Da Il Fatto Quotidiano del 16 settembre
C’è un piccolo compendio di storia patria nelle diciotto tappe del viaggio di Alessandro Calvi, Paracarri, Cronache da un’Italia che nessuno racconta (Rubettino), un titolo che sa di strade polverose, Paolo Conte e Gino Bartali. Storie minori, lontane dai riflettori, capaci però di raccontare un Paese che si perde, di “tornare in periferia per provare a capire qualcosa del Centro”, scrive Calvi, “con Pier Paolo Pasolini sempre in valigia” ma anche Danilo Dolci, Nuto Revel li e Carlo Levi. “Cronachette saltuarie”, le chiama Calvi. Ben documentate, dure quanto basta, essenziali, eleganti. Il viaggio tocca i maestosi e misteriosi Monte Prama di Sardegna e l’ultima vana speranza di scoprirei veri assassini di PPP; i bassi di Messina devastati dal terremoto del 1908 e Casale Monferrato avvelenata dall’Eternit; il bar di Vezio “retrobottega di Botteghe oscure” e “struttura del comunismo italiano” e la Mussolinia di Sicilia che non vide mai la luce. E ancora, il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia in Calabria che fu costruito da italiani prima dell’8 settembre ’43 ma “poi si scelse di dimenticare”, Venezia che tradisce se stessa, la Resistenza in Val d’Orcia, i Magazzini allo Statuto di piazza Vittorio a Roma che hanno vestito generazioni di romani e di immigrati.
di Alessandro Mantovani
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