalmente gli sprechi probabilmente si può, ed è compito innanzi tutto dei governi (es. quando hanno voluto ridurre il fumo ci sono riusciti agevolmente).
Sul tema non sono neanche un orecchiante, però una riflessione senza pregiudizi sul nucleare mi pare utile.
Scrivo queste note perché apprendo del sorgere di movimenti che con violenza (per ora verbale) si scagliano contro i fautori della cosiddetta transizione ecologica. Purtroppo un estremismo ne genera quasi sempre uno contrario. La Storia insegna anche questo ma sembra che non si voglia imparare.
A chi volesse approfondire gli argomenti qui affrontati suggerisco Dialoghi sul clima, tra emergenza e conoscenza, Rubbettino 2022, 367 pp. Raccolta di 19 saggi a cura di Alberto Prestininzi.